I fatti di Montale: quando la scuola diventa un inferno

Pistoia – “Mamma, non vado più a scuola. La maestra mi picchia nella pancia”: questa la frase choc che ha messo in allarme una mamma, e poi un’altra ed assieme si sono rivolte ai carabinieri di Montale, per riferire e denunciare quello che stava accadendo ai loro figli nella scuola dell’infanzia di via Vignolini.

Prima Francesca S., la prima a recarsi presso gli organi di polizia, e poi la seconda mamma che nel febbraio del 2018 ha, poi, presentato denuncia formale. Parole di sofferenza e dolore quelle delle due mamme ascoltate sui fatti alquanto gravi. Esse denunciano che nella scuola c’è stato lassismo, si è assistito passivi, senza fare nulla, nonostante tutti sapessero. Nel corso dell’anno il mio bambino ha iniziato a dire che aveva paura e alle mie richieste su che cosa lo spaventasse mi parlava delle continue urla della maestra – dice in una dichiarazione alla stampa la mamma di un bimbo – Nel terzo anno la situazione è peggiorata, lui non voleva più stare così a lungo a scuola, e non voleva mangiare. Mi raccontava: la maestra mi prende e mi sbatte sulla sedia. Ha ricominciato a farsi la pipì addosso a cinque anni e mi diceva: se c’è quella maestra non voglio andare più a scuola. Qualche volta lo lasciavo a casa, qualche altra lo portavo a scuola, è stata una cosa tremenda».

E poi c’è il racconto della seconda mamma, molto più pesante dal punto di vista dei fatti accaduti. Particolari a dir poco sghiaccianti: “Mio figlio è entrato alla materna venendo da un’esperienza molto positiva al nido comunale, però appena è entrato nel primo anno della scuola dell’infanzia sono iniziati i problemi. La maestra mi chiamò a casa per dirmi di andarlo a prendere – dice la mamma – perché lanciava sedie e addirittura banchi. Quando tornava da scuola il bambino era molto nervoso e aveva atteggiamenti anomali, non da lui come sbatacchiare le porte, essere agitato e provocatorio.

Una volta tornò prima con un occhio pesto, poi con il naso pesto. Chiesi alla maestra, nuovamente, e lei disse che era caduto. Poi, un giorno tornò a casa con un taglio su una mano, camuffato da bianchetto” la mamma racconta che il bambino ha iniziato ad aprirsi ed a raccontare cosa stava subendo, mimando di come venisse strusciato contro il muro e di come la maestra gli desse anche i pugni nella pancia. Il bambino è stato ascoltato dalla psicologa, la quale ha, poi, redatto un referto che adesso è in mano ai carabinieri.

Non è la prima volta che accadono fatti come questi. Incredibili e inumani come lo sono tutte quelle vicende che riguardano violenze e soprusi, specie verso i minori. I più fragili, i più indifesi. Coloro che sarebbero da proteggere, abbracciare, coccolare, e istruire, educare soprattutto attraverso l’esempio dei grandi. Dei maestri. I maestri, termine altisonante, sono i depositari del sapere, ma non solo. Sono, o almeno dovrebbero essere, guide sicure, coloro i quali, o le quali sono fari per crescere in sinergia con le famiglie.

Per creare quel filo conduttore educativo, spesso non facile, ma che è molto utile. Ecco, io come molti ne sono certa, così intendo un sistema educativo e formativo che possa generare adulti consapevoli, maturi, idonei ad affrontare la vita, con tutte le sue difficoltà. Non certo un sistema che permette a persone come queste, inqualificabili, di operare all’opposto dei valori e del ruolo che riveste. Non dobbiamo fare di ogni erba un fascio, come spesso siamo tentati di fare. Esiste una classe di insegnanti bravi, onesti e rispettosi di tutto, bambini e famiglie al seguito. Anzi, diciamolo, spesso a causa di tentativo di educare e dettare regole vengono pure aggrediti dai genitori stessi.

Quindi, ogni caso è a sé stante, mai generalizzare. Ma neppure banalizzare, perché queste gravissime vicende ci riportano al tema della sicurezza, anche nelle scuole. Forse, con maggiore attenzione verso i propri docenti ed anche gli squilibri personologici che, nel tempo, possono insorgere per vari motivi, o con un sistema di video sorveglianza si sarebbe potuto evitare? Qualcuno si indigna perché vìola la privacy. Di chi? Io sarei ben felice di sapere mio figlio sorvegliato e forse anche chi, da persona sicuramente disturbata a livello psicologico, avrebbe più remore. Pensiamoci, tutti.

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