Firenze – Temperature oltre la media di 2,2 gradi, piogge in calo del 52%. La crisi idrica è alle porte, e riguarda tutto il territorio nazionale: se l’Emilia Romgana ha chiesto al Governo lo stato di emergenza, la situazione è preoccupante anche in Toscana ( dove scarseggiano anche i foraggi per il bestiame e crolla la produzione di miele) che, come tutto il Centro Italia, ha visto un rialzo sulla temperatura media di 2,6 gradi, mentre il deficit idrico tocca punte, nel Centro della penisola, dell’85%.
A snocciolare le cifre di quel che si presenta come una vera e propria calamità nazionale, è Coldiretti, che sula base dei dati Ucea ricorda che questo giugno bollente si sussegue a un inverno al terzo posto tra i più asciutti con il 48% di precipitazioni in meno, e una primavera che è stata la seconda più calda dal 1800 ad oggi e la terza più asciutta con quasi il 50% di precipitazioni in meno.
“Il risultato è che l’Italia – sottolinea la Coldiretti – è a secco e scoppia il rischio incendi come dimostra il fatto che sono state già 15 le richieste di intervento aereo alla protezione civile, il numero più elevato degli ultimi dieci anni per il periodo considerato. Caldo e siccità sono un mix esplosivo che – sottolinea la Coldiretti – si somma all’ inarrestabile avanzata della foresta che senza alcun controllo si è impossessata dei terreni incolti e domina ormai con 12 miliardi di alberi più di 1/3 della superficie nazionale con una densità che la rende del tutto impenetrabile ai necessari interventi di manutenzione, difesa e sorveglianza. Nel campi coltivati lungo tutta la Penisola con il grande caldo gli agricoltori – continua la Coldiretti – devono ricorrere all’irrigazione di soccorso per salvare le produzioni, dagli ortaggi alla frutta, dai cereali al pomodoro, ma anche i vigneti e il fieno per l’alimentazione degli animali per la produzione di latte per i grandi formaggi tipici dal grana padano al parmigiano reggiano fino alla mozzarella di bufala”.
Se si passasse a volo d’uccello sulla penisola la situazione emergerebbe in tutta la sua gravità. “I girasoli e il granoturco stanno seccando in Umbria, ma in difficoltà sono anche ampie aree del Lazio dove è già scattata la turnazione su tutti gli impianti irrigui dell’Agro Pontino. In Campania nel Cilento, nell’Alento e nella piana del Sele – denuncia la Coldiretti – ci sono problemi per gli ortaggi e la frutta, ma anche per la mozzarella di bufala perché la mancanza di acqua mette in crisi anche gli allevamenti e i caseifici, mentre in Puglia perdite di produzione, aumento dei costi per le risemine, ulteriori lavorazioni, acquisti di nuove piantine e sementi sono gli effetti della siccità con gravi danni al granaio d’Italia nelle province di Foggia e Bari, dove si riscontra una perdita del 50% della produzione. La siccità in Sicilia non e uno spettro, ma una realtà concreta con gli invasi a secco e la necessità di anticipare l’inizio della stagione irrigua negli agrumeti”.
Cosa si potrebbe fare? “Gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti. Ma – continua Coldiretti – non deve essere dimenticato che l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio e la competitività dell’intero settore alimentare. Di fronte alla tropicalizzazione del clima, se vogliamo continuare a mantenere l’agricoltura di qualità, dobbiamo organizzarci per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi con interventi strutturali che non possono essere più rimandati. Occorrono – conclude Coldiretti – interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, creando bacini aziendali e utilizzando le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere acqua”.