“Il 90 per cento delle imprese italiane sono Pmi, ovvero piccole e medie imprese ormai in pratica tutte interessate a una crescita nel campo del digitale, dell’innovazione tecnologica e dell’ AI, ma non tutte in grado di farlo da sole. Per evitare che restino fuori dei mercati le sosteniamo nel processo di transizione digitale e sostenibile ”, spiega il manager e docente universitario napoletano Edoardo Imperiale che è stato appena nominato presidente nazionale dell’Associazione Amerigo, nata su iniziativa di otto soci provenienti dal mondo accademico, imprenditoriale, giornalistico e politico-istituzionale italiano per promuovere progetti comuni Italia-Usa in collaborazione con la missione diplomatica americana in Italia.
Di mestiere, Imperiale si occupa di promuovere innovazione, tecnologie, AI, sostenibilità in campo economico. Anzi, meglio sarebbe parlare di mestieri al plurale, perché il neo presidente, che è anche docente di Statistical modeling for business all’università di Napoli e di Responsabilità e sostenibilità nelle organizzazioni all’Università delle Camere di commercio italiane, “ Mercatorum”, di attività nel campo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico ne ha molteplici.
È l’ad del prestigioso Campania Digital Innovation Hub – rete Confindustria scarl, ma anche il coordinatore dell’ European Digital Innovation Hub di cui l’Hub campano è capofila, finanziato dalla Commissione europea per avviare il programma Digital Europe attraverso la creazione di una rete di 13 Digital Innovation Hub europei che offrano alle organizzazioni private e pubbliche il supporto per assicurare la transizione digitale dell’industria e della pubblica amministrazione attraverso l’adozione delle tecnologie digitali avanzate, l’ Intelligenza Artificiale, la sicurezza informatica.
Imperiale, ci illustri l’attività dell’Innovation Hub della Campania di cui lei è ad.
“Ha il compito di assicurare la transizione digitale del sistema industriale della regione con riferimento particolare alle Pmi che operano nei settori strategici del territorio, ovvero aerospazio (vedi Leonardo), automotive, agroalimentare, packaging, filiera della moda, energia, ambiente, costruzioni, chimica, trasporti, logistica, meccatronica, Ict, farmaceutica, biotecnologie, salute, beni culturali, industrie creative, turismo. Lo stesso discorso vale per la pubblica amministrazione locale”.
Tra i suoi vari mestieri nel campo dell’innovazione c’è anche la direzione generale della “Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli e delle Materie Concianti (SSIP).
“Si tratta un organismo di ricerca nazionale che si occupa dell’innovazione sostenibile in uno specifico un settore: quello della pelle, che peraltro è stato il primo esempio di industria circolare fin dai tempi più antichi, trattandosi di recuperare uno scarto alimentare per trasformarlo in un prodotto di largo consumo o di lusso tramite un processo circolare che può poi anche continuare, recuperando dal cuoio collagene o fertilizzanti”
Ma torniamo al Campania Digital Innovation Hub.
“È un nodo della rete nazionale degli Hub di Confindustria, ovvero una rete infrastrutturale per favorire i processi di innovazione delle piccole e medie imprese. Il nostro lavoro consiste nel darsi da fare per spronare e coordinare i processi di transizione 4.0. Soci dell’Hub, sono le varie strutture territoriali di Confindustria in Campania più Ance Campania, NetGroup, Tim e WindTre. Non ci limitiamo però solo all’attività campana visto che non sono poche le imprese che anche dal resto del paese ci chiedono e ottengono collaborazione”.
Quali sono i vostri obiettivi?
“Supportare in tutto il percorso le aziende a stare sul mercato. In questo senso l’Hub è un’istituzione fondamentale per l’economia. Visto che appunto per stare sul mercato ormai non esistono altre scelte se non l’innovazione tecnologica e l’uso dell’Intelligenza Artificiale. Oltretutto la AI, avendo tante sfaccettature, può entrare, anzi comincia a essere sempre più utilizzata, non solo nel mondo industriale ma anche in quello dei servizi e nella pubblica amministrazione. Basti pensare come in tutti i processi aziendali sia fondamentale l’avere a disposizione una quantità di dati per analizzarli prima di prendere le decisioni, oppure per favorire i clienti, conoscendone in precedenza necessità e aspirazioni. Dopodiché, nell’industria, oltre ai dati, si usa anche la robotica mentre le aziende di servizi e la pubblica amministrazione stanno, soprattutto la seconda, già traendo vantaggio dagli infiniti dati a disposizione”.
Bene, ma con quali azioni si sostiene in concreto la transizione digitale?
“Tramite Digital Hub ci occupiamo di facilitare un ecosistema per l’innovazione che favorisca il trasferimento tecnologico, valorizzi le competenze tecniche e di soluzioni digitali dei propri partner e supporti i processi di trasformazione digitale delle Pmi. Affianchiamo le imprese in tutte le fasi, esaminiamo la loro maturità digitale, abbiamo team di esperti tecnologi e di esperti organizzativi che vanno a trovarle, capiscono di cosa hanno bisogno nel campo dell’innovazione e fanno un programma di transizione, dopodiché, se accettano, ma in genere sono tutte propense a farlo, inizia la formazione e parte anche la ricerca di fondi pubblici e privati per gli investimenti che noi aiutiamo a trovare. Nelle Pmi tutti fanno di tutto, ma ormai, visti i processi avanzati di digitalizzazione, di tecnologie e di AI, questo non è più possibile perché tutti non sanno fare tutto e sono necessari gli esperti. Offriamo anche servizi di brokeraggio e matching tra domanda e offerta di tecnologie, competenze e conoscenze. Sono programmi a medio e lungo periodo, ci vuole del tempo, non ci si improvvisa esperti, in tutto quello che riguarda l’innovazione tecnologica bisogna consentire un cambiamento culturale e organizzativo. Le imprese hanno bisogno di capire come la tecnologia migliora il prodotto, o, se non il prodotto come per esempio nel settore agro alimentare, migliora i processi produttivi e la logistica, aiuta a ridurre gli scarti”.
Pensa che il Sud abbia più bisogno di lavoro per la transizione, essendo in maggiori difficoltà del Nord?
“No, assolutamente. Le imprese, che si tratti di Sud o Nord Italia, sono tutte più o meno allo stesso livello: alcune ben orientate alla digitalizzazione, altre un po’, altre per niente. Comunque, siccome in questo momento il mercato lo impone, la predisposizione a innovare c’è dappertutto e sia al Nord che al Sud troviamo nelle imprese un mix di punte avanzate e di realtà su cui bisogna intervenire. La differenza sta semmai solo nell’eco sistema intorno: più favorevole all’innovazione al centro Nord che al centro Sud”.
Passiamo alla Stazione sperimentale per l’industria delle pelli e delle materie concianti che fu fondata a Napoli già nel 1885 come ente pubblico e che adesso lei dirige. Ce ne vuole parlare?
“Si tratta di supportare le imprese del settore a migliorare e rendere più sostenibile e più digitalmente avanzata la già circolare economia della pelle. Lo facciamo attraverso laboratori e attrezzature all’avanguardia nella sede operativa all’interno del Parco Scientifico e Tecnologico Adriano Olivetti di Pozzuoli, dove l’ambiente di sperimentazione funziona come un vero e proprio dimostratore tecnologico di fabbrica conciaria sostenibile e 4.0, tale da guidare sia un percorso di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese tradizionali e un cambiamento di mentalità degli imprenditori spingendoli verso una visione sempre più innovativa e competitiva dell’ impresa come di formare delle figure professionali che siano in grado di migliorare i processi di sostenibilità delle imprese, di affrontare i cambiamenti della 4° rivoluzione industriale e di cogliere le opportunità dell’economia circolare. La Stazione supporta tutto il settore conciario, oggi costituito da circa 1.200 imprese per 18 mila addetti, distribuite tra Veneto, Toscana e Campania nei tre distretti di Arzignano in provincia di Vicenza, Santa Croce sull’Arno nel pisano e Solofra nella provincia di Avellino. Un’industria che, con circa 18.000 addetti in oltre 1200 aziende, rappresenta un’eccellenza nel panorama mondiale, vantando primati di sviluppo tecnologico e qualitativo e di impegno ambientale, oltre che essere al primo posto in Europa per creazione di valore, con una quota del 66%, e un incremento sul valore della produzione mondiale che sale al 23%. Come abbiamo detto, il settore del cuoio è stato il primo esempio di circolarità e continua a recuperare scarti dell’industria alimentare per trasformarli in beni di largo consumo. La Stazione si propone aiutarlo a fare meglio, aumentando l’innovazione, lo sviluppo tecnologico, la sostenibilità”.
Che si tratti di Pmi in generale o di industria della pelle ci sembra che per lei le parole chiave siano digitalizzazione, tecnologie avanzate, sostenibilità.
“Di fatto sono i principi fondamentali per tutti nell’economia odierna. Nel nostro lavoro incontriamo aziende che già usano l’Intelligenza Artificiale e altre che la devono implementare o iniziare a prenderci confidenza. Ma una cosa è certa: chi non ne approfitta resta indietro. L’Italia non è male quanto a capacità ma deve recuperare sul lato delle infrastrutture. Ha, tra l’altro, il problema dell’ approvvigionamento dei microchip, che però è ormai un problema mondiale, e menomale che il governo, attraverso il Mimit ha messo in piedi dal novembre 2023 la Fondazione chips.it”.
Una volta acclarato che tutto ciò di cui abbiamo parlato è oggi fondamentale per lo sviluppo della nostra economia, come vede il futuro della medesima, dopo la ripresa postpandemica e poi di nuovo il calo?
“Non saprei fare previsioni esatte, ma siccome penso positivo, dico solo che credo che, per tutte le economie, dopo le crisi ci sia sempre una ripresa. Adesso, più che prevederla, la auspico anche se non c’è dubbio che la guerra Russia – Ucraina e il grande problema del medio oriente fanno rallentare gli approvvigionamenti. Inoltre calano i consumi che si rilanciano solo con la fiducia”.
Tra le ombre che si addensano nei nostri cieli, c’è il climate change e parte della responsabilità va anche alle industrie che inquinano. Lei, cosa ne pensa ?
“Senza dubbio il clima e l’ambiente sono un tema e un problema perché una serie dei 17 obiettivi dell’Agenda europea per il 2030 sono ancora lontani da raggiungere, ma esistono aziende che fanno passi in avanti, a cominciare da quelle che per i loro processi produttivi usano e sperperano sempre meno acqua e in questo, torniamo sempre al punto, la tecnologia le aiuta a ottenere più efficienza senza sprechi. Lo stesso si può dire per le emissioni inquinanti”.
In foto Edoardo Imperiale