Domenica 11 gennaio ero a Parigi, ultimo giorno di una breve vacanza.
Di ritorno da Bois de Vincennes ho preso la metro.
Ad un certo punto i vagoni hanno iniziato a riempirsi all’inverosimile,
ma anche se eravamo stipati come in un carro bestiame, c’era silenzio ed
educazione, a parte i soliti ubriachi delle metro che gridano sempre
cose senza senso.
Lo speaker ha iniziato a segnalare che tutte le quattro fermate
successive erano chiuse a causa della manifestazione.
Avendo l’aereo dopo poche ore e visto che la metro sarebbe arrivata in
periferia, ho dovuto per forza scendere alla Bastiglia.
Uscito dalla metro per tornare in albergo ho incontrato la bellissima
marea umana della manifestazione che riempiva tutto il Boulevard Richard
Lenoire.
Visto che poco dopo dovevo partire per tornare a casa, sono stato solo
una ventina di minuti seguendo il flusso del corteo, che riempiva strade
enormi e lunghe: il Boulevard Voltaire, la rue du Chemin Vert, il
Boulevard Magenta, l’Avenue de la Republique, l’Avenue Philippe Auguste
e tutte le vie vicine.
C’erano molti cartelli con la solita retorica buonista del “siamo
comunque tutti fratelli” che è uno slogan vuoto e ipocrita, ma sono
stato molto colpito dalla gente.
Alcuni erano tristi, altri invece sorridenti, credo perchè nonostante il
dolore si sentivano bene ed in sintonia coi loro connazionali che
stavano andando alla manifestazione con un intento unico.
Era una nazione, non erano granelli di sabbia mossi dalla volontà del vento.
O almeno, il vento mi sembrava essere una cosa concreta: la voglia di
libertà e di stare assieme, che in questo caso a parte le retoriche,
aveva un senso forte.
E’ stato bello.
PS: il giorno prima, in Place della Republique, mi si è avvicinato un
ragazzo mezzo barbone e mi ha chiesto da accendere.
Ci siamo fumati una sigaretta e alla fine con la voce impastata
dall’alcool ma con uno sguardo simpatico e fiero mi ha detto: “Ciao,
adesso vado alle docce pubbliche, mi ripulisco, mi sbarbo, e poi sono
pronto a difendere la Francia”