Firenze – La guerra del latte coinvolge anche la Toscana, che rischia di perdere, grazie alla concorrenza sleale e ai danni all’immagine, la “credibilità” di ben 35 formaggi tipici dei nostri territori. I maggiori imputati, in questa crisi che in Toscana ha già chiuso 150 stalle in circa un anno (dalla fine dell’era delle quote latte), la polvere di latte, le cagliate straniere, ma anche il flusso inarrestabile di latti stranieri che vengono introdotti nel nostro Paese. Così ieri sabato 2 aprile anche gli allevatori toscani hanno partecipato alla grandiosa manifestazione che si è ritrovata, con mucche e trattori, davanti al Teatro Nuovo Giovanni da Udine: appuntamento friulano, proprio nella regione considerata la porta d’ingresso in Italia di milioni di chili di latte straniero, di trasformati e di semilavorati industriali. Trasformati e spacciati in prodotti Made in Italy.
Ed ecco un po’ di numeri: secondo il dossier elaborato da Coldiretti presentato in occasione della proposta, “la vita o la morte di molte stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione pari a 38-41 centesimi e i compensi attualmente riconosciuti. Per effetto di questi pochi centesimi le stalle presenti in Italia dopo la fine delle quote latte sono scese al minimo storico di meno di 33mila unità, rispetto alle 180mila attive nel 1984 all’inizio del sistema delle quote, con il rischio concreto che di questo passo nel giro di qualche anno la nostra montagna verrà spopolata dalla indispensabile presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio economico delle aree più sensibili del Paese”.
Il valore di una stalla, spiega Tulio Marcelli, presidente Coldiretti Toscana, coinvolge un intero sistema fisico ed economico. “Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni. In pericolo c’è un patrimonio culturale, ambientale ed economico del Paese. La Coldiretti è impegnata in un piano salva stalle per fare in modo che neanche un litro di latte venga buttato via”.
Ed ecco il livello del rischio: “Una mozzarella su quattro in vendita – informa Coldiretti – non è ottenuta direttamente dal latte, ma da semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta. Ciò provoca una distorsione del mercato, una depressione dei prezzi pagati ai allevatori italiani e causa la chiusura degli allevamenti”.
“Di fronte a questa escalation di truffe e inganni per salvare il Made in Italy – conclude Antonio De Concilio, Direttore Coldiretti Toscana – non c’è più tempo da perdere e occorre rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine del latte in tutti i prodotti lattiero caseari per garantire la trasparenza dell’informazione e la salute dei consumatori”.