Il decalogo che fa impazzire i clic

crescono-gli-anziani-tecnologici--1C’è qualcosa che fa ben sperare per il mondo dell’informazione, se in una sola settimana si affacciano ai media ben 3 notizie blockbuster e i redattori delle maggiori testate nazionali, che invece di aspettare a domicilio le veline ANSA e compagnia cantante oggi ormai si appostano direttamente sui social (ogni tanto prendendo per buone le notizie di Lercio – ma, si sa, la fretta è cattiva consigliera) possono scegliere tra tre diversi blockbuster: violenza di genere, bambini annegati, tragedie di animali.

Vale a dire, non necessariamente nell’ordine: femminicidio, infanticidio, animalicidio, tre cose che non mancano mai di riempie le bacheche dei social con un sacco di condivisioni e una coda di commenti inferociti e livorosi lunga così. Coda che, come quelle in autostrada per curiosi (che ci sia una attinenza?) non aggiunge e non toglie nulla al senso della discussione, non risolve niente e, in fondo, neppure prende posizione. Però è passibile di doveroso sfruttamento da parte dei più scaltri, un po’ come se in autostrada ci fosse il bibitaro attrezzato pronto a rifocillare i malcapitati.

Abbiamo già avuto modo di osservare a più riprese la natura del business del clic facile; c’è sempre mancata, però, l’occasione di stilare una classifica. Rimediamo subito, a beneficio di quanti si volessero affacciare a questo sempre meno lucrosa e sempre meno decorosa industria. Dal meno efficace al più efficace: al 10° posto per calamitare i clic si può parlare di ingiustizie sociali, cose che smuovono la coscienza di classe di chi ce l’ha (o ritiene di non essere un creativo, come la maggior parte, e quindi al di fuori dai giochi) tipo operai sfruttati in fabbrica, carcerati troppo stretti e problemi pensionistici.

Fa colore, certo, ma sono spesso cose tristi e fuori moda, quindi un rapido clic e tirare via, senza scrivere niente sotto ai post e forse condividendo per cortesia. Al 9° posto un altro grande decotto dei nostri tempi: l’ecologia, che smuove l’interesse di tutti purché si parli di mangiare carne e della fine dell’acqua (rispettivamente, problematiche per vegani e per complottisti), o dell’estinzione di qualche animale (animalisti). Se invece dite che ci sono funghi che da una settimana all’altra potrebbero ridurre a zero la produzione di cereali mondiale nessuno sa di cosa parlate; troppo di nicchia, e poi insomma, se finisce il pane non ci saranno forse le brioches?

Come sopra. All’8° posto invece troviamo subito la prima hit ed entriamo in zona calda, con un vecchio classico: gli statali fannulloni. Le storie degli impiegati pubblici che si trovano in 3 a fare il lavoro di 11 persone, pagati un terzo in meno degli operai interinali, non commuovono nessuno; viceversa, basta la foto sfocata di uno che timbra in mutande in quanto il suo lavoro consiste fondamentalmente nel sorvegliare casa sua (potrà vestirsi o no come gli pare?) per far montare le ire e le invidie di mezza Italia, gente che vorrebbe il posto nel Pubblico senza la fatica di fare il concorso (e beninteso, solo quando non c’è proprio alcuna alternativa). Infallibile. Come infallibile è anche la 7ma posizione: i complotti mondiali.

Qui ci finisce veramente di tutto, dai vaccini alle multinazionali alle scie chimiche fino alle gitarelle al Bilderberg, per non dire delle lobbies del signoraggio e della moneta forte oppure debole e mille altre; è sufficiente dire che qualcuno vi nasconde qualcosa, ed è fatta. Sempre più in alto, e sempre più livore: i politici ladri, di qualsiasi colore, posizione politica, credo istituzionale e religioso stabili al 6° posto, tutti soggetti che possono essere santificati da morti, detestati da vivi e osannati prima delle elezioni che li vedono vittoriosi. Dal che si evince che l’unico politico buono è quello che ancora ti promette dei favori. Cinquemila anni di esperienza in materia non sono valsi a nulla.

E ora si entra nella zona veramente calda, con le cose che fanno schifo e paura: 5° posto per gli immigrati cattivi, variamente rei di aver rubato, venduto giocattoli brutti, spacciato, di essere entrati nel Paese (non importa se regolarmente o meno, non ci dovevano venire) e tante altre cose brutte, compreso figliare ed avere colori che non si intonano affatto con le disposizioni comunali vigenti. Dopodichè, il 4° posto vede il sempre terrificante “bambini violentati”, al quale si accompagnano commenti il più gentile dei quali commina la pena della castrazione a morsi al colpevole della terribile deviazione. Eh, sì; perché siamo finalmente nel campo delle sofferenze inflitte agli animali più indifesi. Infatti, ai vertici la classifica si confonde (non saremmo in grado di definire su quale gradino si erge cosa: si fa a turno) e diventa un tripudio di schiuma alla bocca, offese inenarrabili, minacce di mostruose torture da parte di altrimenti gentili, timidi impiegati e massaie bendisposte, con promesse che neppure le pagine di pubblicazioni di quei giornaletti da incubo tipo “Storie Blu” che andavano tanto negli anni ’70 saprebbero mai mettere anche solo in grafica.

A tenere banco nelle prime tre posizioni, ora e per sempre, ci sono le uccisioni e le violenze a bambini, animali e donne, tutte cose che vantano una quantità di clic superiore alle telefonate che vengono fatte per Telethon, copiosissime condivisioni e maree di commenti sotto da parte di sociologi, criminologi, allenatori e torturatori vari così incazzati e feroci che se ancora ci fosse Mengele si sistemerebbe in poltrona con brandy, sigaro e taccuino per prendere nota in rispettosa ammirazione. Il fatto che si stia parlando con superficialità estrema di cose drammatiche, che richiedono una complessità di consapevolezza e di visione davvero superiori, non sembra scalfire la fiducia in se stessi che nutrono i volonterosi carnefici di Facebook. Così anche risulta del tutto disertata la logica secondo la quale non sembrerebbe molto coerente incitare alla violenza perché si è contrari alla violenza. Ma queste sono questioni di lana caprina.

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