Il cefalopode Architeuthis dux, più noto con il nome di calamaro gigante, è un invertebrato che occupa le profondità di tutti gli oceani del mondo, per quanto sia raro in latitudini tropicali e polari. Purtroppo, nonostante sia una specie cosmopolita, a tutt’oggi le informazioni sulla sua biologia, sul suo comportamento e sul ruolo giocato nella catene alimentari dell’ecosistema marino sono tuttora scarse.
Un recente studio, pubblicato sulla rivista internazionale Hydrobiologia, e condotto da Paola Belcari del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa con Ángel Guerra e Marcos Regueira dell’Instituto de Investigaciones Marinas (CSIC) di Vigo, Spagna, getta una nuova luce sul comportamento alimentare di questo misterioso cefalopode.
”Basandosi su caratteristiche anatomiche e morfologiche, ricerche precedenti avevano suggerito che Architeuhis dux fosse un predatore pigro, che sta indolentemente sul fondo dei mari ad aspettare le sue prede – ha spiegato Paola Belcari – il nostro studio suggerisce invece che esso sia un ‘top predator’ molto attivo, che va a caccia di cibo in acque libere, tendendo agguati a pesci in branchi e cefalopodi e che solo occasionalmente si alimenti stando sul fondo con modalità più passive”.
“A tutt’oggi le informazioni disponibili su Architeuthis dux sono molto frammentarie e basate su un numero abbastanza scarso di animali, ritrovati morti o morenti, spiaggiati o inavvertitamente catturati dalle reti da traino dei pescatori – ha aggiunto Paola Belcari – e le osservazioni sulla sua dieta sono ancora più limitate, in quanto gli animali vengono spesso raccolti in cattive condizioni di conservazione, con stomaci vuoti o con contenuti difficilmente riconoscibili. Basti pensare che le prime foto di un calamaro gigante vivo nel suo habitat naturale risalgono al 2005, mentre il primo video è del 2013”.
La ricerca italo-spagnola è stata condotta su 7 organismi, 5 femmine e 2 maschi, gli unici con contenuti stomacali identificabili fra 31 esemplari reperiti in acque iberiche dell’Oceano Atlantico nord occidentale e del Mar Mediterraneo occidentale. I dati sono stati quindi integrati con le informazioni esistenti nella letteratura scientifica portando la casistica a 20 esemplari provenienti da un’area geografica molto vasta, dalla Nuova Zelanda, all’Irlanda sino alla Namibia. Nello stomaco degli esemplari analizzati sono stati trovati resti di cefalopodi, ma soprattutto di pesci, sia pelagici che nectobentonici, cioè che nuotano nella colonna d’acqua a varie altezze o che solo occasionalmente stanno sui fondali, tutti attivissimi nuotatori, come sgombridi, potassoli (Micromesistius poutassou) e naselli (Merluccius merluccius), con dimensioni variabili dai 12 ai 34 cm. Confrontando le informazioni raccolte con la letteratura precedente, la ricerca ha dunque rilevato che il calamaro gigante gioca lo stesso ruolo di ‘top predator’ nelle catene trofiche di tutta l’area considerata, senza differenze significative relative alla taglia o al sesso né alla località geografica di reperimento. (com)