Emerge dagli archivi scandinavi del sancta sanctorum dei riconoscimenti alla cultura: Giovannino Guareschi, lo scrittore parmigiano-reggiano che con la sua penna ha reso celebri a livello mondiali le figure di Peppone e don Camillo e che ha magistralmente descritto l’atmosfera che si respirava nei nostri paese nell’immediato dopoguerra, sfiorò il Nobel nel ’65. Il suo nome venne segnalato all’Accademia di Svezia assieme a quelli, tra gli altri, di Ungaretti, della Yourcenar, di Pound e Simenon.
Ma il suo nome e la sua figura erano già abbastanza osteggiati da sinistra (Pci) e centro (Dc) ed il “trinariciutismo bianco” (binomio coniato dalla nostra redazione per l’occasione) ebbe la meglio silenziando i sostegni a Guareschi nell’ottenimento dell’ambito riconoscimento letterario. Per la cronaca, quell’anno il nobel andò allo scrittore russo Michail Aleksandrovic Solochov col suo “Il placido Don”.