Grazie all’AI, e anche a un milione di dollari, ricercatori sono riusciti a decifrare un testo epicureo di oltre duemila anni racchiuso in un papiro carbonizzato in cui si riflette sull’impatto che l’abbondanza o la penuria possono avere sulle fonti del piacere. La pergamena fa parte dei papiri scoperti a Ercolano olre due secoli fa in quella nei resti di una grandiosa villa, ormai designata come la « Villa dei papiri », rimasta sepolta sotto le ceneri dell’eruzione del Vesuvio che nel 79 dc aveva distrutto le fiorenti città romane di Ercolano, Pompei, Oplonte e Stabia.
Ad annunciare il recupero, certo al momento solo parziale, di testi che si temevano persi per sempre, è stato annunciato dagli organizzatori del « Vesuvio challenge », una competizione internazionale con in palio appunto di un milioni di dollari, per chi fosse riuscio a ottenere risultati tangibili, grazie all’applicazione di nuove tecniche di apprendimento automatico, nella decifrazione dei papiri d Ercolano.
Nella « Villa dei Papiri », scoperta nel 1750 una quarantina di anni dopo l’avvio degli scavi di Ercolano, erano stati rinvenuti 1.800 papiri che ne facevano una delle grandi biblioteche dell’antichità, anche se modesta rispetto a quell di Alessandria o di Celso. Le pergamene, tutte carbonizzate dal calore e dal gas carbonico sprigionati dall’eruzione, erano ormai ridotte a fragllissimi rotoli condannati a rimanere illeggibili. Al contrario però dei papiri di Pompei, inceneriti, quelli di Ercolano, protetti in parte da una specie di guaina di fango volcanico, lasciavano aperto uno spiraglio su una loro possibile decifrazione e quindi alla scoperta di opere letterarie e filosofiche andate perdute.
Il principale scoglio che sin dalla loro scoperta aveva bloccato gli studiosi era quello di come riuscire a srotolare le pergamente senza che andassero in frantumi. Già ci aveva provato nel XVIII secolo, su incarico del re di Napoli Carlo III, l’esperto di miniature e di manoscritti difficili da decifrare, il veneziano Antonio Piaggi che aveva messo a punto un’ingegnosa macchina che riusciva a srotolare i papiri ma solo qualche millimetro al giorno e cioé circa 30 gioni per 20 cm.. Un metodo che sia per la lentezza che per i danni che comunque provocava alla pergamena doveva essere abbandonato nonostante le attese degli storici che speravano di recuperare nei papiri di Ercolano testi persi o dimenticati di Platone, Aristotele, Sofocle e anche Tito Livio o Virgilio. Ne erano seguiti altri tentativi che però avevano avuto il solo effette di mutilare se non distruggere alcuni papiri.
Per superare billantemente l’ostacolo ci è voluto l’arrivo dell’intelligenza artificiale che sta aprendo la via di una lettura dei fragili papiri senza aprirli nonché il concorso, patrocinato dagli investitori di Silicon Valley, che ha incentivato ricercatori di tutto il mondo a utilizzare le nuove tecniche. Un trio, composto da uno studente americano, uno egiziano e un ingegnere in robotica svizzero, è stato ora così premiato per essere riusciti a decifrare quindici colonne di un testo scritto in greco, cioé oltre 2.000 caratteri pari al 5% del contenuto del rotolo. Secondo gli organizzatori della sfida, i papirologi stanno ancora analizzando il testo ma sono già convinti che si tratti di un’opera in cui Filodemo di Gadara, discepolo di Epicuro, dia istruzioni su come approfittare della vita. « Non pensiamo che le cose rare siano per forza più gradevoli di quelle abbondanti » scrive Filodemo che, secondo i ricecatori avrebbe risieduto a lungo nella villa che apparteneva al suocero di Giulio Cesare, Lucio Calpurnio Pisone. La biblioteca del filosofo, morto ad Ercolano nel 40 aC, sarebbe rimasta nella casa del propritario assieme ai papiri del padrone di casa fino alla distruzione di Ercolano.
A imprimere la svolta che ha aperto la via alla decifrazione dei papiri di Ercolano era stato l’intervento del prof. Brent Seales noto per aver « letto », dopo aver ricostruito numericamente , uno dei manoscritti ebraici del IV secolo ritrovati a Ein Gedi sul Mar Morto). Era stata infatti sua l’idea di lanciare il concorso « Vesuvian Challenge », la sfida per la decifrazione dei papiri della zona funestata dal’eruzione del Vesuvio, dotandola di premi per un milione di dollari. 700.000 dollari erano destinati a chi, per primo, avrebbe consentito la lettura di almeno quattro passaggi di un rotolo. Una sfida che doveva partire dai risultati che lui stesso aveva ottenuto in anni di ricerca e che avevano consentito di srotolare virtualmente i fragili manoscritti ebraici e poi riuscire a leggerne uno grazie alla tomodensimetria a raggi X ma che andavano adattati alle pergamene di Ercolano
Se grazie a questa tecnica era stato possibile leggere brani del Levitico su una pergamena del Mar Morto era grazie all’inchiostro utilizzato che conteneva metallo che brillava sui tomodensitogrammi e quindi poteva rendere visibili le lettere. L’inchiostro utilizzato sui papiri di Ercolano non creavano invece alcuna luminescenza in quanto era a base di acqua e carbone. Era allora entrata in gioco un algoritmo di apprendimento automatico, messo a punto da Luke Farritor, ventunenne studente di informatica all’Università Lincoln del Nebraska, che era riuscito a decifrare lettere greche su varie righe e a leggere la prima parola intera, porpora.
La lettura dei papiri carbonizzati è una delle tante ricadute positive dell‘intelligenza artificiale che però nonostante i suoi innegabili meriti continua a destare diffusi timori sui suoi possibili futuri sviluppi e sulla nostra capacità a non perderne il controllo o a essere detronizzati da robot più intelligenti di noi. A tranquillizzarci ci pensa il biologo francese Jean-Claude Weill che nel suo « Elogio dell’imprevisto » canta le lodi di fattori non programmabili come il rischio, l’immaginazione, il caso e l’intuizione senza cui la ricerca non potrebbe fare passi avanti. La ricerca richiede, al di là dell’intelligenza, « la creatività che è propria dell’artista » scrive il grande immunologo ricordando che le maggiori scoperte scientifiche degli ultimi 50 anni nella biologia sono dovute a ricercatori isolati ed eccentrici che si « sono lanciati nell’aventura per amore del rischio ».
In foto la Villa dei papiri di Ercolano