Pisa – La metafora che abbiamo scelto per descrivere Hamas è quella di un gigantesco mostro, una idra dalle tante teste: conosciamo quella militare con le Brigate Ezzedin Al Qassam del comandante Deif e con i terroristi pronti al martirio; conosciamo la testa politica di Gaza con il vertice composto da Ismail Haniyeh e Mousa Abu Marzouq, riapparsi in pubblico un’istante dopo l’inizio della tregua con Israele. Poniamo poca attenzione alla facciata religiosa di Hamas, che però è presente e potente; c’è anche una testa che gestisce l’organizzazione occupandosi di assistenza sociale, è la parte caritatevole e meno conosciuta esternamente ma molto apprezzata internamente alla Striscia di Gaza; c’è la testa dedicata alla formazione della struttura di reclutamento dei militanti, e poi sono note le teste della potente struttura estera, guidata da Khaled Meshaal il capo incontrastato della diplomazia di Hamas, e merita di essere citata anche la testa che controlla la propaganda molto attiva in questo ultimo conflitto. Infine c’è una “milizia” di polizia, il corpo dell’idra, che si occupa di controllare la sicurezza nella Striscia di Gaza, ovvero verificare il rispetto dei dettami della sharia, mantenere l’ordine imposto da un regime fondamentalista, giustiziare sommariamente i traditori, collaborazionisti.
Nell’antichità il modo per uccidere il mostro mitologico dell’idra di Lerna era schiacciare l’unica tra le teste immortali. Nei tempi moderni nessuno è riuscito a sconfiggere Hamas e le sue tante teste. Ci ha provato con elezioni libere e democratiche la comunità internazionale, elezioni indette con il dichiarato scopo di consolidare ed affermare la supremazia politica di Fatah, ma la corruzione dilagante nei Territori Palestinesi Occupati ha convinto i palestinesi a votare per un rinnovamento della classe politica e quindi per Hamas. Ricordiamo bene quel giorno, era la mattina del 26 gennaio 2006 quando ci svegliammo e scoprimmo che i “moderati”, gli “amici” non avevano vinto: Fatah era uscito sconfitto dalle elezioni legislative del giorno prima e Hamas era diventato il primo partito nei Territori Palestinesi con il 44,45% dei voti.
Il mostro aveva respinto il primo strampalato e democratico assalto che gli veniva portato. Quella vittoria ha segnato la storia della Palestina: il popolo palestinese si trovò diviso tra due governi ed una occupazione militare. La West Bank sotto il l’influenza del presidente Abu Mazen e nella Striscia Hamas impose il suo comando. La risposta dell’Occidente arrivò immediata tagliando i fondi e gli aiuti economici. E allora sono comparse teste di Hamas sotto terra: nei cunicoli, nei tunnel che collegano Gaza al Sinai e gli aiuti dal mondo arabo sono incrementati esponenzialmente. Le casse di Hamas si sono riempite di dollari fino a marzo del 2011, inizio della crisi in Siria.
In quei giorni Hamas si schiera contro il governo del presidente Bashar al-Assad, lascia il vecchio protettore e cerca asilo politico in Qatar. È una inversione di assetto geopolitico per Hamas che rafforza i legami e le relazioni con la Turchia di Erdogan ma perde completamente l’appoggio egiziano. Quello che poteva diventare un angolo pericoloso e mortale per Hamas segna la rinascita con la guerra di questa estate. Il conflitto ha dato linfa ed una nuova testa ad Hamas. Comunque il vero grande nemico di Hamas resta lo stato israeliano. Tuttavia, Israele ha fallito, non solo questa volta ma storicamente, nell’impresa di sconfiggere Hamas: ha tagliato le teste politiche con gli omicidi mirati, ha tagliato l’apparato militare con i bombardamenti delle basi logistiche, ha tentato di fiaccare la popolarità di Hamas con la chiusura dei varchi, l’embargo e la guerra. Le teste sono sempre rinate, più forti di prima e gli errori commessi dal governo di Gerusalemme sono evidenti a tutti.
Il mitico Ercole riuscì nell’impresa di eliminare il mostro marino grazie all’aiuto di Iolao che cauterizzava con il fuoco le teste mozzate impedendone il rigenero. La prova dell’eroe Ercole non venne riconosciuta valida per l’intervento di Iolao nello scontro, contraddicendo le regole e le fatiche da compiere divennero 12. Ercole non avrebbe mai vinto da solo, il nemico era troppo forte. Abu Mazen non è Ercole e non è in grado di battere Hamas nemmeno con l’aiuto degli USA, anche i palestinesi da soli difficilmente potranno liberarsi dei fondamentalisti, gli orrori della guerra e l’odio nei confronti d’Israele è tanto e la fiducia per Hamas cresce di giorno in giorno.
Netanyahu, che non è un semidio greco bensì il Primo Ministro israeliano, alla fine ha intrapreso la via della trattativa con i palestinesi per raggiungere una tregua. A livello internazionale la visibilità di Hamas è ai massimi storici, in queste settimane si sono viste manifestazioni contro Israele quasi ovunque, non solo nei paesi arabi. In Italia ad esempio Hamas raccoglie consensi sia nell’estrema destra che nelle frange dell’antagonismo. Gruppi neofascisti hanno tappezzato alcune zone di Roma con manifesti razzisti. Scritte inneggianti ad Hamas sono comparse a Pisa, Livorno ed in altre città italiane. Una delle condizioni necessarie per il cessate il fuoco duraturo è che Netanyahu lascì cauterizzare i danni prodotti sino ad oggi dal conflitto. L’altra condizione è la smilitarizzazione delle organizzazione islamiche. Resta il fatto che piacerebbe vedere l’Europa impersonare un ruolo da protagonista nella soluzione del conflitto israelo-palestinese, ma al momento è purtroppo un sogno.
Enrico Catassi e Alfredo De Girolamo
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