Nel 2014 sarà più caro spedire lettere e raccomandate, consumare un caffè o una bibita alla macchinetta, ma anche fare il pieno all’auto e spostarsi con i mezzi pubblici. E’ una raffica di aumenti quella che scatterà dal 1 gennaio 2014. Ma soprattutto calerà la scure della Tares, imposta locale sui rifiuti per la quale secondo i calcoli di Confesercenti aumenterà fino al 60% rispetto a quanto pagato l’anno scorso.
Particolarmente salato sarà l’esborso per spedire una lettera o una raccomandata: dagli attuali 70 centesimi sino a 95 centesimi e le raccomandate da 3,60 a 5,40 euro. Dopo il via libera dell’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni (Agcom), Poste italiane potrà aumentare le tariffe “entro il 2016”. In arrivo anche la stangata sulla pausa caffè: i rincari interesseranno caffè, bibite e snack acquistati nei distributori automatici. Dal 1° gennaio, ha annunciato Confida-Confcommercio, sarà possibile aumentare il prezzo di circa il 6%, adeguandolo all’aumento Iva dal 4 al 10%, anche per i distributori collocati in edifici pubblici per i quali erano stati stipulati i contratti prima dell’aggravio fiscale.
Come al solito i rincari riguardano anche i carburanti. Tanto che il Codacons ha chiesto al governo provvedimenti per evitare un’onda di rincari proprio quando «gli automobilisti italiani sono in movimento per le festività”. Proprio in questi giorni infatti si è registrata la consueta impennata del prezzo di benzina e gasolio che ha raggiunto una media di 1,796 euro al litro la verde (e punte di 1,830 euro/litro) e 1,726 euro al litro il diesel.
Rischio bollette più “pesanti” anche sul fronte del settore energetico e idrico: sia per quanto riguarda l’acqua che per il riscaldamento con pompe di calore sono in arrivo nuove tariffe. Le incognite sono numerose e le associazioni dei consumatori lanciano l’allarme. In meno di due anni – ricorda uno studio Confesercenti -, dal 2011 a ottobre 2013, le tariffe sui servizi pubblici locali sono cresciute in media del 19.2%, quasi il triplo del +7,3% registrato dai prezzi al consumo nello stesso periodo, comportando un aggravio medio di 312 euro a famiglia.