“La cosa più punk che abbia mai fatto”. Saga, il canto dei canti, opera equestre, di Giovanni Lindo Ferretti. Un disco maturo, difficile, controllato. Un inno ai cavalli, la cui potenza sembra dimenticata e che qui riemergono con tutta la loro forza attraverso suoni duri, lingue antiche, parole chiare. Figure animali in primo piano, sullo sfondo la montagna e dall’altra parte l’uomo. Ruoli definiti, poche sfumature, una antica concezione della natura e della religiosità che è completa: presenze, queste, che bastano a se stesse e bastano all’uomo. I suoni e le parole si sovrappongono in sintonia, si muovono alla stessa cadenza, sembrano trascinare un peso. E’ il peso della Storia e della modernità: i cavalli sono il fulcro di questo racconto. Rivive la potenza dell’animale, la stessa “potenza meccanica” che l’uomo ha trasferito sulla macchina, non potendone dotarsi.
Protagonista è il profondo rispetto di un uomo per bestie a volte indomabili, terribili. Ferretti trasferisce in questo lavoro un’idea del mondo odierno che tiene conto della Storia, rapportandosi ai tempi passati, quelli in cui spesso uomo e cavallo vivevano insieme. Non c’è nulla che sia di questo tempo nel disco, ne è completamente estraneo e perciò complesso. Lo è la musica, lo sono le parole, lo è l’idea stessa della vita e dell’uomo. E’ al di fuori del tempo, antico e comunque moderno nel pensiero, e nella scelta di ribadire un necessario e assoluto riconoscimento alla potenza della natura, che l’uomo con il suo consumo sfrenato non può fare a meno di considerare. Progressivamente l’uomo sta perdendo la coscienza della terra e di chi la popola, al di fuori di sè: con il cavallo l’uomo perde la propria storia, le proprie radici. E con questo la consapevolezza di quello che è stato e di ciò che è ora, compromettendo il proprio futuro. Saga è un tributo a queste creature che sono emblema della potenza e della tenerezza della natura, contrapposizione e condanna della modernità e dello smarrimento che comporta il suo abuso.
Anna Vittoria Zuliani