Il dopo pandemia: primo, riconciliarsi con la natura

Parigi  – Se non si agisce rapidamente in mezzo secolo un terzo dell’umanità vivrà in regioni calde come il Sahara: lo prevede la rivista americana Proceedings of the National Academy of Science nel comunicare i rischi massimi che l’umanità potrebbe correre se non riesce a invertire la tendenza e limitare le emissioni di CO2. In caso di inazione entro il 2070 3,5 miliardi di persone vivranno in condizioni climatiche estreme.

Lo studio americano è stato pubblicato proprio mentre il coronavirus è al centro di un dibattito su come sarà il mondo all’indomani dell’epidemia. Un futuro che interessa non solo filosofi, economisti e politici ma anche semplici cittadini come dimostra il successo di un’iniziativa on line di alcune Ong che hanno sollecitato i francesi a far sentire la sua voce in materia di clima, alimentazione, salute alla luce degli insegnamenti del Covid 19 e della quarantena che ha bloccato in casa milioni di persone nel mondo. In pochi giorni si sono fatti vivi in quasi 100.000 con migliaia di proposte per migliorare il nostro futuro.

“La crisi del coronavirus ci apre orizzonti illimitati per ripartire da zero”, scrive su Le Monde l’economista e premio Nobel per la pace Muhammad Yunus convinto che la ricostruzione deve essere sociale ed ecologica se vogliamo evitare catastrofi assai più gravi della crisi che stiamo attraversando.

“Prima del rilancio, dobbiamo prima di tutto metterci d’accordo sull’economia alla quale aspiriamo”, ricordandoci però che “l’economia è solo un mezzo, quello di raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissati” e che fintantoché “rimarrà una scienza orientata a massimizzare i profitti “non sosterrà l’indispensabile ricostruzione sociale ed ecologica. A suo avviso la chiave per il rilancio passa per quello “una nuova forma di imprenditoria, la social business”  che consiste nella creazione di aziende non a scopo di far soldi ma “risolvere i problemi degli individui”.

Un altro obiettivo essenziale per il successo del mondo dopo Covid 19 sarà  riavvicinare cittadini e poteri pubblici e, rispettando i ruoli ben definiti, con i primi che pagano le tasse e i secondi che si prendono a carico tutti i problemi collettivi, dal clima alla salute, dall’istruzione all’acqua.

“Possiamo oggi sfuggire al virus…ma, conclude, se ignoriamo i problemi del mondo non potremo rifugiarsi da nessuna parte per sfuggire alla collera di Madre Natura e a quella della popolazione del mondo”.

Se Yunus ci indica le possibili vie di riscatto, convinto che possa essere la volta buona per cambiare sistema, c’è invece, come lo scrittore Michel Houellebeq che non si fa illusioni: tutto, dice, “rimarrà esattamente come prima”.

In una lettera letta ieri alla radio, l’autore di Soumission non crede affatto all’avvento di un mondo nuovo dopo la devastante epidemia del Covid 19. “Non ci risveglieremo in un nuovo mondo, sarà lo stesso se non un po’ peggiore”, ritiene lo scrittore francese preoccupato che il coronavirus acceleri una tendenza alla diminuzione dei contatti umani.

A suo avviso inoltre, nonostante i morti in Francia si contino a migliaia, “mai la morte è stata altrettanto discreta”, con le vittime ridotte a numeri statistici smentendo così chi afferma che l’epidemia ci ha fatto scoprire “il tragico e la morte”. Houllebeck si indigna infine  dell’importanza attribuita all’età dei malati: mai, dice, si è affermato senza pudore “il fatto che la vita non ha lo stesso valore”.

Foto: Muhammad Yunus

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