Firenze – Bruno Borghi a Firenze, Sirio Politi a Viareggio, Renzo Fanfani a Empoli furono per scelta determinata e coerente “preti operai”. Una definizione che oggi appare come un ossimoro, un ternine che contraddice l’altro, ma nei tre decenni che seguirono il conflitto mondiale furono un pezzo importante del vento di rinnovamento che investì il mondo cattolico soprattutto a Firenze e in Toscana.
Borghi lavorò per la Pignone e la Gover a Firenze e dovette combattere per essere accettato dalle aziende nella sua doppia veste. Politi fu attivo nei cantieri navali Picchiotti di Viareggio e Fanfani divenne prima operaio nelle vetrerie empolesi e poi fabbro. Tutti e tre conclusero il loro percorso esistenziale sperimentando forme di solidarietà e comunità.
Ciò che li accomuna e che li rende protagonisti di una forte testimonianza di fede e di adesione senza compromessi al messaggio evangelico è il fatto che dovettero sostenere il conflitto più o meno duro ed escludente con le autorità ecclesiastiche. La Chiesa non ha mai dato la sua approvazione all’esperienza dei preti operai che partì da alcuni sacerdoti di Marsiglia in Francia ai quali i tre si ispirarono.
Borghi in particolare che fu protagonista di alcune delle vicende più importanti della storia del dopoguerra, come il caso della Pignone e l’Isolotto, alla fine fu relegato nella parrocchia Quintole vicino al Galluzzo, una delle più piccole, dove strutturò un sistema di accoglienza per i disabili sulla base di concetti di solidarietà e assistenza. A Sirio Politi e Renzo Fanfani di fatto non fu mai ufficialmente accettata la loro scelta (per Fanfani ci fu un riconoscimento tardivo del cardinale Giovanni Benelli).
In un periodo che ha visto altri giganti dell’affermazione dei valori evangelici come don Lorenzo Milani, don Giulio Facibeni o padre Ernesto Balducci, la testimonianza dei tre preti operai è rimasta più nell’ombra ed è questo il motivo che ha spinto Paola Sani e Andrea Bigalli a realizzare per la regia di Massimo Tarducci un docu-reportage (“Preti operai. Borghi, Politi, Fanfani e l’esperienza toscana”), prodotto da La TerzA PratticA con il patrocinio ed il contributo della Regione Toscana.
Costruito intorno alle interviste di alcuni testimoni chiave come Giovanni Maria Borghi, figlio di Bruno Borghi, l’ex prete operaio Luigi Sonnelfeld, Maria Grazia Galimberti, l’ex procuratore generale di Firenze Beniamino Deidda e la storica Anna Scattigno, il docu-reportage è stato presentato oggi presso l’Auditorium Cgil di Firenze.
Non è stato soltanto il desiderio di ricostruire l’esperienza particolare dei tre protagonisti a spingere gli autori, ma soprattutto quella di proporre tre figure diverse, ma unitarie nella scelta di fondo, alla riflessione di un mondo che ha perso il riferimento ai valori fondamentali sui quali si basa la convivenza e la piena realizzazione dell’essere umano insieme con gli altri. “Nel proporre questi modelli, abbiamo assolto al nostro dovere di cittadini”, ha detto Paola Sani.
Un messaggio che Renzo Fanfani (“un altro sindaco di Empoli”, come lo ha definito l’ex sindaco di Empoli assessore regionale uscente Vittorio Bugli, accennando alla sua personalità che lo rendeva punto di riferimento di un intero territorio) spiega nel film come un contributo a “diventare più umani, allo sviluppo cogente e profondo di noi uomini”. Ad aver paura solo delle “acque stagnanti” e a pensare che “l’origine non è dietro, ma davanti a noi”.
Al di là del contesto storico, culturale e sociale, dei linguaggi che si formavano all’interno dei conflitti nell’Italia degli anni 60 e 70, ha detto don Giovanni Momigli, responsabile dei problemi sociali e del lavoro della Curia fiorentina, Borghi, Politi e Fanfani ci spingono oggi a “costruire umanità, umanizzare le relazioni” e ad affrontare con questo spirito le contraddizioni della società urbana di oggi.