Diciannovesima edizione, domenica 25 agosto al Parco Castello Pasquini di Castiglioncello (Livorno) del Premio Cultura Politica Giovanni Spadolini . A riceverlo sarà, quest’anno, il celebre regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore Pupi Avati. Il premio fu istituito da Spadolini quando era ministro della cultura ma quest’anno cadrà in un’atmosfera particolare. Surriscaldata dall’ imminente lunga e ampia celebrazione, annunciata per il 2025 ma in realtà già anticipata, del centenario della nascita del poliedrico professore, pensatore e uomo pubblico fiorentino che fu docente universitario, giornalista, storico, politico considerato come bandiera del pensiero laico e liberale dell’Italia di quei tempi.
Il premio sarà consegnato nelle mani di Avati dal sindaco di Rosignano, Claudio Marabotti, e dal presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Cosimo Ceccuti, che di Giovanni Spadolini è considerato il massimo interprete e referente: per esserne stato fedele, entusiasta, rispettoso e intelligente collaboratore durante sessanta anni.Trent’anni, di vita fianco a fianco, da quando, ventenne studente universitario, Ceccuti iniziò la collaborazione con lo Spadolini – professore , di cui fu prima allievo e poi, dal 1965, assistente (d’altra parte la cattedra di docente di storia contemporanea alla fiorentina facoltà di giurisprudenza della Cesare Alfieri fu, come spiega Ceccuzzi, “la carica cui Spadolini tenne di più tanto che ne conservò sempre la titolarità anche quando diventò il primo presidente del Consiglio laico della Repubblica italiana. Si sentiva prestato alla politica ma la sua passione era la ricerca”) fino alla morte del maestro nel 1994. E altri trenta dopo, conservando e diffondendo vivamente e rispettosamente il lavoro e la memoria che Spadolini gli aveva affidato già in vita nominandolo segretario del vastissimo archivio della Fondazione Spadolini Nuova Antologia di cui ora è presidente.
Intanto, su iniziativa del ministero della cultura e della Fondazione Spadolini Nuova Antologia si lavora a ritmo serrato alle celebrazioni del 2025. Mostre, incontri, celebrazioni culturali e politiche, digitalizzazioni. La più ponderosa delle imprese sarà, spiega Ceccuti, la grande mostra in tre parti, la prima delle quali inaugurata con largo anticipo già nel dicembre 2023 e proseguita quest’anno. “Lo scopo – spiega Ceccuti – è raccontare la vita di Giovanni Spadolini attraverso le immagini, i documenti, gli oggetti che lo hanno accompagnato per sessantanove anni, dalla nascita il 21 giugno 1925 alla morte il 4 agosto del 1994, per mostrare l’aspetto, oltre che pubblico, anche più intimo e umano dello studioso e statista fiorentino. La decisione di dividere l’impresa in tre mostre diverse e successive e di partire già in anticipo sul centenario dipende anche dal fatto che il materiale è immane mentre la biblioteca fiorentina della Fondazione al Pian dei Giullari è di dimensioni ridotte e non potrebbe contenerlo tutto insieme”
La prima parte ha come chiave l’infanzia e la formazione di Spadolini, “dalla nascita nel 1925 fino alla laurea in giurisprudenza nel novembre del 1947”, spiega Ceccuti. Una formazione, a testimonianza della quale non mancherà neanche la prima pagella del brillante studente, basata sui valori laici, liberal-democratici e repubblicani e in cui aveva avuto un ruolo importante anche una famiglia unita, vasta, affettuosa, operosa. Una stretta rete che andava dai nonni, i genitori, con il padre Guido pittore macchiaiolo, gli zii, la schiera dei cugini. La seconda parte, nel 2025, riguarda il ricercatore, lo scrittore di tanti libri, e il giornalista, dal Messaggero al Mondo di Pannunzio, la direzione de Il Resto del Carlino prima e del Corriere poi. Senza contare la storica direzione della rivista Nuova Antologia che Spadolini riporto’ a Firenze dove era nata, da Roma dove era stata trasferita. Ora ne è direttore Ceccuti. Diresse i quotidiani, ricorda Ceccuti, in un periodo infiammato in cui si prese anche un sasso durante una manifestazione, al grido dello slogan “Agnelli Pirelli ladri gemelli”, sotto il Corriere, considerato dalla contestazione il giornale di Confindustria e della ricca borghesia .
Continua Ceccuti: “Spadolini ebbe incarichi importanti di giornalismo in un momento difficile, ai tempi di piazza Fontana, del terrorismo nero e della contestazione. Tutti temi che affrontò con grande serietà e impegno. Lui che, al contrario e prima di molti altri, aveva capito che la contestazione non era un gioco su cui scherzare ma un fenomeno complesso, tanto che da direttore mandò il suo giornalista Enzo Bettizza in America a intervistare Herbert Marcuse. Venne perfino denunciato insieme un altro dei suoi collaboratori, Indro Montanelli, per avere quest’ultimo scritto che l’insediamento industriale di Porto Marghera avrebbe distrutto Venezia. Come poi è puntualmente successo”.
La terza parte della grande mostra si allungherà per via delle proroghe fino al 2026 – 2027, e affronterà invece l’uomo politico e istituzionale. “Non solo fu segretario del partito Repubblicano ma ebbe una quantità di incarichi istituzionali, da senatore, a ministro della cultura – ma si chiamava allora ministero dei Beni culturali – , ministro della pubblica istruzione, ministro della difesa, fino a presidente del consiglio, nominato da Pertini”. Il primo presidente laico della Repubblica, ricorda Ceccuti: “È vero che c’era stato Parri nel ‘45 , ma allora non c’era ancora la Repubblica. Dopodichè ci furono De Gasperi e la Democrazia Cristiana”. Tranne l’eccezione del repubblicano Spadolini che però, essendo un convinto dialogatore, riuscì da laico a ottenere ciò che gli altri, pur religiosi, non avevano mai ottenuto. Fu il primo a ricevere i ringraziamenti del papa, che era Giovanni Paolo II, di fronte alle consuete congratulazioni che tutti i presidenti mandavano a ogni papa eletto che però non rispondeva mai. ‘Il Tevere si è allargato’ , disse e la frase è rimasta”.
D’altra parte anche come studioso Spadolini aveva una particolare attenzione ai rapporti Stato-Chiesa, ricorda Ceccuti, il pupillo che però il maestro non portò mai con sé in politica. “Me ne preservò – spiega il presidente della Fondazione – perché come ho detto si sentiva prestato alla politica, il suo vero interesse era la ricerca. Anche il suo modo di fare politica era una ricerca: quella sul metodo di farla in Italia che secondo lui si doveva concentrare sul senso dello Stato, l’interesse generale al di sopra del particolare, quello dell’interesse della nazione prima che del partito di appartenenza. Era uomo del dialogo convinto, non a caso il pentapartito nacque con lui. Era convinto che si dovesse trovare sempre un punto di convergenza cercando per ognuno il punto massimo a cui potesse arrivare. Non come oggi quando invece si ragiona con i missili e le conferenze sono già morte prima di nascere”. Ma anche intransigente: “Non a caso, nel caso Moro, che pure era suo amico, Spadolini fu del partito dell’intransigenza. Con il terrorismo, non ci si confronta, pensava, niente trattativa con le Brigate rosse. Con il terrorismo vinse, con la mafia non ce la fece”.
Bene. Questa l’ossatura delle tre mostre. Ma di iniziative per il centenario ne vedremo varie altre. Se ne occuperà il Comitato nazionale che il ministero sta mettendo a punto insieme alla Fondazione e che sarà cosa fatta entro fine anno . Il presidente sarà Ceccuti, il numero massimo dei partecipanti verrà limitato a trentacinque persone per non intasare le riunioni e l’esecutività del programma. Tra questi, il presidente della Fondazione sta individuando allievi di Spadolini e personalità di spicco, tra cui per esempio sono già cooptati Mario Monti, Giuliano Amato, Gianni Letta, Ferruccio De Bortoli. Ma aderiranno e collaboreranno numerosi altri soggetti italiani e esteri, dalle università ai Comuni, le associazioni, il Senato, il Quirinale. Come prevede Ceccuti che anticipa: “Tutto farà capo al centro di coordinamento del comitato nazionale. Io spero anche in un francobollo per i collezionisti. Dopodichè puntiamo molto sul digitale. Vorremmo digitalizzare gran parte dell’archivio e renderlo così accessibile a tutti. Abbiamo valanghe di nastri di interviste, interventi, incontri, per non dire delle infinite foto pubbliche e private che altrimenti temiamo vadano perse”.
In foto Giovanni Spadolini