Il 16 luglio di 77 anni fa la prima esplosione nucleare della storia (nel deserto del Nuovo Messico). Oggi nel mondo ci sono 15mila testate, 80 in Italia

Non si tratta del più grande mistero della religione cristiana. “Trinity” è il nome della prima esplosione nucleare della storia.
Il test fu il coronamento del Progetto Manhattan, originato dal timore che la Germania nazista realizzasse per prima la “bomba atomica”. Ricordiamo che la fissione dell’uranio fu scoperta in Germania nel 1938 da Otto Hahn e Fritz Strassmann nel corso di studi a carattere fondamentale sulla struttura del nucleo atomico; questa scoperta metteva dunque alla portata di qualunque Stato tecnologicamente sviluppato gli elementi necessari alla costruzione di un’arma di immensa potenza.

• Storicamente è stato introdotto e adottato il termine bomba atomica; è più appropriato parlare di bomba nucleare e di armi nucleari.
• “Fissione” è la rottura del nucleo atomico pesante (uranio o plutonio) in due frammenti di massa intermedia; contemporaneamente vengano emessi due o più neutroni e molta energia (200 MeV).
Il test ebbe luogo 77 anni fa. La guerra in Europa era terminata da oltre due mesi, ma era ancora in corso la guerra contro il Giappone.
Il 16 luglio del 1945, alle 5 e 29 di una calda giornata d’estate, ad Alamogordo, nel deserto del Nuovo Messico, la bomba, posta in cima a una torre di acciaio alta trenta metri, esplose producendo un’enorme palla infuocata che, dopo qualche secondo, si alzò formando un fungo atomico alto oltre 12 km.
L’energia sprigionata fu di circa 20 Kiloton, ossia equivalente all’esplosione di 20 000 tonnellate di tritolo. Il nome dato alla bomba era “gadget”; era il prototipo di quella che, tre settimane dopo, avrebbe distrutto la città di Nagasaki, e che, data la forma, sarebbe stata chiamata “Fat men”.

L’esplosivo era plutonio, un elemento che non esiste in natura; era stato prodotto nei reattori nucleari costruiti a questo fine nell’ambito del Progetto Manhattan. L’innesco dell’esplosione basata sulla fissione del plutonio è un processo complicato: si trattava di sincronizzare al milionesimo di secondo trentadue detonatori per comprimere la massa di plutonio e raggiungere la “massa critica” necessaria per l’esplosione; per questo gli scienziati ritenevano necessario il test, per essere certi che l’ordigno funzionasse quando sarebbe stato impiegato contro il Giappone.
La bomba destinata a Hiroschima, basata sulla fissione dell’uranio, non richiedeva un test di controllo preventivo, perché l’innesco era più semplice.
Il successo del test suscitò nelle persone coinvolte nel progetto gioia euforia, ma anche sollievo.
Quando le notizie sull’esito positivo dell’esperimento lo raggiunsero alla Conferenza di Potsdam dei Tre Grandi (17 luglio/2 agosto), il Presidente Truman fu molto soddisfatto: cambiò il modo di condurre i negoziati con Stalin e fu drastico a imporre dei limiti agli interventi dei sovietici.
Dunque Trinity, il coronamento dell’intenso sforzo condotto per tre anni dagli scienziati e dai tecnici del progetto Manhattan, fu anche il primo atto della diplomazia nucleare.
All’inizio del 1944 il servizio di spionaggio britannico giunse alla conclusione che le ricerche tedesche sulla bomba atomica non destavano preoccupazioni. La situazione militare in Europa era ormai tale che il pericolo di una bomba atomica tedesca era cessato. Ciononostante il progetto Manhattan per realizzare la bomba proseguì a ritmo frenetico.

Dissoltosi l’incubo di un’arma nucleare hitleriana, si diffuse fra molti degli scienziati che lavoravano al progetto uno stato d’animo del tutto opposto a quello che li aveva guidati fino ad allora. Leo Szilard scrisse più tardi: “Nel 1945, quando cessammo di preoccuparci di quello che i tedeschi ci avrebbero potuto fare, incominciammo a domandarci con apprensione che cosa il governo degli Stati Uniti avrebbe potuto fare ad altri paesi”. Quasi nessuno però ebbe la forza morale di chiedere l’arresto immediato della fabbricazione dell’arma; solo uno, il fisico polacco Joseph Rotblat,   sostenne che non ci fosse più la necessità di costruire un ordigno così micidiale e decise di abbandonare il progetto Manhattan (dicembre 1944) e ritornò a Liverpool.
Così aveva spiegato, in una intervista, la sua precedente convinzione che fosse necessario costruire la bomba atomica: “Ma quando la guerra scoppiò, dovetti accantonare i miei scrupoli morali: andai da Chadwick (il fisico che aveva scoperto il neutrone) e gli suggerii di iniziare a lavorare alla bomba. Ragionai secondo il principio di deterrenza: se Hitler avesse ottenuto l’atomica, l’unico modo per impedirgli di usarla contro di noi era che anche noi l’avessimo e potessimo minacciare una rappresaglia”.

Ho incontrato Rotblat a Castiglioncello una trentina di anni fa, a un convegno dell’Unione scienziati per il disarmo e gli ho chiesto se era stato proprio l’unico a rifiutarsi di proseguire il progetto; mi ha confermato che era proprio così.
Nel 1995, in riconoscimento del suo impegno in favore del disarmo nucleare,  gli fu conferito il Premio Nobel per la pace, insieme all’associazione Pugwash Conferences on Science and World Affairs, della quale fu uno dei fondatori, per la lotta contro lo studio e l’utilizzo delle armi nucleari.
Nel frattempo, però, stavano mutando gli obiettivi americani: nel 1943 si cominciò a pensare all’impiego della bomba atomica contro il Giappone. D’altra parte, man mano che si profilava la sconfitta nazista, incominciavano ad emergere i contrasti di interesse fra gli alleati occidentali e l’Unione Sovietica. Ricordiamo una intervista rilasciata nel 1954 dal generale Groves, il responsabile del Progetto Manhattan: “Credo importante dichiarare che, dopo circa due settimane dal momento in cui mi fu affidato il progetto già non mi facevo più alcuna illusione che il nemico non fosse la Russia e che il progetto non fosse portato avanti su queste basi”. In questo nuovo contesto, dunque, la bomba assumeva anche il valore di strumento politico nelle mani del governo americano.

Nel dopoguerra furono realizzati molti altri test, soprattutto da Unione Sovietica e Stati Uniti, per sviluppare nuove bombe, più potenti (strategiche), meno potenti (tattiche), per aerei, missili, sommergibili, obici, zaini, mine: oltre 2000! Dalla fine della guerra ad oggi altri otto stati costruirono le loro bombe nucleari; si giunse a disporne decine di migliaia, soprattutto da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica; anche cento o mille volte più potenti di quelle usate contro il Giappone.

Oggi, con la fine della Guerra Fredda, molte migliaia sono state smembrate o disattivate; sono circa 15.000 le testate ancora presenti nel mondo; In Italia ne rimangono circa ottanta, sotto il controllo degli Stati Uniti.
Come sappiamo, nessuna bomba nucleare fu mai impiegata in operazioni belliche dopo le due contro il Giappone, anche se in qualche occasione si sfiorò il rischio che la situazione sfuggisse di mano. Oggi desta una certa preoccupazione la ventilata minaccia della Russia di ricorrevi in casi estremi.

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