Decreto del Dire: salvi i super manager

marchionne47 milioni 900 mila euro esentasse. È questo il compenso annuale che Sergio Marchionne riceve per le sue prestazioni di amministratore delegato di Fiat, presidente di Fiat Industrial e consigliere di Exor S.p.A. (società d’investimento controllata dalla famiglia Agnelli).

A poche settimane dalla bocciatura del Parlamento Europeo alla proposta di fissare un tetto massimo – pari al 100 per cento del salario base – ai bonus dei manager europei, il Sole24Ore ha reso noti gli stipendi 2012 dei 100 dirigenti più pagati di Piazza Affari. Nonostante la stima non comprenda i cosiddetti “fringe benefit” (bonus non monetari quali polizze assicurative, automobili, alloggi, ecc) ma “solo” le cifre corrisposte in stipendi, bonus, buonuscite, stock options e azioni gratuite, i numeri sono da capogiro, specialmente se contestualizzati alla situazione di crisi in cui versa il Bel Paese.

Pur essendo costantemente sotto la lente di esperti di finanza e authority del mercato, i meccanismi alla base delle politiche incentivanti e dei sistemi retributivi utilizzati dalle maggiori società europee rappresentano una pericolosa zona d’ombra in cui i top manager si sfregano avidamente le mani. Poco importa che dal loro operato dipendano le sorti degli investimenti di milioni di risparmiatori, i loro bonus non si toccano.

Troppo spesso i compensi dei super manager sono legati ad obiettivi di performance aziendale che se raggiunti, da una parte, danno effimero conforto alla dirigenza ma, dall’altra, sono incompatibili con la stabilità dei risultati d’impresa nel lungo termine. Ciò si traduce in una focalizzazione dei Marchionne di turno ai risultati di breve termine, che impattano positivamente sulla loro retribuzione con stipendi che – secondo l’European Banking Authority – equivalgono a dieci volte quello base, ma allo stesso tempo comporta un mancato interessamento ai fattori da cui dipende il valore delle azioni nel tempo che, invece, interessa piccoli azionisti e dipendenti.
Ancor peggio quando i successi – retribuiti – del presente si rivelano coperture di risultati negativi o azioni illegali (vedasi il caso della multiutility americana Enron o della nostrana Parmalat).

Già a marzo Bankitalia aveva bacchettato banche e aziende di credito esternando la necessità di “una significativa riduzione della remunerazione variabile”. Anche il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha da poco sollecitato “una gestione più accorta delle vicende bancarie, maggiore sobrietà negli stipendi e nei bonus dei manager”.piazza_affari_borsa

La questione è delicata e non di facile risoluzione, specialmente se si pesa l’attuale forza contrattuale di cui la finanza dispone. A quanto pare, infatti, è stata un’efficace attività di lobby a spingere il PE a bocciare la proposta di introdurre un limite agli stipendi dei dirigenti di compagnie e fondi d’investimento. E sarà stata una pressione dello stesso genere a far parzialmente ritrattare il governo Letta sul provvedimento, contenuto all’interno del Decreto del Fare, che prevedeva di introdurre un tetto massimo agli introiti dei manager delle società pubbliche non quotate.

C’è chi ha parlato di questione “culturale” – finanziariamente parlando – puntando il dito contro le stock options (nate come strumento di fidelizzazione ma spesso utilizzate dagli alti dirigenti come armi speculative) e prospettando sistemi di incentivi che seguano l’andamento dell’impresa nel lungo periodo. Basterebbero dei semplici accorgimenti per accrescere la responsabilizzazione: se il top manager gode di plus per il raggiungimento di determinati obiettivi, perchè non decurtare parte del suo stipendio se quegli stessi obiettivi non vengono raggiunti? Nella realtà lo stipendio base viene invece corrisposto in ogni caso.
C’è, inoltre, chi ritiene che dare una regolata agli stipendi milionari del management sia innanzitutto una questione “etica”, una forma di rispetto nei confronti di nuovi e vecchi poveri. E allora non sarebbe “etico” anche regolamentare i principeschi affari del calciomercato estivo?

bonus2Oltre all’ad di Fiat, sul podio dei manager più pagati della Borsa di Milano salgono anche Luigi Francavilla (vicepresidente di Luxottica) con 28,8 milioni e Federico Marchetti (presidente e ad di Yoox) con 22,6 milioni di euro.
Fortuna che in Italia ci sia anche chi, come la squadra di vertice di Unicredit o come Alessandro Pansa (direttore generale Finmeccanica), forse per maturità “culturale”, forse per senso “etico”, ha deciso di tagliarsi lo stipendio (-70 % per i dirigenti Unicredit, -30 % per Pansa).

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