Gli incontri dello Stensen: il giornalista, servo del dubbio

Se mi permettete l’espressione, il giornalista è infatti il detective del dubbio:  il suo approccio parte dal mettere in dubbio ciò che l’interlocutore, la fonte o il documento, cerca di presentare come verità o comunque come una parte di verità sulla quale non si chiede discussione, ma si vuole che sia accettata e trasmessa all’opinione pubblica.
Il suo strumento è il dialogo e l’interrogazione  e l’ obiettivo è appunto quello di mettere in evidenza incongruenze, contraddizioni o falsità,  sottoponendo al vaglio critico tutto ciò che viene affermato. E’ dunque il giornalista colui che dovrebbe disvelare ciò che le tecniche più manipolative della comunicazione utilizzano: come il postulato, tante volte messo in pratica in questi anni di declino della nostra democrazia, che afferma che una falsità ripetuta tante volte in televisione diventa alla fine una verità nella testa dei telespettatori.

Il giornalista dovrebbe essere  invece un servo del dubbio:  il suo compito è quello di dubitare sistematicamente delle sue certezze e dei suoi pregiudizi e passare al vaglio  tutto ciò che gli viene suggerito, partendo da un dato di fatto: altri vorrebbero che si facesse messaggero dei propri interessi.
Non è un lavoro facile e tutti abbiamo sott’occhio un genere di giornalismo apodittico e dogmatico così come abbiamo l’esperienza di un giornalismo acritico, “in ginocchio” come si dice nel nostro gergo.

In questo senso, ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano, anche nell’era di Internet quando ciascuno ha la possibilità di trasmettere a un numero x grande a piacere di persone le proprie convinzioni, la propria versione senza mediazione alcuna, è sempre più necessario che ci sia un agente del dubbio. Mi pare questa  una definizione che completa e rende, diciamo così, operativa quella storica del giornalista cane da guardia della democrazia che troppo spesso diventa cane da caccia di quello o l’altro cacciatore interessato.

Come accade in internet, se due versioni si confrontano considerandosi ciascuna espressione di verità, non ci può essere un terreno comune sul quale trovare un punto di incontro: spetta dunque a un terzo soggetto, il giornalista, analizzare le due versioni per costruire la base che trasforma due persone che sostanzialmente parlano a se stessi, in due  interlocutori .
Al dibattito partecipano due professionisti come Giampiero Gramaglia che  ha percorso tutta la sua carriera nella principale agenzia di stampa italiana, l'ANSA e Armando Massarenti, che dirige, all'interno del Sole 24 Ore, il supplemento culturale.

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