Studi di varia appartenenza disciplinare evidenziano drammaticamente che nelle nostre società opulente e misere, il presente è vissuto soprattutto dalle giovani generazioni come orizzonte chiuso, separato dal passato e soprattutto senza apertura sul futuro. Una cortina che va lacerata con determinazione. Il presente oggi ha il volto oscuro e tragico della guerra in Ucraina, che ha evocato la violazione estrema dei corpi, umani e non, del corpo delle città, del territorio e della sua storia.
La guerra in Europa ha anche affievolito il cosiddetto tabù nucleare.
Nel 1999 la politologa Nina Tannenwald, nel volume The Nuclear Taboo: The United States and the Non-Use of Nuclear Weapons Since 1945, propone il tema del tabù nucleare, argomentando che la semplice deterrenza – la tesi cioè che il rischio di una guerra atomica è stato sventato nel secondo dopoguerra dalle strategie di dissuasione reciproca delle potenze mondiali attraverso la corsa agli armamenti e in vista di un equilibrio di essi – non bastava a spiegare il mancato ricorso bellico a questa tecnologia.
Secondo Tannenwald le armi atomiche non sarebbero state utilizzate nei diversi conflitti del secondo Novecento anche perché associate a un sentimento di repulsione morale, avvertito dai responsabili militari e politici oltre che dall’opinione pubblica .Oggi il conflitto in Ucraina rischia di depotenziare il “tabù nucleare” , rendendo in qualche modo accettabile l’uso di armi atomiche, sia pure cosiddette <<tattiche>>.
Ma c’è di più.
La difficoltà degli approvvigionamenti energetici riapre la discussione sull’uso civile dell’energia nucleare, congelato in Italia dai referendum, dopo l’esplosione del reattore di Cernobyl. E ancora: la decisione europea di collocare il nucleare tra le energie sostenibili ha recentemente suscitato un ampio dibattito. Insomma siamo di fronte a un nodo intricato di problemi.
Dando per ampiamente condiviso il “No” alle armi atomiche è comunque necessario considerare con mente sgombra, aperta a ogni possibilità, la questione del nucleare civile, valutando i costi della crisi energetica, non in chiave di profitti mancati ma di esseri umani salvati dalla fame, dal freddo, dalla mancanza di energia appunto. Un tema drammatico che richiede un supplemento di riflessione, ma anche un supplemento di anima. No al nucleare sempre e comunque? Circa l’uso bellico dovrebbe essere un’ovvietà . Ma rispetto al nucleare con scopi civili a che punto siamo? E , soprattutto, a che punto è il percorso di scienza e tecnologie per la realizzazione del nucleare “pulito”?
Nel nostro convegno abbiamo messo insieme corpo e nucleare, per proporre frammenti di discorsi sul corpo- e sono frammenti sempre e comunque perché il corpo ha una dimensione evolutiva e prospettica che non possiamo rendere statica (corpo cyborg, corpo elettronico, tanto per evocare espressioni ricorrenti ormai anche nel linguaggio quotidiano)- ma anche per evocare esperienze storiche di distruzione dei corpi. Esperienze di annientamento che rappresentano la tragica ombra che accompagna il percorso della civiltà, pur orientato da un tenace impegno di costruzione di tutele per corpi e vita.
Il paradigma della distruzione possibile nel Novecento ha una data, il 1945: la scoperta dei campi di sterminio nel cuore della civilissima Europa (e i processi di Norimberga), il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki (coevo ai processi, ma mai portato in tribunale, per ragioni ampiamente discusse a livello internazionale).
Hiroshima e Nagasaki, i lager, i processi mancati o realizzati appartengono alla stagione in cui matura la nostra Costituzione e le tracce di queste terribili esperienze sono ben presenti nei grandi testi del diritto dei diritti umani, delle “Costituzioni della dignità” del secondo Novecento, rimando fondamentale per bioetica e bio-diritto e per la risignificazione della cittadinanza.
Hiroshima e Nagasaki rappresentano l’inizio del grande tema del nucleare, poi declinato secondo modalità plurime: oltre la sfera bellica, nell’ambito civile, nell’ambito di strumentazioni e terapie mediche, nell’ambito delle necessità energetiche, fondamentali per incrementi di vita e di civiltà. In realtà il nucleare rimanda a tante possibilità : nel suo uso civile ha potenzialità straordinarie di incremento di beni. E però la storia si incarica di evidenziarne le terribili potenzialità distruttive anche nel suo uso civile.
Di nuovo date e nomi.
Cernobyl 1986: esplosione del reattore per inefficienza del sistema, per errore umano.
Fukushima, 2011: incidente conseguente al terremoto e maremoto, dunque a un evento naturale.
Cernobyl significa esplosione del reattore, morte, distruzione, alterazione dell’ambiente, modifiche genetiche come argomentano gli esperti. Ma significa anche presa di coscienza planetaria dei rischi, interventi dell’opinione pubblica, referendum per la chiusura delle centrali, nuovi orientamenti della politica.
È in questo contesto storico che emerge il tema “coscienza del limite”, per riprendere il titolo del seminario romano, Scienza, potere, coscienza del limite. Dopo Chernobyl: oltre l’estraneità, che aprì in Italia, in forza dell’impegno delle donne e di Livia Turco, una stagione di riflessione decisiva anche per i suoi risvolti politici.
Coscienza del limite è tema di fondo del Seminario permanente Etica Bioetica Cittadinanza. Limite non significa censura, limite chiede problematizzazione di ciò che chiamiamo “soglia”, contando sulla responsabilità di tutti per renderla una porta carraia che consenta costruzione di umanità e mai distruzione.
Di questo insieme di temi ragioniamo, consapevoli che la nostra volontà di sapere è ambiziosa. Ci autoassolviamo da una possibile accusa di presunzione ricordando che in questi anni di impegno del Seminario permanente Etica Bioetica Cittadinanza ci siamo mossi tutti nell’ottica dell’”assaggio dei problemi”, dell’input alla riflessione, che ognuno può fare sua e ampliare.
Interrogativi, tentativi di risposte, scoperta della perenne parzialità delle risposte -innanzitutto per la elementare ragione che la vita dei singoli, dei popoli, dei saperi, delle istituzione è in continuo e ineguale movimento – ci hanno spinto a mettere a confronto persone e competenze diverse, per schivare il rischio sempre incombente che la democrazia sia identificata con certezze e decisioni che non si misurino con la libertà e con le libertà (è corrente quello che io considererei un ossimoro: democrazie illiberali). Abbiamo intitolato una sessione del convegno Esercizi di perplessità come esercizi di democrazia perché riteniamo che niente sia più minaccioso dell’idea, a volta strisciante, a volta manifesta, altre volte esplicitamente proposta , che sia l’auctoritas a fare la veritas, l’autorità che rifugge da perplessità.
Nota in margine al convegno Costruzione e distruzione dei corpi. Corsi e ricorsi del nucleare, promosso dal seminario permanente Etica Bioetica Cittadinanza (Università degli Studi di Napoli Federico II)