Firenze – Il 20 gennaio 1739, il primo Granduca della dinastia lorenese, Francesco Stefano fece il solenne ingresso a Firenze, insieme alla moglie Maria Teresa d’Austria. Superato il passo della Futa, al termine di un viaggio durato più di un mese, entrarono in città da porta S.Gallo, davanti alla quale in loro onore era stato eretto l’arco di trionfo che sorge nell’attuale Piazza della Libertà.
In realtà, Francesco Stefano era già Granduca di Toscana dal 9 luglio 1737 (data della morte di Gian Gastone de’Medici) ma, all’epoca era impegnato nei Balcani nella guerra contro l’Impero ottomano. Inoltre, non era troppo entusiasta in quanto, per gli effetti del trattato di pace austro-francese aveva dovuto “scambiare” con la Toscana la sua amata Lorena.
Tra i fiorentini c’era forte attesa perché dopo essere stati governati per tre secoli dai Medici, una nuova dinastia e, per di più straniera, suscitava una certa apprensione. Si sperava che potessero portare una ventata nuova dopo un lungo periodo d’ immobilismo ma c’era il timore di divenire una sorta di succursale dell’Impero d’Austria e alcuni avrebbero preferito don Carlos, figlio del re di Spagna, ritenendo che avrebbe garantito una maggiore autonomia rispetto alle grandi potenze.
Tuttavia, Francesco Stefano attirò simpatia quando si seppe che già nel viaggio verso Firenze si era interessato delle condizioni dei contadini e della carestia.
Ma gli occhi dei fiorentini erano puntati anche sulla nuova Granduchessa la ventunenne Maria Teresa, erede degli immensi domini asburgici (che oltre all’Austria, alla Lombardia, al Tirolo, alla Moravia e a vari altri ducati comprendevano la corona di Boemia e quella d’Ungheria) e destinata a divenire una delle più grandi sovrane della Storia.
In questo modo era in una condizione di superiorità rispetto al marito che grazie a lei avrebbe avuto il titolo di Imperatore (non poteva essere detenuto da una donna). Francesco veniva descritto come poco portato per la politica, che non eccelleva nemmeno come condottiero ma come ricco di fascino, ammirato dalle donne.
Maria Teresa, invece, è conosciuta come abile nell’arte di governo, risoluta ma con una spiccata femminilità. Era molto devota, ma anche attenta a imporre la laicità dello Stato. Grande lavoratrice, curava gli affari di Stato anche per l’intera notte sorseggiando limonate ghiacciate.
Bastò poco tempo perché la popolazione toscana perdesse ogni diffidenza nei confronti della nuova dinastia che portò l’efficienza dell’amministrazione nordeuropea di stampo asburgico; la politica economica fu incisiva e risollevò le aree più arretrate. Purtroppo i giovani Granduchi restarono in Toscana solo tre mesi in quanto richiamati a Vienna da una grave crisi internazionale che divenne drammatica quando alla morte del padre (20 ottobre 1740) la successione di Maria Teresa nei vasti possedimenti dell’Impero asburgico fu contestata da vari sovrani europei che a cominciare da Federico di Prussia, le mossero guerra. In tale circostanza, quella giovane, esile, donna si sarà sentita ripetere spesso che sarebbe occorso il polso di un uomo ma lei possedeva una naturale leadership e all’occorrenza sapeva essere inflessibile con i suoi ministri e i generali.
Il popolo la rispettava e la amava anche quando non era d’accordo sui suoi provvedimenti. Seppe infondere coraggio alle truppe quando comandanti troppo prudenti non sapevano nemmeno sfruttare le vittorie per non correre rischi. Non aveva esperienza diretta di governo ma il padre l’aveva fatta partecipare alle riunioni del Consiglio della Corona e ne aveva tratto profitto.
Sebbene affezionata al marito spesso lo teneva fuori dagli affari di governo anche in considerazione del fatto che i suoi popoli avrebbero obbedito a un’Asburgo assai più che a un lorenese.
Quando Federico di Prussia sconfisse gli austriaci Maria Teresa decise di tentare la carta ungherese. Concesse autonomia in cambio di aiuti militari. Fu incoronata a Budapest. Anzi la Dieta magiara la proclamò domina et rex (v.J. P. Bled, Maria Teresa d’Austria, Bologna, 2003). Non regina, dunque, ma re. Una distinzione sottile, ma che non lasciava spazio a Francesco Stefano.
Nella cerimonia dell’incoronazione, cinta la corona di S.Stefano, brandì la spada verso i quattro punti cardinali giurando di difendere l’Ungheria da ogni minaccia, mentre nobili e popolo pronunciavano l’invocazione rituale: moriamur pro rege nostro Maria Teresa. L’ambasciatore inglese scrisse della sua fierezza e della splendida capigliatura bionda che si spargeva in riccioli sulle spalle (E.Ferri, Maria Teresa.Una donna al potere, Milano 1995 . p.78).
Intanto, il generale Belle Isle, assediato da Carlo di Lorena, capitolò e gli fu consentito di lasciare la città. Maria Teresa s’infuriò, gridò che non era quello il modo di fare la guerra(ivi p. 85). La sua collera intimoriva ministri e generali ma la giovane imperatrice sapeva anche essere amabile e il suo sorriso era “disarmante”. Non serbò rancore a Carlo di Lorena; anzi, a carnevale, si recò nel suo castello dove danzò per l’intera giornata.
A Praga, alla testa di un fastoso corteo, con una splendida veste bianca e argento, l’11 maggio Maria Teresa cinse la corona di S.Venceslao (P. Alatri, L’Europa delle successioni,Palermo 1989. pp. 152- 3). Poi si dedicò alle riforme in Austria. Aveva trovato un debito pubblico enorme, i soldati erano spesso senza paga e i contadini in miseria. Si mise al lavoro con impegno, aprì le tenute reali ai contadini, trovò nuove risorse per le paghe dei militari e ridusse le diserzioni. La sua popolarità cresceva. Ma sapeva anche divertirsi: prendeva parte alle feste in piazza; talvolta, vestita da ostessa, serviva vino e birra ai suoi ospiti o si recava per tutta la notte in qualche taverna “a far baldoria” (Ferri, cit, pp. 106-8). Un atteggiamento, insomma, ben diverso da quello di altri sovrani chiusi nel loro Olimpo.
Con il passare degli anni il suo fisico si appesantì. E alle preoccupazioni per le continue guerre si aggiunsero quelle di una madre apprensiva che inondava i figli di lettere colme di consigli e di critiche. Soprattutto a Maria Antonietta rimproverava (non sempre a ragione) il carattere fatuo e presagiva le sue future sventure.
Intanto continuava l’attività riformatrice e Milano fu uno dei più eloquenti esempi del buon governo teresiano. Ma in tutti i suoi domini adottò misure che per l’epoca erano “rivoluzionarie” come l’istruzione gratuita e obbligatoria fino a dodici anni. Dette impulso alla ricerca medica e fece vaccinare i propri figli alla con un cerimonia pubblica per superare le diffidenze per questa pratica innovativa.
Mentre affrontava gli affari di Stato, l’imperatrice portò a termine sedici gravidanze. Tra i suoi figli che governarono Stati, Giuseppe II che associò al trono e che divenne imperatore, Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana dal 1765 fino al 1790 quando abdicò per diventare Imperatore del Sacro Romano Impero. Maria Antonietta, regina di Francia, ghigliottinata durante la Rivoluzione, Maria Carolina Regina di Napoli e di Sicilia, moglie di Ferdinando IV), Maria Amalia Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, (moglie di Ferdinando I di Borbone-Parma) Ferdinando Carlo Antonio Duca di Breisgau (in Germania), governatore di Milano e marito di Maria Beatrice d’Este, duchessa di Massa e di Carrara.
Nell’epitaffio di Maria Teresa, tra i molti titoli, da quello imperiale a varie corone regali c’è quello di Granduchessa di Toscana dal 1737 al 1765, quando sul trono di Firenze salì il figlio Pietro Leopoldo.