Per Ligabue è stato un trionfo. Campovolo memorabile per il rocker di Correggio che si è esibito davanti a una folla in delirio. E’ un successo pieno dovuto prima di tutto ad uno straordinario coinvolgimento del pubblico, una folla eterogenea, intergenerazionale, entusiasta. E di uno spettacolo che a differenza del precedente di sei anni fa è stato all’altezza delle aspettative.
Ligabue è l’unica rockstar italiana. No, il rock è morto. Anzi, in Italia non è proprio mai nato. E Vasco, è più rock Vasco? Discussioni senza fine. C’è anche chi a preferito tenersi ben lontano dal Campovolo, come il nostro direttore che dopo avere scritto il suo editoriale al vetriolo si è ritirato in campagna, a debita distanza, in modo da non sentire neanche l’eco della musica. E chissà quante imprecazioni in dialetto saranno uscite dalla bocca di chi si è trovato inchiodato in via dell’Aeronautica. Magari voleva andare a Gavassa e si è trovato in mezzo a un caṣèin di zòven che g’an gnînt da fêr.
D’altronde c’è da capirli. L’entusiasmo non è sempre contagioso, soprattutto fatica a varcare quel recinto magico che si crea solo in certe particolari occasioni.
Ma si fa fatica a mettere in discussione la portata del successo. Non sono tanti i Italia gli artisti capaci di radunare sotto un palco 150mila persone in visibilio da ogni parte del Paese; Ligabue lo ha fatto nella sua città. C’è chi ha macinato più di un migliaio di chilometri per venire da queste parti, piantare una tenda e mettersi in fila sotto la randa del sole per tre ore scarse di musica.
Lo show questa volta non ha deluso. Audio perfetto – a differenza del 2005, quando gli altoparlanti avevano fatto una clamorosa cilecca – applausi, lacrime, emozioni, scenografie mozzafiato. Cori a squarciagola per le hit storiche, accendini per “Certe notti”, entusiasmo per gli inediti. Le gente ha gradito anche il momento meno rock del concerto, quando sulle note della lenta “Buonanotte all’Italia” scorrevano sullo schermo le immagini di personaggi con pochi legami tra loro se non il fatto che non ci sono più: Pantani, Pavarotti, Totò, Troisi, Falcone e Borsellino. Ligabue si è messo anche a parlare di acqua pubblica e sono piovuti altri applausi.
Ovazione finale per Ligabue e per i musicisti che hanno accompagnato la sua carriera. E’ la conclusione di una cerimonia laica con fedeli rapiti dal carisma del loro sacerdote.
Pare che l’esodo dal Campovolo sia stato particolarmente difficoltoso, a causa di una serie di inghippi organizzativi e una massa enorme di persone che si è riversata verso la stazione e il casello autostradale. Ma su questo fronte è ancora presto per fare un bilancio.
Oggi se ne vanno gli irriducibili, quelli del Dopocampovolo. Direzione Correggio, dove la festa continua. Nel frattempo in città si tornera alla normalità, con buona pace di chi è fuggito in campagna.Adesso possiamo tornare a scornaci sulle beghe di casa nostra. Però, anche se molti non lo ammetteranno mai, il clima del grande evento ci mancherà per un bel pezzo.