I 70 di Tex: intervista con lo sceneggiatore Claudio Nizzi

Firenze – Nel settembre 1948 dalla penna di Gianluigi Bonelli e dalla matita di Aurelio Galleppini   “nacque”   Tex, un personaggio che ha assunto un ruolo sempre più centrale nel mondo dei fumetti e che oggi, a 70 anni di distanza è un fenomeno editoriale di dimensioni planetarie. Ma Tex è anche un   formidabile fenomeno culturale perché riesce ad avere sempre nuovo successo nonostante che il contesto western sia ormai desueto e nonostante l’incredibile numero di storie che si sono avvicendate nelle varie collane (quella standard detta Tex gigante per distinguerla dal formato a strisce dei primi anni) è orami al numero 700 )

Su Tex sono stati scritti numerosi libri che esaminano   i segreti del suo successo. Si è parlato di come gli autori abbiano saputo cogliere e spesso anticipare   i cambiamenti del costume, di quanto abbia influito la molteplicità di scenari, il gioco di squadra con i tre   pards e i viari amici occasionali sulla caratterizzazione, spesso suggestiva dei nemici diabolicamente astuti. della commistione di generi con il mistery, il noir e il paranormale.

Claudio Nizzi,uno dei più famosi sceneggiatori di Tex Willer,che ha preso il testimone dal mitico Gianluigi Bonelli. La sua prima storia, Un diabolico intrigo (nn. 273-274) è del 1983 e, pur nella continuità, fu subito contraddistinta dalla personalità di Nizzi noto autore di gialli e di racconti del mistero.  

In questa intervista abbiamo cercato di cogliere alcuni aspetti peculiari   soffermandoci su alcune storie e personaggi che hanno lasciato il segno nell’epopea texiana.   Nizzi ha parlato anche di alcuni risvolti inediti di come avrebbe voluto sviluppare alcuni personaggi.

D: Non potendo rievocare tutte le sue sceneggiature di Tex mi limito a affrontare alcune delle sue storie più celebri. Tra queste La locanda dei fantasmi. Un vero e proprio thriller con risvolti mistery. Come nacque l’idea di questo racconto particolare?

R: Tra i vari filoni delle avventure texiane c’è (o dovrei dire c’era) anche quello delle storie strane e misteriose: maghi cattivi (Mefisto), maghi buoni (El Morisco), stregoni (Zhenda e molti altri), avversari sopra le righe (animali preistorici, l’omino extraterrestre, Lucero, Proteus i Thugs, la Tigre Nera), popoli scomparsi (Aztechi, Maya, Vighinghi) e così via.

All’epoca in cui scrissi La locanda dei fantasmi si era soliti alternare a storie classicamente western (guerre indiane, guerre sui pascoli, banditi che assaltano banche o treni) una di queste storie “strane. Sapendo che avrei scritto la storia per Guglielmo Letteri, pensai di creagli una storia di cupa atmosfera con punte di “giallo”, in cui era particolarmente versato. Aveva disegnato avventure con Aztechi, Maya, Vighinghi, era il creatore di Morisco, Lucero, Proteus e così via.

D: Un’altra storia assai famosa è Fuga da Anderville. A suo tempo aveva previsto che fosse quella più citata nei blog? Perché ha colpito l’immaginario collettivo?

R: Da lettore ero rimasto deluso dalle storie sulla guerra di Secessione scritte da Gianluigi Boinelli e volevo scriverne una in cui le tematiche Nord-Sud fossero maggiormente presenti. Disponevo inoltre di un disegnatore, il grande Giovanni Ticci, che eccelle nel rappresentare uomini in divisa, sparatorie e cavalcate, quindi ero certo che mi avrebbe assecondato alla perfezione. Anche qui introdussi un forte elemento “giallo”. Tutta la storia si basa sulla domanda: chi ha rubato la cassa con l’oro dei confederati? Domanda che resta senza risposta fino alle ultimissime pagine della storia.

Il lettore resta anche colpito dagli aspetti psicologici della storia, in genere assenti nelle storie del vecchio Bonelli, dove esistono solo bianco e il nero. I due cugini che si battono su fronti opposti sono figure che hanno un loro spessore, una loro enigmaticità, così come il loro anziano e rispettabilissimo zio. Il lettore parteggia per il più simpatico cugino nordista ed è convinto (come tutti) che l’oro l’abbia arraffato lui, mentre alla fine scopre con sorpresa che le cose non stanno affatto così. Insomma è una vicenda per vari aspetti complessa, ottimamente disegnata, che si fa amare subito e si fa ricordare anche a distanza di tempo. Non a caso è la più ristampata nelle varie edizioni.

 D: La Tigre Nera è un personaggio epico oltre che astuto, che ha un certo fascino anche per la sua caratterizzazione esotica (che mi sembra crescere nei vari episodi).

R: Ē un personaggio nato per essere un valido antagonista di Tex, il cui strapotere rende poco credibili tutti i tentativi fatti da avversari “comuni” per sconfiggerlo o anche solo per metterlo in seria difficoltà. L’unico personaggio in grado di fare questo è Mefisto, ma in quel momento storico non si poteva usare perché esisteva una sorta di veto del vecchio Bonelli, che riservava a se stesso la possibilità di scrivere un ennesimo episodio (a dimostrazione di quanto fosse legato a questo personaggio).

A parere unanime la Tigre Nera è un eroe negativo di derivazione salgariana: parere assolutamente legittimo, ma la cosa incredibile è che quando lo creai a Salgari non avevo minimamente pensato (forse lo avevo fatto nel subconscio). Personalmente sono soddisfatto solo della prima storia (quella disegnava da Claudio Villa). La seconda (disegnata da Fabio Civitelli) la scrissi dopo il mio periodo di depressione dell’inzio anni Novanta, quando non mi ero ancora ripreso del tutto. Di questa storia mi rimprovero l’utilizzo degli zombi (personaggi che detesto) e il finale affrettato che mi ripromettevo di cambiare in corso d’opera; poi, per stanchezza, non lo cambiai.

Avevo progettato una terza storia in cui la Tigra Nera costringe Tex a tornare con lui nel Borneo su una nave pilotata dal famoso capitan Barbanera, per riconquistare il suo regno che gli fu sottratto dagli invasori bianchi. Sarebbe nata insomma una sorta di alleanza tra i due acerrimi nemici. Il progetto non piacque a Sergio Bonelli perchè secondo lui avrebbe avuto un eccessivo sapore salgariano. La bocciatura del soggetto fu per me fu una delusione. Tempo dopo scritti la terza storia (disegnata dal bravo Andrea Venturi) nella fase finale della mia collaborazione a Tex, quando già non andavo più tanto d’accordo con Sergio Bonelli nella scelta dei soggetti. La scrissi tanto per chiudere i conti con la Tigre Nera e non lasciarla sospesa in un limbo, convinto com’ero che nessun altro l’avrebbe riutilizzata e in effetti nessuno sembrava interessato a riprenderla. Invece ultimamente si è fatto avanti Mauro Boselli, che ne sta scrivendo il quarto episodio (che sarà disegnato da Venturi). Io gliel’ho ceduto volentieri perché ormai con la Tigre sentivo di avere chiuso.

D: Tex non guarda al colore della pelle, ma a quello che c’è nel cuore dell’uomo” esclama Tiger; e più in generale rifiuta i pregiudizi. Lei ha dato un bell’esempio di questo a pag 111 del Tex 520, Agguato a mezzanotte. Una scena che personalmente trovo molto significativa.

R: Là dove Tex prende le difese di una ragazza di facili costumi che l’amore ha riportato “sulla retta via”. In effetti Tex non ha pregiudizi, anche se il suo libero parlare lo ha portato più volte – specie in passato – a dare del “faccia di limone” a un cinese o del “muso di carbone” a un nero. Sono epiteti che lui usa in maniera goliardica e senza intenzione offensiva, chi conosce Tex non dubita che sia così. Ma oggi, in tempo di politicamente corretto, non è più consentito usarli. Così come si vorrebbe farlo smettere di fumare o di bere un bicchiere whisky (per non dare il cattivo esempio), senza tenere conto che Tex vive nell’Ottocento, quando cose del genere erano assolutamente normali.

 D: Tex: 70 anni e non li dimostra. Ma questo vale anche per gli 80 anni di Nizzi (che ricorrono questo mese). Tanti auguri, dunque… e quali nuove storie ha in programma?

R: Le storie scritte dopo il mio ritorno a Tex nel 2017, attualmente in lavorazione presso i disegnatori, sono: sei storie lunghe (cinque di due albi per la collana mensile, un maxiTex e tre storie brevi da 32 pagine). La prima si svolge nel deserto, con un assedio indiano a una stazione di posta in cui si sono asseragliati Tex, i tre pards e altre gente, disegnata da Lucio Filippucci. Una (per il maxiTex) dalla trama molto complessa ambientata in Arizona e a Washington, disegnata da Giancarlo Alessandrini. La terza ci porta nelle foreste del Montana, disegnata da Giovanni Ticci. La quarta si dipana su un fiume canadese, in cui si rivede Gros-Jean, disegnata da Corrado Mastantuomo. La quinta, che uscirà nel Texcolor estivo del prossimo anno, vede il felice esordio in Tex del disegnatore Rodolfo Torti. La sesta, in cui Tex agisce da solo, è ambientata nel Montana (il disegnatore è ancora da stabilire). Posso assicurare il lettore che nelle mie storie Tex tornerà all’ironia e al sorriso, e che saranno avventure nella tradizione del western classico.

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