il punto sulla casa, dopo dieci anni di segretaria del Sunia di Laura Grandi, nominata ora presidente di Federconsumatori. Un momento di bilancio circa il tema della casa e dell’abitare, che ha subito via via un’evoluzione. Purtroppo, in peggio.
“L’evoluzione cui ho assistito in questi anni per quanto riguarda il tema casa, è che sicuramente, rispetto a quando assunsi l’incarico di segretaria del Sunia di Firenze nel 2014, per poi passare alla segreteria regionale, il tema casa era sì toccato dalla politica e soprattutto dall’opinione pubblica, ma non rappresentava una delle priorità del momento. Nel corso degli anni, secondo me anche grazie all’azione del sindacato, è diventato un tema importante, sotto i riflettori dell’opinione pubblica, sviscerato da studi, ricerche e analisi in tutti i suoi molteplici aspetti. Non c’era settimana che, comunque, non si uscisse con temi legati agli sfratti, in aumento rispetto agli anni precedenti, alle difficoltà di trovare alloggio da parte degli studenti universitari, e soprattutto al tema degli affitti turistici che poi è dilagato in un crescendo inarrestabile. Inoltre, è emerso in modo via via sempre più evidente e disperante, il tema dell’inversione della fascia sociale che non aveva più accesso alla casa. Su questo punto, mi spiego meglio: siamo passati da un’emergenza abitativa che coinvolgeva fasce sociali fragilissime, con una forte presenza di casi sociali o comunque di persone e famiglie in difficoltà estrema, a famiglie “normali”, tant’è vero che il problema del trovare casa è diventato prioritario per famiglie di lavoratori che fino a poco prima non si sarebbero mai sognate di diventare portatrici di bisogno in tema casa”. In altre parole, il problema dei working poors, che proprio su queste pagine ha trovato ampia e antesignana trattazione.
“Sono perciò partita da un momento in cui la casa era un problema (Firenze è sempre stata attanagliata dal problema abitativo) ma era appannaggio di fasce sociali particolarmente disagiate, mentre negli anni l’emergenza abitativa ha inghiottito lavoratori e pensionati le cui aspettative possiamo definire “normali”, trasformandosi in una vera e propria spinta verso la povertà . Questo è il vero punto di cui ho visto la nascita e il deflagrare in questi anni. La casa è ad ora l’elemento principale che getta nel disagio fasce di lavoratori “normali”, diventando un vero e proprio acceleratore di povertà”.
Acceleratore di povertà, ovvero “elemento di esclusione dalla società, di impoverimento, che è anche produttore di una rabbia sociale che viene riversata non solo verso le istituzioni ma anche verso i sindacati, dal momento che non si riesce a dare risposte. La realtà nuda e cruda è proprio questa: non si riesce a dare risposte”.
I numeri di Firenze, da dieci anni a questa parte, la dicono lunga. “Nel 2014, i numeri erano già importanti – dice Grandi – ma si viaggiava sui 70-80 sfratti con forza pubblica al mese. Ad ora, ci troviamo sui 120-130 sfratti mensili a Firenze. Le risposte, siamo circa al 10% rispetto alle domande di abitazione. Il problema dunque è che all’esplosione della domanda di case, non solo di coloro che si trovano già con la forza pubblica alla porta, fanno la domanda per la casa popolare o chiedono il contributo all’affitto, ma anche di coloro che non rientrano nei requisiti richiesti per queste fattispecie e che dunque si trovano in fasce sociali fino ad ora neppure sfiorate dal problema del reperimento di un alloggio, non è corrisposta la capacità di dare risposta.
Un risposta che, d’altro canto, non è possibile per svariati motivi. “Non si tratta solo di eventuali scelte sbagliate da parte del Comune, di come si è gestita la città, di scelte sbagliate nel ricostruire, riqualificare, di alloggi popolari lasciati vuoti. Dopo dieci anni che mi occupo di questi temi, ciò che salta agli aocchi è la totale disattenzione con cui il tema è stato trattato, tanto da far sorgere il dubbio che sia dolosa. Una voglia di non interessarsi in modo puntuale e concreto di questo tema, una disattenzione che ha fatto sì che ci si ritrovi di fronte a una mancanza totale di risorse che assicurino la possibilità di affrontare e dare risposte al diritto alla casa. Non arrivano soldi per l’edilizia pubblica, risorse che devono arrivare dallo Stato (dal momento che si tratta di un patrimonio che non può essere manutenuto con i soldi delle amministrazioni locali,) perciò non si costruisce più, l’esistente non viene manutenuto, mancano risorse in generale. Per quanto riguarda il social housing, di cui si parla molto in questo periodo, laddove si riesce a costruire ci si ritrova con affitti molto alti. Se mi dovessero chiedere qual è l’assessorato più scottante per la giunta che si sta formando, ecco, direi che è quello alla casa”.
Tornando ai numeri: le famiglie che hanno fatto domanda per la casa popolare a Firenze sono circa tremila. La media di assegnazione, a Firenze, è del 10%, che però ha avuto una velocizzazione negli ultimi tempi, in quanto il Comune ha messo risorse proprie sulle ristrutturazioni degli alloggi vuoti. A questo proposito, è bene sottolineare che la piaga degli alloggi popolari occupati è pressoché inesistente a Firenze, dove il Movimento di Lotta per la Casa ha sempre tenuto una linea di non appoggio nei casi di appartamenti popolari occupati pur da famiglie in indubbia emergenza.
Ma allora, le case, a Firenze, ci sono o non ci sono? Il paradosso è questo, dice Grandi: “A Firenze le case ci sono, per i turisti, non per le persone che la abitano”.
Si introduce così la variabile impazzita e in parte almeno imprevedibile, che ha finito per far saltare tutte le logiche, di mercato e di gestione del bisogno, che erano precedentemente attive: gli affitti turistici brevi.
“Il momento clou di questo meccanismo, è stato il periodo post covid; finite le limitazioni imposte dalla pandemia, il fenomeno è riesploso con una virulenza insospettabile, e ha finito per cannibalizzare l’intera città. Non solo il centro storico. Basta con l’illusione che questo fenomeno sia legato al centro storico; è così esteso che ormai non solo copre tutta la città di Firenze, ma giunge anche all’area metropolitana. Secondo quanto emerso dal nuovo sportello che abbiamo aperto con Progetto Firenze, “Questo condominio non è un albergo”, che aveva lo scopo di far emergere i problemi dei residenti che convivono gioco forza con questi affitti brevi che trasformano l’intero tessuto edilizio cittadino e metropolitano in una sorta di albergo diffuso, abbiamo trovato affitti brevi turistici a Peretola, a Brozzi, a Signa”.
Che c’è di male? Il problema come riportato varie volte su queste pagine, riguarda in buona sostanza la qualità della vita dei residenti, costretti, a scontrarsi con bollette maggiorate non si sa di quanto, con un continuo viavai di sconosciuti a tutte le ore e in tutti i giorni della settimana sulle scale e negli ascensori (la sicurezza evidentemente non vale in questi casi) con mucchi di arredi sudici (lenzuola, federe, coperte, asciugamani, coprimaterassi) sulla porta di casa, con l’usura delle infrastrutture (dall’ascensore a tutto ciò che riguarda i servizi) alla perdita di tranquillità (nessun rispetto per le ore del silenzio, ad esempio), e via di questo passo. Unica risposta ad ora data a qualche proprietario che ha cercato di lamentarsi presso chi potrebbe intervenire (forse), “fate lo stesso anche voi, affittate casa ai turisti e andatevene a vivere in un luogo più tranquillo”.
“Non si tratta “solo ” di qualità della vita – dice ancora Grandi – si sta parlando anche di una questione che ha rilevanza giuridica: se la legge protegge il proprietario nel suo diritto di disporre del suo bene come vuole, che ne è del mio diritto, sempre di proprietario, di godere del mio bene nell’assolutezza della sua disponibilità, il che significa in concreto, senza subire limitazioni di rumore, sicurezza, costi, utilizzo delle parti comuni, e via discorrendo?”. Insomma, qualcosa che non va c’è, in questo meccanismo. La Toscan diventerà dunque un grande albergo diffuso? “La particolarità della Toscana è che tutte le sue città, anche le più piccole, sono ormai affittate in questo modo. Lucca, Siena, Arezzo, la costa. I lavoratori non riescono a ritrovare degli affitti decorosi neppure nella zona, storica, di Massarosa, qualora lavorino nel lucchese.
“Si tratta di una ricchezza che toglie alla città, ma non dà niente al tessuto economico. Inoltre, questo fenomeno ha esasperato la differenza fra ricchi e poveri. Facciamo il caso di una persona che non ha ereditato immobili di famiglia, ma lavori con un buono stipendio, 2mila, 2500 euro, 3mila. Ebbene, questo stipendio a Firenze non è da ritenersi “buono” perché le case hanno prezzi talmente alti che ne divorano buona parte”-.E dal momento che la media si aggira sui 1300, 1500 euro al mese, è evidente la difficoltà per le famiglie “normali”.
Ma cosa si potrebbe fare? “Le solite proposte che non sono poi state concretizzate. Sto pensando ad esempio all ‘agenzia sociale per la casa”. Che tuttavia, è stata tentata anche a Firenze, rivelandosi però un flop totale, due contratti in due anni. Tuttavia, il principio è: come pretendere che, nonostante tutti i benefici fiscali, si accetti di affittare a canone sociale quando si possono guadagnare ben altre cifre con l’affitto turistico?
Una domanda che lascia inquieti, dal momento che neppure il divieto di aprire nuovi affitti turistici in centro emesso dalla vecchia giunta ha colto nel segno, semmai accelerando l’allargamento del fenomeno, in particolare sugli assi tranviari. Non che fosse una novità, dal momento che, come sottolineato da Laura Grandi, erano già emersi affitti turistici nella cintura estrema del Comune; senza parlare di alcuni Comuni particolarmente ben posizionati, come Scandicci.
Fra i punti fondamentali di un eventuale, ipotetica piattaforma per il nuovo assessore alla casa , dice Grandi, “si parte da uno sguardo sempre attento e vigile sul tema edilizia pubblica, perché la sua tenuta non deve essere sottovalutata. Nl nostro territorio questo esiste, non si sa per quanto, ma è necessario salvaguardare in tutti modi questa ricchezza, rafforzando anche le autogestioni, fenomeno solo fiorentino che si è rivelato utilissimo e che deve assolutamente essere portato avanti, pur nel mutamento dei tempi. Dargli gambe per affrontare il futuro. Questo potrebbe essere l’elemento che fa mantenere pace sociale, buoni rapporti evitando ciò che sta succedendo nel resto d’Italia. Inoltre, segnalo la necessità di fare grande attenzione alle assegnazioni. Dare maggior forza agli uffici casa (che stanno vivendo un momento di crisi profonda, ndr), evitando di trasformarli in fortini inaccessibili affidando tutto alla digitalizzazione. I problemi delle persone sono variegati, hanno bisogno di ascolto per essere compresi. Non esiste più solo il caso sociale, Il biglietto da visita di un assessorato è il proprio Ufficio Casa”.
Secondo punto, “quando si parla di rigenerazione della città, molti meno Manifatture Tabacchi e molti più alloggi per le famiglie , social housing che sia veramente social, altre sperimentazioni, che sono state tentate fra pubblico e privato. Ma la priorità vera rimane sempre l’edilizia pubblica”.
Altre proposte, attenzione particolare alla gestione degli sfratti, all’agenzia sociale per la casa, creare un osservatorio fisso sulle questioni abitative fiorentine con riunioni trimestrali per fare il punto della situazione. “Si possono fare tante cose – conclude Grandi – ma le fondamenta del diritto alla casa è e rimane l’edilizia pubblica. Dalla sua tenuta si dipana la capacità o meno di uno Stato di ottemperare al diritto alla casa che si inserisce in quei diritti naturali, assoluti, che hanno a che fare con la dignità dell’essere umano. E che la nostra Carta Costituzionale protegge”.
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