Il tribunale di Kinshasa ha condannato oggi all’ergastolo tutti e sei gli imputati accusati di omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra, per l’assassinio dell’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio, ucciso in un agguato da un commando armato il 22 febbraio 2021 insieme al carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e all’autista del World Food Programme, Mustapha Milambo.
Nel processo la pubblica accusa aveva chiesto per loro la pena di morte, mentre lo Stato italiano la condanna alla carcerazione in alternativa pena capitale. A conforto di quest’istanza si era mossa anche la Fondazione Mama Sofia, presieduta da Zakia Seddiki Attanasio, che valorizza la diffusione di valori di pace, giustizia e solidarietà tra i popoli per una cultura della integrazione, della legalità e della non violenza, e che a fine marzo aveva promosso una raccolta firme per dire “No alla pena di morte” nel processo di Kinshasa.
“Perchè, – così dichiarava Zakia Seddiki Attanasio, -Luca era un uomo buono, mosso da profonde motivazioni umanitarie e di elevatissimi ideali ed era assolutamente contro la pena di morte. Ne avevamo parlato spesso e desidero testimoniarlo ora, di fronte a questa richiesta di condanna alla pena capitale”. E oggi, non appena appresa la notizia della condanna all’ergastolo del commando omicida, la moglie dell’Ambasciatore Attanasio,ringraziando le persone, gli Enti e le Istituzioni che le sono state accanto in questi difficilissimi mesi, ha dichiarato: “Conoscere finalmente la verità è un sollievo. Ma soprattutto questa è una sentenza che dice no alla pena di morte e sì alla vita. So che Luca avrebbe voluto così ed anche se lui non è più accanto a me e alle bambine non ci sarà più dolore su dolore nè sangue su sangue”.
In foto l’ambasciatore Attanasio con la moglie Zakia Seddiki