Ha vinto Elly Schlein. La prima gallina che canta, dice il proverbio, ha fatto l’ovo. Ed il primo satrapo PD ad esultare sui social è stato Dario Franceschini, ex democristiano, ex ministro a tutto, grande galleggiatore e signore delle tessere che in tempi non sospetti aveva annunciato il suo sostegno alla 37 enne neo Segretaria.
Insieme a Franceschini esultano gli altri grandi sponsor della Ditta Schlein, quelli che hanno guidato il PD negli ultimi 6 anni e l’hanno portato ai recenti disastri elettorali, ovvero Bettini, Zingaretti, Orlando, Boccia e gli altri suggeritori esterni, come Bersani e soprattutto lui, l’immarcescibile D’Alema, quello che si spertica in elogi per Xi Jinping. La Schlein è stata paragonata impropriamente alla Ocasio-Cortez. E’ sbagliato un simile paragone, la pasionaria Dem USA infatti esprime la protesta delle minoranze etniche di un Paese attraversato da feroci tensioni razziali.
La Schlein semmai è una Di Battista più scialba, ora farà resuscitare i Ds (come vi aveva profetizzato mesi fa il vostro scrivente) sotto la guida dei vecchi marpioni che l’hanno telecomandata. La ex vice presidente dell’Emilia-Romagna (eh sì, se l’avete dimenticato la ragazza fino a pochi mesi fa era la vice di Bonaccini in Regione) è un mix di gattopardismo e populismo che guarda al passato, tutta slogan anni ’70 e distintivo, lontana anni luce dalla modernità e quindi totalmente incapace di essere interprete delle esigenze di una società dinamica e complessa come la nostra.
Il tempo dirà se il nostro giudizio sia troppo severo. Bonaccini ha detto che “darà una mano”, ma non si capisce cosa possa continuare a fare in un partito destinato ad andare a braccetto coi 5S, per altro destinati all’estinzione ora che Meloni si appresta a cancellare il reddito di cittadinanza. A Reggio è uno sconquasso, visto che quasi tutti i leader provinciali del PD (ma d’ora in avanti sarà meglio chiamarlo “ex PD”, il cambio del nome sembra inevitabile) avevano sostenuto Bonaccini.
In ottica elezioni amministrative, ora c’è un candidato sindaco naturale, ovvero l’assessore Lanfranco De Franco, e di fatto c’è anche – non ce ne voglia il buon Gazza – un nuovo Segretario provinciale in pectore, cioè il consigliere regionale Federico Amico. Sono nomi di tutto rispetto che però a nostro avviso non saranno assolutamente in grado di unire le varie anime in pena del centrosinistra reggiano. E dunque Reggio Emilia nel 2024 diventerà molto più che contendibile, soprattutto se finalmente il centrodestra presenterà un candidato forte e non troppo ideologizzato.
E non scommetteremmo un euro neppure sulla vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni regionali, perché si presenterà diviso e sbrindellato. Ci attendiamo a breve una fuoriuscita dal PD dei padri nobili cattolici come Pierluigi Castagnetti e di tanti riformisti laici e liberal-democratici che in questi anni hanno governato l’Emilia, sia dall’interno delle istituzioni che nell’associazionismo. I nuovi padroni del partito, insieme alle bandiere rosse tornate di moda anche nella Russia di Putin, sventoleranno magnanimi i ramoscelli d’ulivo e a parole si diranno inclusivi verso tutte le anime del defunto partito, ma voi comprereste un’auto usata da Massimo D’Alema?