Parma – Dopo la bomba lanciata su Nagasaki (8 agosto 1945), che causò circa 80.000 morti, inclusi quelli esposti alle radiazioni nei mesi seguenti, le armi nucleari non sono state più impiegate, nonostante le tensioni durante la Guerra Fredda. La crisi acuta causata dalla installazione dei missili sovietici a Cuba (ottobre 1962) fu superata grazie anche all’assennatezza di Kennedy e Krusciov. Decine di migliaia di bombe atomiche furono costruite, moltissime esplosioni sperimentali (oltre 2000) furono effettuate per metterle a punto, molte strategie furono sviluppate, ma al mondo fu risparmiata la catastrofe di una guerra nucleare.
La preoccupazione sul rischio dell’impiego di armi nucleari nel confronto tra le due superpotenze era quasi scomparsa dopo il collasso dell’Unione Sovietica. Ricordiamo che nel 1994 l’Ucraina, come le altre repubbliche dell’ex Unione Sovietica, Kazakistan e Bielorussia, accettò di restituire alla Russia le armi nucleari stazionate sul suo territorio, circa 1.800 ordigni di vario tipo (il cui controllo operativo era sempre stato in mano russa), in cambio di sostegno economico e di una serie di garanzie. Con quell’accordo la Russia si impegnava a non minacciare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Il trasferimento si concluse nel 1996.
Oggi, con la guerra di invasione russa, il problema si rappresenta in tutta la sua drammaticità.
Il 27 febbraio, in una riunione con il ministro della Difesa Serghei Shoigu e il capo di stato maggiore Valeri Gerasimov, Putin ha ordinato di porre le forze di deterrenza dell’esercito russo – che comprendono armi nucleari – in “regime speciale di servizio da combattimento”. Già nell’annuncio con cui aveva ordinato l’invasione dell’Ucraina Putin aveva adombrato la minaccia di ricorrere alle armi nucleari.
Il 22 marzo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in una intervista alla Cnn, ha dichiarato “La Russia ha un concetto molto chiaro sull’uso dell’arma nucleare: solo in caso di minaccia alla sua stessa esistenza .”
Dunque deterrence ed escalation sono tornati ad essere termini paurosamente attuali nelle valutazioni degli analisti e nelle preoccupazioni delle popolazioni.
L’allarme è alto; sembra che la Francia si sia messa in massima allerta e abbia posto in navigazione tre dei suoi quattro sommergibili nucleari.
Vediamo la situazione.
Gli arsenali nucleari russi e americani sono stracolmi di testate. Mosca ha 4.500 ordigni (oltre ad altri 1.500 che sono però già smantellati o in via di smantellamento): circa 800 missili balistici intercontinentali a lancio terrestre, quasi 600 sui sottomarini e circa 200 – 300 bombe sono pronte ad essere caricate sui bombardieri strategici. Gli Usa hanno 5.500 bombe. La terza potenza atomica mondiale è rappresentata dalla Cina (350 testate); a ruota seguono la Francia (300); Regno Unito (215); Pakistan (150); India (140) e Corea del Nord (10).
La potenza di molte di queste armi, ossia delle bombe termonucleari, può superare di mille volte quella delle due bombe a fissione che hanno distrutto Hiroshime e Nagasaki.
L’Italia non fabbrica né possiede armi nucleari ma partecipa al programma di «condivisione nucleare» della Nato; sul nostro territorio ci sono circa 80 bombe tattiche americane da 0,3 a 340 chilotoni nelle basi aeree di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone). Un kiloton equivale a mille tonnellate di tritolo.
Ricordiamo per confronto che le bombe lanciate sulle città giapponesi avevano una potenza di solo 13-15 kilotoni!
Gli arsenali qui indicati riguardano prevalentemente la armi strategiche, ossia quelle progettate per dissuadere l’avversario a lanciare un attacco massiccio e improvviso, nel quadro della strategia detta Mutual Assured Distruction (MAD) che vigeva durante la Guerra Fredda.
La Russia quindi è, con gli USA, la massima potenza nucleare, ma per valutare la situazione ricordiamo altri parametri.
Il PIL registrato nel 2021 è quasi uguale a quello dell’Italia, attorno ai 1500 miliardi di dollari, 10 volte più modesto di quello cinese e 13 volte di quello degli USA.
Inoltre le spese militari della Russia sono un decimo di quelle degli USA e inferiori anche a quelle di Cina, UK e Francia.
Dunque la Russia di Putin è una potenza sopravvalutata.
Oggi neppure i più pessimisti credono che si potrebbe far ricorso all’impiego delle armi nucleari strategiche.
Accanto alle armi strategiche esistono le armi nucleari tattiche, di potenza “limitata”; sono progettate per devastare obiettivi nemici in aree specifiche, sui campi di battaglia negli scontri tra le forze armate terrestri, senza causare distruzione diffusa.
Queste armi potrebbero essere impiegate nella guerra di aggressione scatenata dalla Russia.
Il loro sviluppo risale agli anni ’50, con la progettazione della prima testata nucleare W54, la cui potenza era inferiore a 1 kiloton; può essere sparata da un fucile Davy Crockett, la cui gittata massima è di 45 km. Ma esistono anche un’artiglieria nucleare e perfino bombe tattiche trasportabili in uno zaino.
Attualmente ce ne sarebbero circa 230 americane e da 1.000 a 2.000 russe.
Sullo sviluppo di armi tattiche, nei primi anni Cinquanta, puntava Robert Oppenheimer, il responsabile scientifico del progetto Manhattan, contrario alla bomba termonucleare.
Secondo alcuni analisti, inizialmente la Russia potrebbe lanciare un attacco nucleare contro un’area disabitata a scopo dimostrativo e intimidatorio.
Il rischio c’è, ma è basso. Non certo perché Putin si faccia scrupolo per le vite e le strutture che andrebbero distrutte; e forse neanche per rendere contaminate dalla radioattività porzioni di territorio; abbiamo abbondanti esempi della sua indifferenza rispetto a questi disastri.
Da un lato è cosciente del rischio di una escalation nucleare. Russia e USA basano la loro “sicurezza” sulla risposta immediata: un lancio di rappresaglia se i loro sistemi radar e satellitari individuano l’arrivo di missili avversari; il tempo di reazione è di pochi minuti e scatta il contrattacco. Il sistema è rischioso tenendo conto della possibilità di falsi allarmi, già verificatisi nel passato.
Dall’altro lato ritengo che l’impiego di armi nucleari tattiche, per ripugnante e pericoloso che sia, può avere un senso quando si affrontano due eserciti in campo aperto; ne ha molto meno quando l’aggressore deve avanzare combattendo casa per casa per stanare un nemico deciso a resistere, come sta accadendo in Ucraina..
L’unica situazione che potrebbe spingere Putin a usare un’arma nucleare tattica è un attacco Nato.
Anche dall’altra parte si reagisce con cautela di fronte al rischio dell’impiego di armi nucleari. .Gli Stati Uniti hanno dichiarato di non voler alzare lo stato di allerta delle loro forze nucleari. Hanno anche dichiarato che sia gli Stati Uniti, sia la Russia devono aver ben chiaro che esiste il rischio di errori di valutazione e che è necessario fare in modo da ridurre tale rischio.
Un piccolo segnale in questa direzione: per ridurre la tensione nucleare con la Russia, gli USA hanno rinviato un test del missile LGM-30G Minuteman III; questo missile è componente essenziale del loro arsenale strategico, ha un range di 10.000 Km che copre a una velocità di 24.000 km all’ora ed è sistemato in silos sotterranei rinforzati.
Dunque non pare che il pericolo maggiore provenga dal possibile impiego di armi nucleari, ma piuttosto dall’impegno della Russia a proseguire nella sua guerra di aggressione che causa imponenti lutti e distruzioni.