IA: i giornalisti saranno “i cani da guardia” degli algoritmi

L’Intelligenza artificiale è una grande opportunità, dice Marco Pratellesi

“Non saremo noi a salvare l’algoritmo ma l’algoritmo salverà noi giornalisti”, è certo Marco Pratellesi uno dei giornalisti italiani più d’esperti di intelligenza artificiale nel campo dell’informazione.  Se c’è chi teme che l’intelligenza artificiale (AI) mangi i giornalisti, si convinca che saranno i giornalisti a trarre vantaggio dall’ AI e a crescere:  se la useranno correttamente, formandosi e masticando finalmente in modo spigliato tecnologie su cui gli altri paesi sono molto più avanti dell’Italia. Liberando così tempo e energie da occupazioni ripetitive e banali e stornandole, invece, verso elaborazioni più complesse.  Alla fine i giornalisti ne sapranno tante di più e in modo meglio organizzato ma continueranno a godere della loro autonomia mentale, accresciuta dal maggior tempo libero per scovare le notizie anche in maniera old time,  ovvero andando o telefonando, e per  elaborarle e interpretarle. E’ la ferma convinzione di Pratellesi, origine fiorentina, esperienza varie testate e adesso vice direttore di Oggi, che ha peraltro avuto recentemente occasione di comunicare la sua opinione sull’AI  in occasione di un seminario per la formazione giornalistica nell’aula magna dell’Università  di Firenze: “Dai numeri all’ intelligenza artificiale. La nuova sfida del giornalismo”. Definito da Pratellesi come “il migliore e più motivato tra i vari di corsi di formazione cui sto contribuendo in tutto il paese”.

  “Si sta aprendo una nuova era per il giornalismo – spiega- I cambiamenti impongono un nuovo workflow “ibrido” (umano + macchina) che si rivela meno costoso, più veloce e aumenta la qualità dei contenuti”.  Purtroppo, continua, “l’Italia conferma la sua abitudine  a opporsi ai cambiamenti e arrivare per ultima. Gli editori hanno affrontato la crisi soprattutto tagliando invece di incentivare qualità e crescita tramite le tecnologie dell’intelligenza artificiale, di cui sono ancora poco esperti. Mentre la chiusura corporativa dei giornalisti verso nuove figure professionali che dovrebbero occuparsi di AI, ha impedito le assunzioni. Quando già nel 2012 in America il New York Times (NYT) produceva sul suo sito il video   “Snow Fall: the Avalanche a Tunnel Creek”, in un formato giornalistico totalmente innovativo per l’online”.  Non a caso,“mentre il giornalismo Usa si apre a competenze anche diverse dal giornalismo, qui si rifiuta o si ignora la novità, si tagliano posti di lavoro con la conseguenza che un giornalista, stressato dall’essere rimasto da solo a occuparsi di tutto quello cui prima si lavorava in molti, finisce per non fare quella che è la sua vera occupazione: il giornalista” . Ma ecco lo sherpa che  può svolgere le mansioni di di base tramite macchine, data base, algoritmi e liberare i giornalisti per  compiti più i interessanti: “All’ AI i lavori ripetitivi, al giornalista il  valore aggiunto – secondo  Pratellesi – Rifiutare l’algoritmo servirebbe solo a arrivare ultimi, quando la novità sarà invecchiata e non sarà più tale”.

 Vince chi si  apre all’innovazione. “I centri di ricerca e sviluppo sono fondamentali per i media. Ne sono dotate tutte le testate internazionali che hanno risposto alla crisi assumendo giornalisti e formando nuove figure professionali – spiega Pratellesi – Difendendo il vecchio modello di lavoro, non salviamo i posti. Dobbiamo aprirci alle nuove professionalità, creare nuovi lavori in grado di affrontare la sfida  della AI”. Non esiste, rassicura, il pericolo che l’editore voglia arrivare a sostenere costi esclusivamente  tecnologici e far fare l’intero lavoro giornalistico  all’AI. Perlomeno finché noi giornalisti sapremo usare la AI mantenendo anche il fattore umano e come rielaborando informazioni che avrebbero valore zero se si potessero trovare in qualsiasi motore di ricerca. La differenza sarà la qualità dell’informazione e il lettore ci premierà solo se sapremo trovare qualcosa di diverso da altri”. E già elenca una serie di nuove professioni che i “new media” sapranno creare, altro che perdita di posti:  l’Automation editor, colui che pianifica come aumentare i flussi di lavoro tramite l’intelligenza artificiale e garantirne l’affidabilità editoriale; il giornalista cosiddetto computazionale che applica i metodi informatici e di data science per sviluppare algoritmi editoriali; il Newsroom tool manager, che coordina l’implementazione di nuove piattaforme e forma i giornalisti su come utilizzarle; l’AI ethics editor, che  garantisce la trasparenza e la correttezza di algoritmi e dati”.

Come potrà  l’intelligenza artificiale aiutare i giornalisti? Pratellesi ne spiega alcune funzioni come esempio. Per prima, la selezione delle notizie che i giornalisti  verificheranno e rielaboreranno: “Nei prossimi tre  anni produrremo più informazioni che negli ultimi trenta. Un flusso ininterrotto di dati non  più umanamente gestibile. La sfida non è risolvibile con i vecchi strumenti e il ruolo del giornalista, di filtrare le informazioni individuando quelle che sono notizie, ha bisogno di nuovi strumenti che gli forniscano una scrematura da rielaborare. Secondo compito cdell’AI, i lavori ripetitivi, i pezzi giornalieri il cui contenuto varia pochissimo di giorno in giorno. Vedi i bollettini del Covid, le informazioni meteo quando il tempo non è variabile.  Ci pensi interamente la AI: “Perfino certi articoli sulle trimestrali delle aziende quotate – dice Pratellesi – Se i giornalisti ne potevano scrivere  circa 300 non volentieri , oggi l’Associated Press ne sforna circa  4.400, tutti scritti dall’AI e senza avere licenziato i giornalisti ma solo nobilitato il loro lavoro”.

Altra funzione, spiega Pratellesi,  la AI non è solo un traduttore simultaneo ma lo fa con la bocca e la voce del giornalista che in realtà conosce una lingua sola. “Il  giornalista della Bbc Matthew Amroliwala parla solo inglese ma, utilizzando il software di AI di Synthesia, in video parla spagnolo, mandarino e hindi tramite un processo interamente  gestito dal software che procura una audience più ampia con i soli costi tecnologici”. E  ancora, l’intelligenza  artificiale può procurare scoop :  “News Tracer dell’agenzia di stampa Reuters è una soluzione di AI con algoritmi addestrati per individuare, raggruppare e catalogare eventi che fanno notizia all’interno dei social media. Nel 2015, News Tracer,  captando la notizia dai social e passandola alla redazione che manda il giornalista a verificare,  ha messo l’agenzia  in grado di dare la notizia della sparatoria all’aeroporto di Bruxelles con il largo anticipo di 8 minuti su tutti gli altri”. Oppure, sempre la AI,  può fare risparmiare ore di sbobinamenti e trascrizioni a un giornalista che fa un’intervista e non ha più, come prima dei tagli, il dimafonista a aiutarlo. Lasciandolo libero di dedicarsi a compiti più utili. Come può intervenire per moderare e fare una prima scrematura dei commenti che arrivano ai media dai lettori. “Il NYT – fa l’esempio Pratellesi – usa il suo sistema  Perspective per individuare linguaggi offensivi e valutare i commenti. E’ dal  2017 che  NYT e WP (Washington Post)  si avvalgono di modelli di machine learning che vantano di un’ accuratezza dell’88%. Il NYT poi, in partnership con Jigsaw (Google), ha anche sviluppato ‘Moderator’,  un sistema di classificazione che consente all’esperienza umana di segnalare  un contenuto come toxic in modo che l’algoritmo impari a classificare i commenti come toxic o no toxic”.

In conclusione, oggi, secondo Pratellesi “l’AI è l’unica possibilità di rendere il lavoro del giornalista sostenibile”. Una professione quella del giornalismo, spiega,  “nata negli anni 30, che ha vissuto nei ’90  la cosiddetta rivoluzione digitale, arroccandosi in Italia nella sua forma tradizionale per accorgerai solo dopo che il processo era irreversibile. Stiamo attenti a non fare ora lo stesso”. Cominciando dalla formazione: “Siccome gli algoritmi ci sono, bisogna gestirli. Se la nostra professione ha anche un senso in quanto ci definiamo cani da guardia del potere, dobbiamo diventarlo anche degli algoritmi: conoscendone bene il funzionamento e essendo trasparenti. Dobbiamo imparare a lavorare in una inevitabile redazione ibrida”.

In foto Marco Pratellesi

Total
0
Condivisioni
Commenti 1
  1. Inserisco qui la riflessione della collega Alessandra Chirimischi sulle parole di Marco Pratellesi.

    Ho letto l’articolo di Ilaria Ciuti a proposito della IA, apprezzandone la precisione nel riportare l’intervento tenuto da Marco Pratellesi durante l’incontro formativo dello scorso 8 novembre all’Aula Magna di Unifi. Ho partecipato al corso, restando incantata davanti alla prospettiva di redazioni proiettate nel futuro, dove giornalisti e macchine lavorano amabilmente gomito a gomito. Tutto molto figo!
    Qualche dubbio, però, mi è sorto spontaneo: prima di tutto, proviamo a definire cosa sia rimasto di una redazione oggi, dove ancora esiste.
    Poi: ammettendo che gli editori, nelle poche redazioni in vita, aprano le tasche agli investimenti che questo tipo di progettualità editoriale richiede, cosa ne sarà dei free-lance? È a tutti noto che lavoriamo a compensi risibili: siamo in molti in questa condizione e – diversamente dalla IA che non ha da pagare bollette o contributi – noi liberi professionisti queste spese dobbiamo sostenerle. Intendo noi che con questo mestiere dovremmo campare: ne resta escluso l’esercito di persone che gioca a fare il giornalista, vivendo con tutt’altro reddito… ma questa è un’altra storia, non meno dolente.
    Aggiungo: se per lavorare dovessi anche investire in strumentazioni che mi mettano in condizione di dialogare con una redazione altamente tecnologizzata, è forse prevista qualche improbabile agevolazione?
    La domanda ultima, allora, è se non sarebbe più intelligente lasciar perdere il mio mestiere, e cominciare a vendere caramelle.

    Alessandra Chrimischi

I commenti sono chiusi.

Prec.
Lotta alla plastica: il Comune di Elmas blocca i palloncini

Lotta alla plastica: il Comune di Elmas blocca i palloncini

Un'ordinanza firmata nei giorni scorsi dalla sindaca Maria Laura Orrù

Succ.
Alleanza per la Casa, terzo settore e sindacati insieme

Alleanza per la Casa, terzo settore e sindacati insieme

Uno strumento per superare il "corto circuito" dell'emergenza

You May Also Like
Total
0
Condividi