Hoffmann (DGB): “Non si esce dalla crisi limitando i diritti dei lavoratori”

Firenze – Il programma di investimenti del governo di Matteo Renzi è da lodare, ma “non si può fare i conti limitando i diritti dei lavoratori”. Questo il messaggio che Reiner Hoffmann, presidente del DGB, la Confederazione dei sindacati tedeschi indirizza al premier italiano. Intervistato da Stamp durante un seminario di studi organizzato al Centro studi Cisl di Firenze con la partecipazione, fra gli altri,  del segretario generale Annamaria Furlan e di Romano Prodi attualmente presidente della Fondazione per la collaborazione fra i popoli, Hoffmann ha invitato Renzi a riprendere il dialogo sociale, con i sindacati e con i datori di lavoro, “perché questa è la ragione per la quale la Germania è riuscita a uscire dalla crisi relativamente bene”: “C’è stata una partnership sociale, e il Governo ha capito che si deve lavorare con i sindacati  perché farlo contro di loro non ha mai portato a progressi economici e sociali. E’ urgente farlo.”.

E’ dunque un giudizio critico che lei dà alle riforme del mercato del lavoro decise dal governo italiano
C’è la credenza errata che si possa uscire dalla crisi con riforme del mercato del lavoro, in particolare se si tratta di limitare i diritti dei lavoratori. Noi abbiamo bisogno di riforme che promuovano investimenti nell’ economia reale. Noi non lesiniamo le critiche nei confronti dei mercati finanziari internazionali. Si assiste al fatto che i ricchi patrimoni privati  si muovono sui  mercati internazionali solo per scopi speculativi. Il grande compito che ci troviamo davanti e far sì che questa  ingente quantità di capitale a disposizione confluisca nell’ economia nell’ambito di una strategia di re-industrializzazione.

Condivide il progetto di una campagna dei sindacati europei per porre fine alle politiche di austherity?
Condividiamo questa campagna. Dobbiamo uscire chiaramente dalle politiche di risparmio dei governi  che è stata imposta dalla cosiddetta troyka. Non possiamo risparmiare fino a morire, ma abbiamo bisogno di una crescita del potere d’acquisto cioè uno sviluppo dei salari affinché si rafforzi il mercato interno in  modo che sia generata la crescita. La politica di risparmio, che la Commissione e gli Stati membri in Europa hanno promosso negli ultimi anni, non ha portato ad alcuna accelerazione, anzi nella media europea assistiamo a una disoccupazione a livelli record. Non si può combattere questa disoccupazione con una politica di risparmi, ma solo con investimenti nell’economia.

E’ ipotizzabile la ricerca di una posizione comune fra tutti i sindacati europei sul superamento dei contratti di lavoro precari?
Abbiamo sperimentato dappertutto in Europa che l’occupazione precaria è cresciuta. Questo porta a una notevole insicurezza sociale proprio nella fascia giovanile che non ha alcuna solida base per portare avanti i propri piani per il futuro come formare una famiglia. Per questo motivo vedo il  grande pericolo che questa disoccupazione giovanile non si possa combattere efficacemente,  dal momento che in alcuni paesi è arrivata fino al 50%.
E’  un pericolo reale per la democrazia sociale. Con preoccupazione dappertutto in Europa – in Germania, Francia, Benelux e Italia – vediamo crescere forze di destra populistiche anti stranieri e movimenti anti-europei che possiamo contrastare solo se rendiamo chiaro che l’Europa non è solo a favore dei mercati ma anche dei cittadini. Solo così possiamo ispirare sicurezza e proteggere i cittadini  da slogan populistici di destra.

Come agire?
E’ urgente un appello dei sindacati  perché si torni indietro dalle politiche di austherity. Nella confederazione dei sindacati, con tutti i sindacati, abbiamo proposto un ambizioso programma di investimenti e abbiamo fatto anche proposte su come finanziari e dove finanziarli:  per esempio investimenti durevoli nel settore dell’energia e nelle infrastrutture. In molti Paesi europei le infrastrutture sono così obsolete da richiedere investimenti e sono necessari sforzi perché si investa in modo corrispondente alle necessità. Assistiamo anche a un taglio crescente nella redistribuzione del reddito: i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. Perciò abbiamo bisogno di un’armonizzazione dei sistemi fiscali, uscire dalla concorrenza fiscale che si fa imponendo tasse sempre più basse. In questo modo ci si fa concorrenza fino alla morte.

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