Sette lunghi anni non sono stati sufficienti per concludere il duello tra l’amministrazione comunale e una contribuente che, secondo il servizio legale del Municipio, dovrebbe pagare ben 22mila e 600 euro di Ici, la vecchia imposta comunale sugli immobili. Il primo e il secondo round, davanti alle commissioni tributarie provinciale e regionale, sono state a favore della contribuente: secondo i giudici non deve pagare un euro di quanto richiesto. Nel frattempo però la signora è defunta e la patata bollente è passata agli eredi: sono stati portati davanti alla Corte di Cassazione, dove il Municipio pensa di poter ottenere giustizia.
La vicenda ha avuto inizio nell’ormai lontano 2011, quando tra il 18 e il 19 gennaio l’unità operativa complessa Gestione Tributi comunali inviava alla signora I.R. 12 avvisi di accertamento, suddivisi sulle annate dal 2005 al 2011, con cui le contestava l’omessa denuncia di immobili ai fini del pagamento dell’Ici “nonché – si legge in una delibera di Giunta – il parziale versamento della stessa in riferimento agli anni dal 2005 al 2009 e richiedeva il pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi e delle sanzioni per un importo complessivo di 22.611,43 euro”. Contro gli avvisi di accertamento, la signora faceva ricorso alla commissione tributaria provinciale e quella regionale. E in tutte e due le sede i giudici riconoscevano le ragioni della ricorrente.
La vicenda ruota intorno a dei terreni e fabbricati agricoli sottoposti ad opera di ristrutturazione. In sostanza la controversia si basa sulla pretesa di sottoporre questi beni al pagamento delle tasse sugli immobili comunali. Secondo il Comune ci sono tutti gli estremi per considerarli nell’ambito dei beni tassabili. Mentre la proprietaria sosteneva la tesi contraria, eccependo anche la ripresa a tassazione dell’intervento di ristrutturazione e della capacità edificatoria riconducibile all’area insistente sui fabbricati. Nella sentenza delle commissione tributaria regionale si ricorda che per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi, ma che non sono considerati edificabili i terreni posseduti e condotti da una serie di soggetti (individuati dalla legge) sui quali “persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale”.
I giudici hanno riconosciuto che il quadro delle prove prodotte dalla contribuente fa ricadere gli immobili oggetto della contesa proprio in questo caso: e quindi la pretesa del Municipio non sarebbe accoglibile. Ma da piazza Prampolini non mollano la presa: si va davanti alla Cassazione, con gli eredi della signora, nel frattempo defunta.