Giovani sindaci: ritratto di Luca Benesperi, sindaco di Agliana

Agliana – La “fluidità” che caratterizza il tempo in cui viviamo, sta lentamente portando alla deriva rappresentazioni ideologiche finora consolidate. I concetti stessi di “destra” e “sinistra” vanno ridefinendosi, certo non per il loro significato storico ma certamente seguendo un profilo più duttile, che asseconda inconsueti contorni culturali e ne stabilisce diverse modalità identificative, derivanti dai nuovi orizzonti che si prospettano nella stessa organizzazione sociale, intorno a concezioni ideologiche condivise e finora facilmente riconoscibili.

Nell’organizzazione sociale l’apparato amministrativo rappresenta a qualunque livello il nodo nevralgico di scelte politiche, ponendosi quindi quale indicatore ideale per comprendere le modalità di cambiamento legate all’idea stessa di “cosa pubblica”.

È con questa chiave di lettura che abbiamo intervistato Luca Benesperi, la sua idea di “essere amministratore” di un bene pubblico. Nato nel giugno 1985 a Pistoia, dal giugno 2019 è Sindaco del Comune di Agliana (conta circa 19.000 abitanti) dopo un “apprendistato” decennale come Consigliere di opposizione, e comunque orientato a superare ogni tipo di barriera ideologica, allo scopo di collocare il cittadino al centro delle azioni, soggetto principe dell’azione amministrativa.

Benesperi dà molta importanza allo studio, alla competenza che richiede innanzitutto a se stesso convinto che la politica non sia una professione, ma che – proprio per il rispetto che le si deve – sia necessario svolgerla con professionalità. In questo senso il suo curriculum parla per lui: laureato in giurisprudenza nel 2012 con il Prof. Fioravanti, discutendo una tesi – fra l’altro pubblicata e presentata con convegni in scuole e università – su Filippo Mazzei da Poggio a Caiano e il contributo che dette alla formazione degli Stati Uniti d’America, ha svolto il praticantato acquisendo l’abilitazione alla professione di avvocato. La passione per lo studio nel 2020 – quindi già Sindaco – lo riporta sui banchi dell’Università per la seconda laurea magistrale, con il Prof. Alessandro Pagnini correlatore, discutendo una tesi in filosofia teoretica sulla comunicazione ai tempi del Covid, con l’obiettivo di capire come il concetto di “verità” cambi a seconda di chi e di come si comunichi un’informazione.

Lo caratterizza, quindi, un’impostazione culturale ardua, che ne definisce la personalità portata alle sfide, che ama affrontare con la pacatezza di chi ragiona senza alzare i toni bensì privilegiando il ragionamento logico, il pragmatismo al mero impeto emotivo, forte comunque di propri strumenti ideologici, cui attinge senza però lasciarsi immobilizzare.

Come si colloca nell’arco degli attuali schieramenti partitici?

Vengo da una famiglia di democristiani e la mia è la deriva naturale di chi da sempre, convintamente, è antifascista e anticomunista. Mi sento, se proprio vogliamo semplificare, un liberale cattolico non troppo vicino a quella che si può definire la destra storica, ma certamente non sono uomo di sinistra. Su tanti argomenti, pur vicino al mondo curiale sono molto laico, o comunque cerco di valutare gli argomenti con pragmatismo, mai su base ideologica o per ordini di scuderia. In fondo oggi sono saltati tutti gli schemi novecenteschi, ed è molto difficile definirsi di destra o di sinistra. Credo, piuttosto, che un politico capace – e con questo non sto dicendo di esserlo io! – sia il politico concreto, che riesce a stare sui problemi, e liberandosi da qualunque steccato cerca di risolverli. Un certo tipo di impostazione politica era propria di un mondo che aveva direttrici e punti di arrivo molto lontani: in un mondo come l’attuale, dove gli stop-and-go sono quotidiani, resta difficile programmare a lungo termine. Viviamo in un periodo che cambia ora dopo ora, dove il locale è fortemente condizionato anche da eventi internazionali, quindi una sorta di trasformismo diventa virtù necessaria, naturalmente se declinata nel senso di intelligente duttilità che sa vedere e dare risposta ai cambiamenti della comunità.

Che risposte sente di aver dato, a oggi, in modo costruttivo e quali progetti si aspetta di portare a termine prima della fine del suo mandato, nel maggio 2024?

È necessaria una piccola premessa. Prima di diventare Sindaco, per quasi 10 anni sono stato consigliere di opposizione, e quando sono arrivato da questo lato della scrivania mi sono reso conto che tutto cambia: chi fa opposizione non ha l’obbligo e la necessità di far tornare i conti, chi amministra sì. Essere all’opposizione permette anche di fare retorica per sollecitare il plauso dei cittadini, quando sei ad amministrare non puoi sbilanciarti più di tanto. Da Sindaco ho dovuto mettere un po’ a riposo la frenesia, perché affrontare la macchina pubblica, con i suoi tempi, impone di rivedere i programmi e – al politico – di acquisire l’umiltà necessaria a saper limitare il proprio operato, rendendone conto ai cittadini. Credo che la virtù migliore di chi si occupa della cosa pubblica sia anche saper chiedere scusa, o ammettere che alcune cose promesse in campagna elettorale non è possibile realizzarle.

Chiarito questo, vado molto orgoglioso, se devo fare un esempio su tutti, della nuova scuola elementare, che dopo decenni stiamo costruendo con risorse tutte comunali. Ne vado particolarmente orgoglioso perché non è “solo” un edificio scolastico, bensì rappresenta un elemento di un ben più articolato piano urbanistico rivolto ai giovani. Grazie a un’offerta formativa molto valida – per la quale ringrazio insegnanti e dirigenti didattici – accogliamo studenti provenienti anche da Comuni limitrofi, quindi contiamo una popolazione scolastica molto ampia. Il nostro è un progetto che ricalca un po’ la concezione americana del college: l’obiettivo è creare una “cittadella della cultura e dello sport” con al centro la nuova scuola che sarà, appunto, edificata accanto agli istituti superiori, al palazzetto dello sport, dove passa una pista ciclabile e dove si trovano gli impianti sportivi di calcio e atletica. Un ragazzino esce da scuola e, a piedi, raggiunge il parco, il palazzetto, il campo da tennis e quello sportivo, il tutto in una striscia di terreno che è la più bella di Agliana: siamo davvero contenti di questo progetto che speriamo di vedere concluso entro la fine del mandato. La scuola dovrebbe diventare operativa da settembre 2024, con la previsione di ampliare la struttura anche alla materna, nella striscia di salvaguardia già prevista nel progetto, grazie ai fondi del PNRR.

A proposito della sua esperienza come consigliere di opposizione, considera che debbano esserci dei passaggi da “praticante” per fare buona politica?

Ha toccato un tasto che a me preme molto, e che meglio non potrei esprimere se non ricordando le parole pronunciate da Mino Martinazzoli nel lontano 1987: «Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì

C’è molta impreparazione, e purtroppo molti arrivano a posti di rilievo senza sapere come funziona la macchina amministrativa. Non è pensabile – per un assessore, capogruppo, presidente di commissione… – non conoscere la differenza fra una delibera di giunta e una delibera di consiglio, o cosa sia il principio di competenze di cassa di un bilancio pubblico, o come funziona una società partecipata e via dicendo. Molta responsabilità in questo ce l’hanno i partiti leaderistici che esibiscono la faccia del candidato premier o governatore sui manifesti elettorali, esimendo i candidati dal cercarsi i voti. Prima si andava nelle sezioni della DC o del PCI o di qualunque altro partito, dove era il simbolo a incarnare un’ideologia: i singoli candidati erano votati per la fiducia che sapevano dare agli elettori. Le tanto vituperate preferenze erano invece un argine ai cambi di casacca, perché i candidati erano legati ai territori e ai collegi da cui provenivano e nei quali avevano ottenuto la fiducia degli elettori. Oggi, che l’80-90% degli eletti è trascinato dal rimorchio dei leader, si sentono quasi esentati oltre che dal rendere conto agli elettori dal dover studiare, approfondire.

Io, e lo rivendico con orgoglio, sono sempre stato eletto con le preferenze, piazzandomi fra i primi: a 20 anni mi candidai con Popolo delle Libertà – unica tessera che ho mai avuto, e dove da poco era confluita Forza Italia – e presi 200 preferenze, fui il primo degli eletti passando avanti anche ai vecchi assessori DC o PCI. Ma mi davo da fare, e ho imparato: quando mi sono ritrovato a fare il Sindaco non ero proprio digiuno della macchina comunale, sapevo a grandi linee come funzionava. Questo a molti manca, e la grande improvvisazione che si trova a ogni livello della politica ne è la conseguenza.

Il disamore dei cittadini verso la politica è l’altra conseguenza: quando a fine anni Novanta iniziai a fare politica, ricordo che c’erano tante persone a vedere i Consigli, ora non viene più nessuno, neppure quanto si vota il bilancio, che è l’atto in cui si delinea la vita della comunità. Però, aggiungo, poi nessuno è autorizzato a lamentarsi per come vanno le cose: se deleghi sempre è inevitabile che il gioco andrà al ribasso.

Purtroppo tutto oggi è proposto come “format”: contano i social… TikTok… gli spin-doctor più dei contenuti! I discorsi sono studiati coi responsabili marketing, che ti dicono come mettere il cellulare per prendere più “like”… Io sono lontano da tutto questo, credo troppo nello studio, nell’approfondimento e ho investito in questo. Forse sbagliando, per carità!

Il passo prossimo, dopo da Sindaco?

Rispondo con una frase fatta, ma che fatta non lo è: mi sento davvero prestato alla politica, sono diventato Sindaco nel momento in cui credevo di smettere, perché dopo 10 anni da Consigliere volevo fare quello che mi piacerebbe, insegnare. Poi mi sono lasciato convincere da chi mi ricordava il percorso politico fatto, bello e importante, aggiungendo a questo che il centro destra aveva bisogno di una figura un po’ slegata dai soliti schemi e trasversale. Ho accettato, considerando che nella peggiore delle ipotesi avrei fatto come i miei predecessori… invece, al ballottaggio abbiamo vito per 279 voti. Cosa farò dopo? Non lo so, ma certamente non vivo il futuro politico con l’ossessione della rielezione. Qualunque cosa succederà, ora voglio finire il mandato poi, al momento opportuno, vedremo.

Ho sempre pensato a portare avanti il mio ruolo con senso di responsabilità e concretezza: per abitudine non mi esprimo sui grandi temi – intendo nazionali e internazionali – perché ritengo che un amministratore locale debba essere concentrato sulle cose che può tentare di risolvere. Certamente ho la mia opinione, ma come Sindaco non ho bisogno di manifestarla.

Qual è il senso della sua missione politica?

Per me la politica è una grande passione, e gestisco il mio ruolo di Sindaco come se dovessi amministrare casa mia: mi assicuro che il riscaldamento sia spento quando esco, e se c’è bisogno penso anche ad annaffiare le piante del mio ufficio. Gestisco la cosa pubblica con oculatezza perché voglio bene alla mia terra e faccio il Sindaco per poter migliorare il posto in cui sono nato: una strada nuova, tagliare l’erba, un marciapiede da asfaltare… posso migliorare la vita dei miei concittadini. Alcuni mi chiedono cosa farei se mi chiamassero in Parlamento: probabilmente ci andrei, ma credo che votare una legge nazionale o partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica non mi darebbe maggiore soddisfazione rispetto al riuscire a costruire la scuola o realizzare un giardino per i miei figli.

Cittadini e cittadine: il suo è un Comune con larga presenza femminile nei “posti di comando”.

È vero, ad Agliana comandano le donne! Tre Assessori (Katia Gherardi, Greta Avvanzo e Giulia Fondi), la Presidente del Consiglio Comunale Milva Pacini e la Presidente della Commissione Ambiente Francesca Biagioni, incaricate di ricoprire ruoli per i quali hanno meriti e competenze, una scelta che premia le capacità andando oltre il genere o le quote rosa. D’altronde lo stesso discorso vale per tutti i ruoli, assegnati sulla base della preparazione nelle specifiche materie.

Per questo ho un sogno: una scuola di formazione dove con docenti, amministratori, si possa davvero studiare la politica. Mi sono accorto, anche pagandolo sulla mia pelle, che non c’è peggior cosa in politica dell’impreparazione. Come diceva Benedetto Croce «Il politico onesto è il politico capace»: ecco, vorrei ci fosse un luogo in cui si imparano le capacità necessarie a governare bene, a qualunque livello.

In foto Luca Benesperi

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