Guerzoni. Dipingere l’usura del tempo

Non è la prima volta che un museo d’arte antica ospita le opere d’un artista contemporaneo, e in questo il lineare e insieme sontuoso Palazzo Pitti detiene un primato, essendo rimaste memorabile già le prime rassegne ideate, negli anni settanta, dall’allora innovativa direttrice Sandra Pinto. In anni più recenti, un altro direttore, che è uno studioso che vive con occhio attento nel presente, Carlo Sisi, si è azzardato ad aprire le eleganti sale ornate di bianchi stucchi, per accogliere testimonianze di pittori decisamente materici e astratto-informali (come Autobiografia, la personale dedicata ad Alberto Moretti).
Oggi l'accesso viene dato a un altro pittore, Franco Guerzoni (Modena, 1948), a cui è stato affidato l’Andito degli Angiolini, per una personale, intitolata “La parete dimenticata”, che apre il 23 febbraio 2013. Conosciamo la qualità di Guerzoni sin dalle sue prime incursioni nelle gallerie fiorentine negli anni ottanta e quindi lo abbiamo intervistato per capire come si propone oggi, che deve affrontare l’impatto con questo nostro museo. “Non c’è più scandalo, anche se mi crea un vago imbarazzo, a entrare in un tale luogo di ricchezza artistica, e lo faccio in modo discreto, per presentare una stagione del mio lavoro. Non cerco il conflitto con l’arte antica, che può avere una funzione positiva e negativa, e non mi relaziono con questa. Firenze possiede un giacimento di arte antica, è un enorme ‘sarcofago’ che trattiene energia invece di darla”.
Lo spazio che gli è stato dato non è facile da allestire per via delle decorazioni parietali e della particolarità dei suoi dipinti, che mettono in scena l’usura del tempo, l’archeologia della memoria espressa in tracce delicate, su fondali bianchi. Lui stesso, grande lettore di autori che sono anche filosofi, ha definito il suo lavoro come opere che emergono ‘dalla grande catastrofe dei cocci del passato che continua a galleggiare attraverso frammenti’. “Non è stato semplice ambientare i miei falsi-monocromi in un contenitore così difficile; io porto dentro le tante meraviglie di Palazzo Pitti, il mio racconto fatto di oltre 30 opere, che rappresentano il lavoro degli ultimi 10 anni, con qualche punta nel passato più remoto”. Vedremo anche una selezione di piccoli lavori fotografici, quelli che si riferiscono agli anni settanta e quindi al periodo più concettuale, grandi superfici pittoriche recenti, che appaiono come coperte di polvere trasparente, due strappi d’affresco creati appositamente per Pitti. E in una sala i lavori si presenteranno appoggiati e non appesi alle pareti.
Guerzoni conserva vivaci ricordi  delle mostre e le frequentazioni qui a Firenze, alla Villa Romana, Schema e Zona, luoghi di culto dell’intellighenzia europea anni settanta-ottanta, e parla dei suoi viaggi diurni e notturni percorrendo “il filo continuo” della storia dell’arte. “Bisogna vedere a che punto l’artista di oggi si inserisce. La mia generazione ha fatto il viaggio alla rovescia, siamo partiti dalla passione per Duchamp per poi andare a ritroso, nel passato”.

La mostra di Guerzoni a Palazzo Pitti è nata da un progetto presentato pochi anni fa alla Soprintendenza, ed è curata da Fabrizio D’amico e Pier Giovanni Castagnoli, il quale scrive (catalogo Skira): «Questa esposizione evidenzia ed esalta, nella sua brevità, il nocciolo fondante e più tenacemente resistente della visione dell’autore e la sua singolarità: l’arte come restituzione di memoria che produce e avvalora il presente, e l’esercizio della pittura come scavo e rivelazione del corpo attivo della superficie, nella sua inesauribile facoltà generativa».
Palazzo Pitti. Andito degli Angiolini. Firenze Fino al 7 aprile.

 

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