A volte, si sa, la filosofia dell’instant-book in editoria è un’arma a doppio taglio; da una parte c’è la possibilità di bucare il mercato, dall’altra però quello di fare un flop perché un libro sull’onda anomala della notizia rischia di vivere lo spazio d’un mattino.
Un’alba tragicomica che avrebbe interrotto il sogno del presunto fiore all’occhiello della premiata forneria editoriale reggiana Aliberti, quel “Gradisca Presidente” di felliniana memoria (e berlusconiana attualità) che aveva fatto gridare al miracolo l’assetata folla di pruriginosi e gossipari italiani, in biblica attesa (ma subito accontentati al primo stormir di toghe) del reportage da sotto le lenzuola stilato, con dovizia di particolari, dall’escort delle escort Patrizia D’Addario.
L’inviata di guerra alle prese con bombe-sexy poco esplosive e molte esclusive nella trincea, anzi tana del bunga-bunga. Orbene, questo vademecum delle mutande del Premier, una sorta di Kamasutra di Arcore, non solo non sarebbe poi andato troppo bene nelle vendite (tra il 70 e l’80% di reso secondo Dagospia) ma, ha denunciato l’autrice ad alcuni organi di informazioni filo-berlusconiani, il suo contenuto le sarebbe stato strappato da non meglio definite circostanze. E poi via tutta una serie di “stranezze” editoriali gridate dalla D’Addario e subito rintuzzate dal quartier generale alibertiano che ha precisato i termini della vexata quaestio: in sostanza, tutto a postissimo.
La casa editrice reggiana ha avuto, in questi ultimissimi anni, un’irresistibile ascesa; da angusti spazi in centro a Reggio a luminose aree nella Capitale. E un palazzone di vetro, cuore amministrativo e fucina di idee, di fianco alla Coop con vista sull’Ipercoop. Naturalmente “Ariosto” per non tradire la vocazione letteraria. E un chiodo fisso nella creazione di libri: pubblicazione in simultanea ai fatti di cronaca, perlopiù politica, con particolare predilezione per il filone un po’ giustizialista specie dopo la partecipazione azionaria nel quotidiano Il Fatto. A dare la stura alle velleità di scribacchini glocali (che giudicano il mondo dalla pur centralissima piazza Prampolini) un pamphlet un po’ rancorosetto sull’affaire Calatrava. Poi, piano piano, l’orizzonte da Reggio si è allargato sull’Italia intera. Mantenendo però la vocazione iniziale e l’editazione inerziale: dall’instant-book al distant-book (nell’accezione di profilo che guarda lontano). Fino al caso (?) D’Addario. Che sarebbe chiuso. E una morale: interessarsi a vicende postribolari si rischia il boomerang