1. Della sentenza della giudice Apostolico, che ha disapplicato il decreto del governo per contrasto con la Costituzione e con le norme internazionali si è già detto e scritto molto. E’ il caso perciò di tirare qualche conclusione, capace di fissare alcuni punti. Intanto, solo i giornali di destra continuano a frugare tra i rifiuti e scampoli di foto e filmati per attaccare o denigrare la persona del giudice. E’ il vezzo inevitabile dei mediocri quello di rifugiarsi negli argomenti ad hominem, quando non si riesce a trovare argomenti ad rem. Questa volta la sentenza è sembrata convincente a molti giuristi, anche non pregiudizialmente ostili al governo. E allora, non potendosi attaccare la sentenza, si attacca il giudice che l’ha pronunciata.
Questa volta la critica è particolarmente becera: si rispolvera un vecchio filmato di cinque anni fa per accusare la giudice di aver partecipato ad una manifestazione civile contro il Ministro Salvini, che da cinque giorni teneva in alto mare più di cento disgraziati immigrati, salvati a stento dopo un viaggio infernale. Poichè la compostezza della giudice durante la manifestazione non giustificava le gratuite offese, è stato diffuso un altro filmato, ritenuto decisivo per l’annientamento del prestigio della magistrata, nella quale la si sente partecipare al coro dei manifestanti: scandivano ‘noi siamo antifascisti’. Espressione sufficiente per catalogare la giudice come appartente ‘all’estrema sinistra’.
A questo, dunque, si è ridotta la vicenda politica in questo paese: a menare scandalo di un’espressione che dovrebbe essere sempre nella mente e nel cuore di chi ha giurato sulla Costituzione di servire la repubblica.
Una vera e propria lapidazione mediatica con lo scopo di aggredire la reputazione di un magistrato di cui non si condivide la decisione. E, quindi, accuse pesanti contenute in espressioni incontrollate, come “nemico della sicurezza nazionale”, “legislatore abusivo”, “scafista in toga”, “toga rossa che rema contro il governo”, sono state rivolte all’autore della sentenza contro la quale, comunque, è consentito dall’ordinamento il ricorso per una nuova pronuncia.
Alla fine, in un crescendo difficilmente comprensibile, si è detto che episodi come questo ‘rendono urgente la riforma della giustizia’. Solo l’analfabetismo costituzionale di questo governo spiega frasi oggettivamente prive di senso: come possa incidere la promessa riforma della giustizia sulle pronunce dei giudici non è dato capire. Il Ministro Salvini ha aggiunto che ‘bisogna accelerare con la separazione delle carriere. Ma che c’entra con la pronunzia della giudice Apostolico?
2. Ma non bastava attaccare personalmente quel giudice. Bisognava mostrare all’opinione pubblica che c’è uno stuolo organizzato di giudici di ‘sinistra’ che compattamente ‘rema contro’ il governo in materia di immigrazione. E allora si è andati individuando altri giudici (Silvia Albano a Roma, Luca Minniti e Luciana Breggia a Firenze, ecc.,) indicati come toghe rosse intente con le loro pronunzie a far fallire la politica governativa sull’immigrazione. Bisogna dire che questa scriteriata iniziativa non ha avuto la fortuna dalla sua: perché i colleghi individuati come cospiratori contro il governo sono tutti straordinari magistrati, unanimemente apprezzati dai cittadini e dagli avvocati di ogni inclinazione politica, per la loro imparzialità, per il loro equilibrio e per la loro cultura.
La finalità di questi attacchi purtroppo si intuisce facilmente. Occorre ‘intimorire’ tutti i magistrati che si occupano di immigrazione: essi devono sapere che cosa accadrà loro se assumeranno decisioni sgradite al governo. Nella concezione malata di questa destra, il governo non può tollerare che un giudice qualsiasi possa ostacolare con la sua autonoma decisione la sua politica e l’azione in materia di immigrazione.
Si aggiunga che l’informazione più prona al governo, intuendo forse che i fatti non offrivano pretesti credibili per denigrare la persona del giudice, ha ripiegato sulla ‘deontologia del buon giudice’. Per la classe politica al governo (che aveva attaccato perfino gli orientamenti del marito della giudice!) si trattava ora di ‘volare alto’. E infatti sono scesi in campo i maestri di pensiero: da Sabino Cassese (“i magistrati devono non solo essere, ma anche apparire imparziali”) al Ministro Nordio (“quella giudice poteva, ma non doveva manifestare” !) fino ad altri saggi, seriamente intenzionati ad insegnare ai giudici come si fa ad essere ‘imparziali’. Qualcuno ne ha tratto la conclusione definitiva: quel giudice doveva astenersi, dal momento che cinque anni (!) prima aveva mostrato pubblicamente di essere contraria alla politica migratoria del ministro Salvini.
Si ripropone dunque nella maniera peggiore una vecchia domanda che ci ha tormentato anche 60 anni fa, quando quelli della mia generazione muovevano i primi passi della carriera giudiziaria: può essere imparziale il magistrato che sia civilmente e socialmente impegnato? A quel tempo i magistrati più anziani rispondevano recisamente di no: il buon magistrato rifugge dalle frequentazioni di associazioni o riunioni politicamente impegnate; coltiva ‘il doveroso riserbo’ del buon giudice e per nessun motivo si fa vedere in manifestazioni pubbliche e meno che mai in quelle in cui si contestano i poteri costituiti. Non solo, ma anche le sue dichiarazioni pubbliche erano malviste: i magistrati non parlano, o meglio ‘parlano solo con le loro sentenze’. Queste erano le condizioni che garantivano allora l’imparzialità del giudice.
Si aggiunga che questa astensione dal dibattito e dalla vita civile comportava anche la rinuncia del magistrato a qualsiasi critica delle sentenze altrui. Questo modello di magistrato era inevitabilmente portato a fiancheggiare il potere, chiunque fosse al potere. La rinunzia alla presenza pubblica comportava una debolezza della magistratura nel suo complesso e una soggezione di fatto ai ceti più forti. Questo inevitabilmente incideva sull’imparzialità del giudice. Fino agli anni ‘70 non abbiamo quasi mai visto sentenze di condanna nei confronti dei detentori del potere economico o politico. Non si celebravano processi a carico dei ‘colletti bianchi’. Le galere erano piene di poveracci, senza eccezioni. Furono i giovani degli anni ‘60 a scoprire la ‘politicità della giurisdizione’, a rompere l’isolamento castale dei giudici che si ricordarono che la Costituzione prevedeva la partecipazione di ogni cittadino alla vita sociale del Paese.
Le accuse dei vecchi magistrati furono naturalmente quelle di parzialità, di fiancheggiamento di questa o quella forza politica, di violazione dei doveri di riservatezza, ecc. Ma quello che avveniva in realtà era che i giudici realizzavano per la prima volta la promessa costituzionale contenuta nell’art. 104 della Costituzione: ‘la magistaratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere’. E ancor di più, realizzavano finalmente il comando contenuto nell’art. 101: ‘i giudici sono soggetti solo alla legge”. Se dunque obbediscono solo alla legge, significa che non devono obbedire a tutti gli altri: al governo, ai poteri di ogni specie, all’opinione pubblica, ecc. Altro che i giudici che ‘remano contro’, come lamenta la presidente Meloni. I giudici non remano né contro né a favore; semplicemente applicano la legge. Le sentenze non piacciono? Ci sono gli appelli e i ricorsi, fino alla Cassazione. Ma nessuno, per la nostra Costituzione, può pretendere che i giudici tengano conto degli indirizzi governativi.
Si tratta semplicemente dell’applicazione del principio fondamentale dello stato di diritto: quello che prevede l’assoluta separazione dei tre poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario. Se il governo attacca il potere giudiziario per le sue pronunzie attenta gravemente alla democrazia del Paese.
3. Ma i meccanismi dello stato di riritto non evono essere il pezzo forte della formazione politica della nostra Presidente del Consiglio. Per spiegare i motivi della sua indignazione per la decisione della giudice Apostolico, ha dichiarato che la sentenza osava contrastare le decisioni di un Governo ‘democraticamente eletto’. Dunque c’è nella compagine governativa la radicata convinzione che avere la maggioranza nel Paese possa legittimare qualsiasi decisione o provvedimento del Governo e che gli altri poteri dello Stato non possano opporsi perché non hanno l’investitura del mandato popolare. Era questa, come molti ricorderanno, anche la ferma convinzione del Presidente Berlusconi. Quando si dice i cattivi maestri! Nessuno degli attuali governanti sospetta che vi sia nel nostro ordinamento costituzionale una netta divisione di poteri che deve essere rispettata anche quando il diritto di governare derivi dalla volontà popolare. Nessuno si è ricordato che in uno stato di diritto, non esistono poteri assoluti e che ciascun potere incontra il suo limite in altri poteri, a loro volta limitati. La nostra Presidente del Consiglio è invece convinta che il consenso elettorale abbia il potere di ridurre i giudici a meri impiegati del governo. Chi avrà il coraggio di dirle la verità? Salvini? Piantedosi?
Ma -si dice – c’è un problema che riguarda l’imparzialità del singolo giudice. Può essere davvero imparziale un giudice che partecipa agli incontri pubblici, alle manifestazioni e magari ai cortei sindacali, che cioè si impegni attivamente nella vita sociale della sua città?
Si tratta di una domanda da prendere molto seriamente, cercando di chiarire i termini reali della questione. Non c’è dubbio che l’essenza della giurisdizione sia l’imparzialità. I cittadini si aspettano che i loro giudici siano in grado di non farsi condizionare dalle loro opinioni o dai loro pregiudizi e siano capaci di valutare le contrapposte ragioni per adottare una decisione conforme alla legge. Dunque, l’imparzialità consiste nell’assenza di pregiudizi nei confronti di questa o quella parte del processo: il giudice non deve avere, per definizione, né amici né nemici da assecondare o da avversare.
Ma se questa è l’imparzialità, essa non comporta che il giudice non abbia idee od opinioni, né che sia separato dal mondo, né che sia privo di conoscenza delle vicende politiche e sociali della comunità in cui vive. Anzi, che egli ne abbia conoscenza è garanzia di consapevolezza e di esperienza dei rapporti civili, sociali ed economici. E’, in altre parole, garanzia del fatto che il giudice non è fuori dal mondo, che conosce i meccanismi della società in cui vive e che la sua pronunzia terrà certamente conto del contesto in cui sorgono le controversie o le violazioni della legge.
Ma la Costituzione dice anche di più: dice che il giudice, come tutti i cittadini, ha “diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi (art. 17), che ha il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21), che ha diritto di associarsi con altri, magistrati o no, “per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale” (art. 18). Questo dunque è il magistrato vagheggiato dalla Costituzione: cittadino di pieno diritto.
Ma, ha detto in proposito il Ministro Nordio, non c’è dubbio che la giudice Apostolico ‘potesse’ partecipare a quella manifestazione, ma non ‘doveva’. Purtroppo non siamo allenati a questi giochi di parole; penso che l’esercizio dei diritti costituzionali debba essere lasciato alla discrezione di chi ne è titolare.
Ma perchè non doveva? Perchè – si fa intendere – la sua partecipazione (cinque anni dopo!) la faceva apparire meno imparziale. E perchè mai? Si dice che Nordio, mentre ancora faceva il magistrato, frequentasse i comizi e le cene di Forza Italia. Non ci trovo niente di strano. E non mi viene neppure il sospetto che questo abbia influito sulla sua imparzialità di pubblico ministero. Posso solo dire, col senno di poi, che dal suo modo di fare il Ministro traspaiono chiaramente quelle frequentazioni. Ma aggiungo che anche oggi sono del parere che quelle cene non sarebbero di ostacolo ad un virtuoso esercizio delle funzioni ministeriali, se Nordio decidesse di dedicarsi al bene del Paese.
La verità è che per il giudice l’imparzialità è un obiettivo da conquistare di volta in volta e consiste nella capacità di abbandonare le proprie convinzioni e i propri pregiudizi (‘essere indipendente anche da sé stesso’, diceva un mio vecchio maestro), di spogliarsi per quanto può delle sue convinzioni sociali e politiche, per porre al servizio della verità la sua cultura, la capacità di ascoltare tutte le ragioni, il suo equilibro e la capacità di interpretare correttamente la legge.
Del resto non potrebbe essere diversamente: ciascuno di noi ha avuto una famiglia, una scuola, le amicizie e, in sostanza, una formazione diversa. Ha dunque delle convinzioni. Tutti i governi reazionari diffidano delle idee dei giudici: temono che le loro teste siano piene di idee che si sospettano contrarie alla politiche del governo e agli interessi delle classi dominanti. Preferirebbero le teste vuote, o che almeno non rivelassero il contenuto dei loro pensieri. Insomma, il vecchio giudice del ventennio fascista, ‘imparziale’ nella sua divisa nera.
Nella foto il Consiglio Superiore della Magistratura
Pazzesco questo articolo.
In Spagna si espellono enormemente più immigrati.
Mai e poi mai lo stop di una nave da parte del governo sarebbe un caso della magistratura come in Italia.
In Spagna la sinistra fa i respingimenti in acque internazionali, e multa le ONG..e tutto questo è normale. La magistratura non mette MAI BECCO.
La verità è che la magistratura italiana è onnipotente..calpesta esecutivo e legislativo. Sono intoccabili, ingiudicabili.
Inoltre, caso solo italiano al mondo, le procure fanno le veci delle forze dell’ordine. Un pm di 28 anni da strapazzo fa perquisizioni e interrogatori, decide un eventuale intervento armato per la liberazione di ostaggi e cose simili.
Una follia. In Italia le forze dell’ordine sono totalmente esautorate dell’ iniziativa di indagine. Sono meri burattini e manovali delle procure.
All estero non si parla mai dei magistrati..si parla della Polizia e del governo.
In Italia la magistratura è superiore al potere esecutivo e legislativo.
Per fortuna sono andato via .
L’immigrazione è una.barzelletta. totalmente fuori controllo.
Qualsiasi immigrato clandestino che sia stato anche in Spagna ti dirà che in Italia è molto più facile entrare e restare a delinquere.
Spagna
1)barriere fisiche nelle enclavi in territorio marocchino, KM di muri e filo spinato e sorveglianza armata.
2) respingimenti in acque internazionali continui
3)multe alle ONG
4) dissuasione della guardia civil anche con la forza in mare
5)in 10 anni 5 volte i rimpatri dell’ Italia a fronte di un flusso enormemente inferiore. 200mila contro 40mila dell’ Italia. PAZZESCO.
6) sinistra e destra sono concordi sulla protezione delle frontiere
7) la protezione delle frontiere non è un tema politico ma un ovvia questione di sicurezza nazionale.
8) Non si parla mai di unione europea ma solo di Spagna..e comunque la Spagna chiede Fondi enormi all unione europea per le installazioni radar per il controllo della frontiera a mare.
9) è normalissimo per un immigrato clandestino finire in manette per non avere documenti, fare fino a 72 ore di cella e poi andare dal giudice che avvia l espulsione.
10) qualsiasi immigrato clandestino che commette il minimo reato viene espulso e rimpatriato.
L Italia è un paese INVASO e la sinistra fa che sia normale solo per ottenere voti.
Io conosco e parlo con gli immigrati e tutti mi dicono che l.italia è il paese più facile per entrare e ottenere i permessi.
QUESTA è la realtà il resto balle.
Un premier scandinavo di sinistra ha detto che è ora di fermare l immigrazione perché non ci sono più risorse per accogliere e vanno tutelati PRIMA I CITTADINI NEI SALARI E DIRITTI.
Questo articolo è il classico pensiero dell’ italiota benpensante con le tasche piene. Ma bisogna pensare ai milioni di poveri delle case popolari che per l’immatricolazione hanno visto distruggere i salari, i diritti, e i servizi di welfare . La scuola pubblica, la sanità, le carceri, invase da persone le cui famiglie non hanno mai contribuito in Italia.
Il 70% dei detenuti è extracomunitario. Almeno al centro Nord. Parlate con chi in carcere ci è stato!
Non con il benpensante di sinistra ricco che vede solo i negozi etnici.
Mi fa ridere la politica italiana da quando sono all estero.
Un paese senza legge ne frontiere, in balia di magistrati che vincono un concorso pubblico e decidono il bene e il male.
Per fortuna sono fuori ora.
Andare all’ estero mi ha aperto gli occhi sulla gestione dell’ immigrazione e dell’ ordine. E sulla sovranità rispetto all unione europea. In Italia la totalità del dibattito politico è in riferimento all unione europea.
Spread, I giudizi di Bruxelles sulle elezioni e i conti pubblici..tutta roba assente nel dibattito politico in Spagna. Si parla di spagna e di spagnoli.. sinistra o destra nonnfa differenza.
La questione principale sollevata dall’articolo è la salvaguardia dell’indipendenza della magistratura e la garanzia dell’imparzialità del giudizio più che la politica dell’immigrazione (la Spagna ospita il doppio degli immigrati rispetto all’Italia). In ogni caso se il governo non accetta l’interpretazione del giudice, dispone di altri due gradi di giudizio per ottenere il riconoscimento delle sue ragioni. Altra cosa è tentare di deligittimare il giudice che non si adegua alle sue decisioni se ritiene che non sono conformi alle leggi italiane.