Parma – Abbiamo pazientato quattro millenni, ora basta! Finora nessuno Stato ha realizzato la parità tra uomini e donne; viviamo ancora nel distruttivo mondo tardo-patriarcale. I progressi sono lenti e i divari di genere persistono a livello di retribuzioni, assistenza, nelle posizioni dirigenziali, nella partecipazione alla vita politica e istituzionale e nella stessa famiglia.
Per capire come si è giunti alla situazione attuale vediamo quale à stata la posizione della donna nelle varie epoche. La rete à ricca di informazioni di buon livello; qui ne estraggo l’essenziale, pur conscio che la realtà è più complessa.
Non sappiamo molto sul ruolo della donna nella preistoria.
Le cosiddette Veneri, statuine abbondanti e gravide, trovate in siti paleolitici e Neolitici , ci dicono che nella preistoria la donna era oggetto di culto per la fecondità. Dunque probabilmente le società primitive erano matriarcali e, solo in un secondo momento, si è sviluppata la supremazia maschile (1).
Il codice di Hammurabi (re di Babilonia quasi 4000 anni fa), uno dei primi sistemi di leggi conosciuti, pur in una società patriarcale, riconosce alla donna certi diritti. Vi si trova, tra l’altro, il primo riferimento allo stupro: se la vittima di una aggressione è sposata, vittima e aggressore devono essere puniti allo stesso modo, come adulteri con l’annegamento; se la vittima è una giovane non sposata va giustiziato solo l’aggressore.
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In seguito, sotto gli Assiri, la condizione della donna peggiorò, tanto che alle donne fu imposto di indossare il velo in pubblico. Quasi tutti i popoli antichi ritenevano che la donna dovesse essere soggetta all’uomo: la famiglia di tipo patriarcale infatti caratterizzava la società presso i persiani, i greci e i romani.
Ma il panorama storico non è uniforme.
Ad esempio, nella civiltà del Nilo la donna godeva di un certo prestigio, ma era punibile anche con la vita se tradiva il marito.
Nella Grecia classica alla figura femminile erano riservate posizioni di rilievo solo nell’Olimpo, dove troviamo molte dee: Hera, Artemide, Afrodite, Atena, Demetra. Alcuni miti vantano la discendenza nata dallo stupro, ma raramente condannano la violenza subita dalla donna; un grande numero di dee e donne mortali furono prese con la forza o con l’inganno da Zeus: Antiope, Asteria, Clitennestra, Danae, Egina, Elara, Elettra, Europa, Io, Taigete.
Ma nella vita reale era tutta un’altra situazione.
La donna era giuridicamente libera, ma non godeva di diritti politici. A lei era assegnata solo una parte della casa, il gineceo, dove svolgeva le funzioni domestiche: filare, tessere (Penelope), organizzare il lavoro delle schiave e crescere i figli. Usciva in caso di festività religiose, e sempre in compagnia di un’ancella; era vietata la partecipazione delle donne ai banchetti. Il divorzio poteva essere richiesto solo dagli uomini, quando volevano e per qualsiasi motivo. Il capofamiglia esercitava la sua autorità non solo sulle cose, ma anche sulle persone, tra cui schiavi, moglie e figli.
Aristotele ammetteva che le mogli potessero essere comprate alla stregua di schiavi e cavalli e affermava che la donna fosse per natura difettosa e incompleta.
Sparta fu una eccezione; le donne, ad esempio, spendevano i loro soldi come meglio volevano.
Si è dovuto attendere fino al periodo ellenistico per vedere grandi figure femminili emergere nel mondo greco. Vi furono principesse macedoni famose, come Olimpiade d’Epiro, la madre di Alessandro Magno, e Arsinoe II.
Nella Persia la società era patriarcale, ma le donne della casa reale erano emancipate, possedevano diversi diritti giuridici ed ecomomici; quelle del ceto medio erano meno emancipate
La donna etrusca era la più libera nelle società antiche; aveva un posto di tutto rispetto nella società, partecipava alla vita pubblica e sedeva accanto al marito nei banchetti.
Tre dei sette re di Roma furono etruschi; avrebbero potuto influire sui costumi di quei maschilisti di romani. La famiglia romana era organizzata in modo patriarcale, il potere era concentrato nelle mani del Pater familias; le mogli, come i figli e gli schiavi, gli erano sottomessi per diritto.
In età arcaica e repubblicana la donna viveva in condizione di inferiorità rispetto all’uomo; si occupava prevalentemente delle mansioni domestiche e della formazione dei figli.
In caso di adulterio il marito poteva decidere della sua vita; invece, il marito poteva tradire la moglie con una schiava o una prostituta.
Marco Porcio Catone scrisse: “Se sorprendi tua moglie in adulterio puoi ucciderla senza esser punito in giudizio; se sei stato tu a commettere adulterio, che ella non osi toccarti con un dito, non ne ha diritto”.
Già negli ultimi anni dell’età repubblicana le donne videro migliorate le proprie condizion i, ma fu conil volgere dei tempi, in età imperiale, a realizzarsi un salto di qualità; le donne appartenenti a ricche famiglie cominciarono a occuparsi sempre meno delle mansioni domestiche e dell’educazione dei figli (ora seguiti da precettori e schiavi), e sempre più a cerimonie pubbliche, banchetti e feste. Cambiarono i diritti civili, ma la donna rimase esclusa dalle cariche pubbliche e religiose.
Dobbiamo arrivare a Giustiniano affinchè la violenza sessuale sia classificata un reato pubblico.
2. La donna nelle grandi religioni
Il rispetto di cui godevano le donne persiane era garantito dalla religione,basata sugli insegnamenti del profeta Zarathustra (o Zoroastro), che aveva tra i suoi principi l’uguaglianza fra uomini e donne.
Buddhismo, Taoismo e Confucianesimo da più di 2500 anni hanno esercitato un notevole influsso sui popoli asiatici. Nei due primi la dignità della donna viene apprezzata, cosicché si notano meno le discriminazioni tra i sessi.
Le società influenzate dal Confucianesimo – Cina, Corea, Giappone, Vietnam – sono state a lungo dominate dai maschi; una donna nell’età giovanile dipende dal padre, dopo il matrimonio dal marito. Oggi, anche se disuguaglianza e subordinazione permangono, le donne asiatiche godono di libertà molto più che nel passato ed esercitano normalmente attività pubbliche.
All’epoca di Buddha la condizione delle donne nella società indiana era di assoluta inferiorità. Buddha affermò che uomini e donne sono uguali e che il loro potenziale per l’illuminazione è identico, ma con difficoltà acconsentì che nei monasteri ci potessero essere anche le monache, sia pure al gradino più basso. Attualmente il Dalai Lama vorrebbe dare più importanza alle monache.
Nell’induismo la donna è priva di piene capacità, non può ascoltare i testi sacri, è impura e soggetta a innumerevoli interdizioni. Ha avuto una certa diffusione il “sati”: la donna vedova doveva morire sulla pira funebre del marito. Ancora nel 1987 una giovane donna lo praticò nello Stato del Rajastan. Lo stesso Gandhi aveva nei confronti delle donne una concezione discriminatoria e sessista; ne approvava l’isolamento dalla politica, anche se apprezzava la partecipazione delle donne allla lotta nonviolenta per l’indipendenza. Solo a partire dal secolo scorso le donne indù hanno cominciato a far sentire la loro voce, rivendicando il diritto all’istruzione e alla partecipazione politica.
Ma non tutto l’Oriente ha avuto nella storia uguale comportamento nei confronti delle donne.
Il Giappone fu il primo paese in cui nel 1200 fu sancita l’uguaglianza tra uomo e donna nel senso della potenziale “buddità” in entrambi. Ma questa scuola di buddismo rimase a lungo minoritaria rispetto alla tradizione shintoista e dunque la condizione femminile rimase quasi invariata.
Nello shintoismo l’impurità è una componente intrinseca dei corpi delle donne. Questa credenza si riflette nelle restrizioni che sono state imposte alle donne nella vita quotidiana e sembra essere ancora presente nella società.
Ebraismo Antico.
Alla donna Dio disse: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà”.
Nel Deuteronomio si fa una distinzione sui luoghi dello stupro: se la donna è stuprata in città viene punita insieme all’aggressore con la pena di morte, perchè si presume che potesse gridare, ma non lo ha fatto; ecco confermato uno stereotipo, è la donna col suo comportamento che induce l’uomo in tentazione; se stuprata nei campi , si presume che pur gridando nessuna l’abbia soccorsa, allora il suo stupratore sarà punito pagando 50 sicli da versarsi ai suoi familiari; lo stupratore potrà sposarla e in questo caso non la potrà mai ripudiare. Dunque il matrimonio riparatore ha origini lontane.L’Antico Testamento ci descrive una società patriarcale e maschilista, anche se racconta di personaggi femminili di rilievo. Tra gli ebrei ultraortodossi le donne devono raparsi la testa, andare coperte e partorire tutti i figli che possono. Oggi la parità tra donne e uomini è un principio fondamentale di buona parte dell’Ebraismo .
Cristianesimo.
Nei Vangeli, Gesù ha un atteggiamento aperto e amorevole verso le donne.
Paolo invece consiglia alle donne di sottomettersi ai propri mariti e scrive: “Le donne nelle assemblee tacciano; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea”. Nelle comunità cristiane le donne sono emarginate, escluse dall’attiva partecipazione al culto.
Tommaso d’Aquino ammette la sudditanza della donna all’uomo, indicata nella Genesi “sarai sotto la potestà del marito”, e in Agostino. La Chiesa però è stata generosa verso le donne nel nominare molte Sante, nel relativo culto, oltre che nel culto della Madonna.
Gli ultimi Papi.
Paolo VI ribadì l’impossibilità per le donne di accedere al sacerdozio. Giovanni Paolo I rivalutò in maniera straordinaria il ruolo della donna: Dio “E’ papà; più ancora è madre.” Il concetto di Dio-madre fu visto con grande diffidenza dalla Curia romana, mentre fu accolta con favore dai fedeli.
Concilio Vaticano II: “Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto”.
Giovanni Paolo II confermò l’inammissibilità del sacerdozio femminile, ma inviò una lettera destinata “ad ogni donna” in cui chiedeva perdono per le ingiustizie compiute verso le donne nel nome di Cristo. Benedetto XVI ha criticato il femminismo radicale.
Papa Francesco, pur ribadendo l’esclusione delle donne dal sacerdozio, ha invitato i teologi a indagare il possibile ruolo della donna negli ambiti dove si prendono decisioni importanti per la Chiesa.
La Chiesa anglicana permette alle donne di diventare sacerdoti; attualmente a capo di questa chiesa vi è la regina Elisabetta II, a suo tempo vi fu la regina Vittoria.
Islam
In base al Corano, il testo sacro islamico, le donne sono uguali agli uomini di fronte ad Allah. La Shari’a (Legge islamica) stabilisce delle differenze tra i ruoli di genere, i diritti e i doveri della donna e dell’uomo. Numerosi sono i passi del Corano che fanno riferimento alla condizione femminile. Essi sono soggetti a interpretazione, ma la superiorità maschile è evidenziata in vari punti. La donna, finché rimane in famiglia, è sottoposta all’autorità del padre; quando si sposa, passa sotto l’autorità del marito. Circa l’obbligo di portare il velo e coprire il volto non c’è alcun versetto che lo prescriva espressamente. Ricordiamo inoltre che in molti stati sono diffuse le mutilazioni genitali femminili.
Ci sono però interpretazioni estreme della Sharia, come quelle invocate dai terroristi islamici per giustificare i loro attentati , o da Stati come Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Yemen e, appunto, Afghanistan per mantenere addirittura la lapidazione nella propria legislazione: comportamenti inammissibili per la Sharia.
Più in generale, in quasi tutte le religioni domina l’ossessione per la verginità femminile.
3. Torniamo al succinto excursus storico.
Nel Medioevo la donna era relegata in una posizione di inferiorità, ma riuscì anche a ritagliarsi spazi di autonomia; diverse donne hanno occupato posizioni influenti nella vita politica, religiosa e artistica. La principale alternativa al matrimonio era per le donne la vita religiosa. La maggior parte della popolazione in Europa era dedita ai lavori agricoli. Un larghissimo numero di donne lavorava nelle campagne, si occupava dei campi e del bestiame sin dalla più tenera età.
Nelle città vi erano donne impegnate a gestire locande, nelle botteghe, nel commercio, nei panifici, nella lavorazione del pesce e della carne e nella loro vendita; queste potevano far parte delle corporazioni ( 2).
- Sia in campagna, sia in città, erano impegnate nella lavorazione della lana, della canapa e nelle varie fasi di lavorazione della seta, a partire dalla cura dei bachi da seta, e nella tessitura.
Al chiudersi del Medioevo si vede un progressivo restringimento degli ambiti lavorativi delle donne e si consolida un atteggiamento di oppressione che dominerà poi tutte le società europee dell’età moderna. Tra il Cinquecento e l’Ottocento disuguaglianze e subalternità agli uomini intervenivano in tutti i campi. Il mondo era ancora basato sulla supremazia maschile, legittimata dalla cultura, dal diritto e dalla religione.
Gradualmente la donna inizia una lenta salita nella società. Nell’epoca Napoleonica ci sono stati dei miglioramenti, che però sono crollati con la morte di Napoleone.
Uno dei primi movimenti che mirava alla conquista della parità dei odiritti delle donne con quelli degli uomini al raggiungimento del suffragio universale è stato quello delle suffragette, sviluppatosi nell’800,.
Saltiamo molti passaggi e veniamo all’oggi.
La condizione della donna ha subito positivi cambiamenti. Il Novecento è stato un secolo spartiacque. Oggi il diritto alla parità di genere non è più solo un sogno femminista: è diventato anche un modello pacifista ed ecologista.
L’Assemblea generale dell’ONU nel 1993 ha adottato una Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, dove si legge: “La violenza contro le donne è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne, che ha portato alla dominazione e alla discriminazione contro le donne da parte degli uomini e ha impedito il pieno avanzamento delle donne. La violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.
Poi abbiamo la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza, la cosiddetta convenzione di Istanbul (2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante ‘sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
La violenza sessuale è considerata un grave crimine dalla Corte penale internazionale ed è condannata dalle legislazioni nazionali dei Paesi dell’ONU. Quando viene usata durante i conflitti come mezzo per sottomettere e umiliare la popolazione – trattamenti degradanti, stupro, prostituzione forzata, offese al pudore – è considerata un crimine di guerra (Quarta Convenzione di Ginevra, 1949).
Lo stupro di guerra era già condannato nei codici militari di Riccardo II d’Inghilterra (1384) e di Enrico V (1419). L’Onu interviene nel 1998 col Tribunale Internazionale per il Ruanda; la definizione di stupro di guerra entrerà nel vocabolario internazionale solo nel 2008 con la risoluzione 1820 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU .
Durante la Seconda Guerra Mondiale le donne entrarono anche nel lavoro industriale per sostituire gli uomini nelle fabbriche. Al termine della guerra , in Italia, venne riconosciuto il contributo che le donne avevano dato alla lotta partigiana.
Il suffragio femminile è stato concesso nei vari Paesi del mondo in tempi diversi. Dal 1946 in Italia le donne hanno il diritto di voto. In Europa, gli ultimi paesi furono la Svizzera (1971) e il Liechtenstein (1984).
In Italia per oltre cinquant’anni è rimasto in vigore l’articolo 587 del codice la penale che contemplava una pena minore per chi uccidesse la moglie, la figlia o sorella per difendere l’onore “suo e della sua famiglia”; il reato di violenza sessuale veniva estinto a chi sposava la donna che aveva stuprato (Art.544 del codice penale). In positivo abbiamo la messa a punto di interventi contro la violenza familiare, la riforma della legge contro la violenza sessuale (1996), l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore (1981) e nuove norme in materia di stalking.
Ma in generale permangono ancora problemi e norme retrograde. In molti Paesi l’uguaglianza dei diritti è lontana. Nel Medio Oriente, doove domina l’Islam, la vita delle donne è difficile. Siamo tuttora immersi in una società nella quale i tipi di violenza usati sulle donne – mogli, compagne o semplici incontri occasionali – violenza fisica, sessuale, economica, psicologia, vicaria, sono messi in atto quotidianamente ( l’abuso sessuale e la violenza del femminicidio sono due cose diverse e hanno motivazioni diverse, pur con il punto in comune di non considerare la volontà o il desiderio della donna).
In Italia i dati Istat mostrano che oltre il 30% delle donne (secondo altre fonti quasi sette milioni, e sessantadue milioni in Europa) ha subìto nel corso della propria vita qualche forma di violenza fisica o sessuale. Ogni anno quasi duecento donne vengono uccise, una ogni tre giorni; questo dato è rimasto all’incirca costante negli ultimi anni ed è inferiore a quello dei primi anni 2000.
Vi sono vari stereotipi che spesso affliggono le persone poco informate sull’argomento.
Tra gli autori delle violenze più gravi, al contrario di quello che spesso ci si aspetta, si trovano principalmente i partner, gli ex partner e i parenti (oltre il 70% degli omicidi di donne sono compiuti in ambito familiare). In Italia, delle 149 donne vittima di omicidi volontari nel 2016, infatti, 59 sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner e 33 da un parente. Più dell’80% degli stupri sulle donne italiane è stato commesso da un italiano; gli stupratori stranieri sono il 15%.
La violenza contro le donne non è monopolio di uomini incivili, ignoranti, violenti; riguarda pure uomini colti, di successo, progressisti. Dunque il fenomeno è trasversale in termini di classe, religione, cultura. Lo stesso si può dire riguardo al profilo di donne che subiscono violenza: il fenomeno della violenza riguarda donne appartenenti a tutte le fasce di età, e con diversa condizione occupazionale.
D’altra parte, anche una volta uscite di casa, spesso le donne si trovano in situazioni di violenza anche al lavoro: quasi un milione e mezzo di donne in Italia ha subito almeno un ricatto sessuale sul posto di lavoro nella sua vita e l’11% dei ricatti sessuali termina con il licenziamento della donna molestata.
Secondo un rapporto Onu sulle violenze in base al sesso, l’Italia è uno dei Paesi meno convolti; si uccidono più donne in Austria, Finlandia, Francia, Germania, Svizzera e Svezia, con tassi fino a tre volte superiori a quelli italiani (3).
I Centri Antiviolenza, luoghi sicuri in cui denunciare e cercare aiuto, sono attivi sul territorio italiano dalla fine degli anni Novanta: nel 2017 sono quasi 300; ad essi si sono rivolte 43.500 donne e nel 2020 le chiamate al numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 80% rispetto al 2019. Ma le donne straniere denunciano più delle italiane.
- 25 novembre 2017 – Roma, manifestazione contro la violenza sulle donne
“La violenza sulle donne non smette di essere un’emergenza pubblica, e per questo la coscienza della gravità del fenomeno deve continuare a crescere. Le donne non cessano di essere oggetto di molestie, vittime di tragedie palesi e di soprusi taciuti perché consumati spesso dentro le famiglie o perpetrati da persone conosciute”: parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.
Sono state proposte varie spiegazioni a questo orrendo fenomeno.
Forse i millenni passati hanno abituato il maschio all’egemonia fisica e sociale, e ancora favoriscono istinti aggressivi. Ciò che è in corso sarebbe in parte una reazione a un secolo di emancipazione femminile e al cambiamento degli equilibri di potere; gli uomini sono a disagio di fronte a questi cambiamenti e una frazione allarmante di essi nella violenza sfoga una paura più profonda. Ciò che stenta a cambiare è la mentalità retrograda di molti uomini.
- (1) Varie etnie sono ancor’oggi matriarcali e sono state studiate da etnologi come Margaret Mead e Bronislaw Malinowski: i Mosuo nello Yunnan, i Bemba e i Lapula nell’Africa centrale, i Trobriandesi nella Melanesia, i Jaintia nel nord-est dell’India ed altri; Minangkabau a Sumatra, sono la più grande etnia matriarcale sin dal XII secolo. Paesi lontani, così che la loro struttura familiare e sociale non ha influito sulle nostre società.
- (2) Le corporazioni, o gilde, erano le associazioni che raggruppavano i lavoratori di un medesimo settore.
(3) Questi dati mi hanno sorpreso. Si smonta così il luogo comune per cui gli italiani sono particolarmente maschilisti, e violenti con le donne: lo sono, e anche troppo, ma meno di altri europei.
P.S. – Spero che il prossimo Presidente della Repubblica sia saggio, autorevole, competente, e che sia donna (come il Dio-madre di Papa Luciani)
Foto: Luisa Berti – Agi