Prato – La situazione delle imprese del distretto Prato Lucca e Pistoia è drammatica perché, secondo gli ultimi dati di Confindustria Toscana Nord, ci sono perdite di valore aggiunto per le tre province calcolate in 88 milioni e un calo di ricavi pari a quattro-cinque volte.
Le domande di cassa integrazione sono già 1.500. E Prato è l’area messa peggio con il 90% di fabbriche chiuse e il distretto tessile-abbigliamento fermo. Si rischia il 40-45% del fatturato e una riduzione che potrebbe arrivare a 25mila addetti.
“Dobbiamo ripartire subito, altrimenti rischiamo di scomparire”, così Roberto Rosati l’imprenditore pratese titolare del lanificio Fortex che ha lanciato pochi giorni fa sulla piattaforma charge.org una raccolta firme #il lavoro è salute.
Un invito rivolto alla città e non solo, soprattutto perché gli appelli degli imprenditori pratesi affinché siano riaperte le aziende erano caduti nel vuoto e c’è invece un urgente bisogno che esse si riavvino e in fretta.
Dello stesso avviso anche i vertici di Confindustria Toscana Nord che in una conferenza stampa via web giovedì 9 aprile hanno sottolineato l’emergenza delle fabbriche a rimettersi in moto, in linea con i protocolli di sicurezza come il distanziamento fino a 1,8 metri e il rispetto delle norme sanitarie ovvero una sanificazione ancora più profonda dei macchinari.
“Guardi – dice Rosati – il mio è stato un appello anche per dare voce ai nostri operai, ai lavoratori, a tutto quel popolo che si guadagna il pane nei capannoni e che chiede a gran voce di poter lavorare. Siamo una unica forza che vuole che partano le macchine pur consapevoli che il momento è difficilissimo. Le soluzioni proposte per l’emergenza ovvero il prestito non risolve perché non si sa se esso potrà essere restituito e la cassa integrazione che comporta l’80% dello stipendio in busta paga ad un operaio non aiuta ad andare avanti dignitosamente.»
Ma c’è un’emergenza sanitaria di proporzioni bibliche…
I focolai Covid sono concentrati nella regione Lombardia e non in Toscana e dunque non si capisce, numeri di contagio alla mano, come un distretto industriale come quello pratese che conta migliaia di addetti nel settore debba fermarsi, anche perché non ci sono più quei presupposti sanitari di emergenza visto che siamo stati ligi alle regole. Non può accadere che il virus esploda nuovamente qui come accaduto nelle regioni del Nord tra gennaio e febbraio.”
Una chiusura totale a cominciare dalle fabbriche lombarde e venete per limitare i contagi.
Però come modello di industria il distretto tessile pratese non ha assembramento, non ci sono catene di montaggio anzi esso vive in spazi larghi; negli uffici ci sono al massimo due persone e poi il messaggio che oggi passa è che se anche un’azienda del territorio fosse riluttante ad acquistare del materiale sanitario – mascherine, guanti, disinfettante, scanner – per proteggere i suoi dipendenti, saranno essi stessi a chiederli, anzi a pretenderli dal loro datore di lavoro. Il virus ha sviluppato in noi tutti una consapevolezza e soprattutto una nuova coscienza che si basa sul rispetto delle persone.
Dunque è necessario riaprire…
Sì è fondamentale. Siamo in attesa del messaggio di Conte sabato santo, e speriamo che nel decreto ci sia data la possibilità di riaprire martedì mattina. L’ho anche detto al Sindaco di Prato Matteo Biffoni, sensibilissimo al tema, che devono ripartire tutte le aziende, non solo alcune e pure i negozi. Perché se si privilegia la sola apertura delle ditte esportatrici,senza che riapra l’intera filiera produttiva ció non avrebbe alcun senso. E questo è quello che pensiamo dai vertici agli associati di Astri, Confidustria, Confartigianato e Confcommercio, unitamente ai lavoratori. Il mio pensiero è: Lasciateci Lavorare! Ed esso è il sentimento della categoria degli imprenditori. Una categoria che è diventata in questo momento la portavoce della rabbia dei dipendenti che non vogliono stare a casa. Bene gli aiuti: liquidità e cassa integrazione ma non sono provvedimenti che ora occorrono. Forse la pensa così chi ci governa ritenendo di guadagnare qualche mese di tempo senza sapere però che alla fine ci troveremo seduti tutti sulle macerie.
Foto: Roberto Rosati