Il crollo nelle regioni rosse dell’affluenza alle primarie Pd? Segno di una frattura tra il partito e il popolo della sinistra.
Il governatore della Toscana, Enrico Rossi – che ha dato vita a febbraio con gli altri scissionisti dem a Mdp – e un altro ex democrat, oggi in Sinistra italiana, Stefano Fassina danno la stessa lettura dell’esito delle primarie di domenica. In particolare del crollo della partecipazione in regioni come l’Emilia-Romagna o la Toscana, dove solo poco più della metà dei votanti nel 2013 è tornata ai gazebo.
Rossi e Fassina hanno partecipato ieri, alla Camera del Lavoro, a una tavola rotonda sul tema della “Sinistra di fronte alla sfida delle diseguaglianze”, cui hanno preso parte anche il leader della Fiom, il reggiano Maurizio Landini e Luigi Marattin, consigliere economico del governo Gentiloni.
“Renzi ha stravinto ma c’è un restringimento di elettori, fino ad arrivare a un loro dimezzamento – ha commentato il governatore della Toscana Rossi a margine del convegno -. C’è una frattura tra il Partito democratico e un elettorato di sinistra che non si riconosce più”. Rossi ha inaugurato anche la nuova sede reggiana di Mdp: “Articolo 1 deve tentare di organizzare gli insoddisfatti del Pd e recuperare chi ha dato un voto di protesta ai 5 Stelle – ha aggiunto -.
Lo scopo è quello di rafforzare il centrosinistra. Per noi il Pd è un interlocutore fondamentale, con cui costruire un’alleanza per battere le destre e il Movimento 5 Stelle”. Durissimo verso Renzi l’ex democrat Fassina: “Il Partito democratico ha abbandonato da tempo larga parte di quel popolo che avrebbe dovuto rappresentare, innanzitutto i lavoratori, i disoccupati, le piccole imprese – ha commentato -. E’ evidente che un partito che si sposta verso l’establishment, verso interessi più forti, quando poi chiede un voto ha un crollo. Nelle regioni rosse la metà circa degli elettori del 2013 non è andata a votare, eppure quella non è stata un’annata particolarmente felice, avevamo appena perso le elezioni. Rispetto ad allora si dimezzano gli elettori, è evidente che col popolo che la sinistra dovrebbe rappresentare il Pd ha poco a che fare”.
Fassina ha snocciolato la sua ricetta economica: “Le disuguaglianze si combattono col lavoro, ma il lavoro si crea non cancellando l’articolo 18 o introducendo i voucher o con la decontribuzione, il lavoro si crea con gli investimenti. Noi proponiamo un piano di 8-9 miliardi di euro l’anno per finanziare infrastrutture, la messa in sicurezza del territorio, e dare lavoro. Serve una ricetta opposta a quella che Renzi e Gentiloni portano avanti”. Sulla stessa lunghezza d’onda il leader della Fiom Landini che invoca, anche lui, un “Piano straordinario d’investimenti pubblici e privati per creare nuovi posti”. Il sindacalista ha parlato dell’urgenza di affermare un concetto di “lavoro accompagnato da diritti” perché “la follia di questa fase è che oggi si è poveri lavorando. Le leggi fatte, a partire dal Jobs act, vanno cambiate perché vanno della direzione d’impoverire ulteriormente il lavoro e renderlo ancora più precario”.