Nel maggio scorso, fu Save the Children a gettare l’allarme, e a mettere nero su bianco un dato che, considerando che l’Italia dovrebbe essere nel novero dei paesi occidentali con un buon livello di benessere, ha del clamoroso: riferendosi ai dati Istat, sottolineò che nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta più elevata si riscontra tra i minori di 18 anni: il 14% di bambini, bambine e adolescenti sono poveri, 1 minore su 7. Ogni sette bambini, uno è povero; ma non povero a livello educativo – oppure perché non può fare ginnastica, anche se questi sono, considerata l’età, diritti per tutti i bambini – per dirla da specialisti, povero assoluto. Accanto al dato Istat sui bambini, Save the Children rese noti anche i dati, propri, che riguardano una fascia particolare d’età, quella fra i 15 e i 16 anni. Ecco i numeri: in Italia, quasi un adolescente su 10 si trova in condizioni di grave deprivazione economica. Quanti? Circa 108 mila adolescenti tra i 15 e 16 anni.
Allargando lo sguardo, che sia la povertà a dilagare è ormai un dato assodato. Le crisi che si sono susseguite negli anni Duemila prima e la pandemia poi, hanno recato ferite al tessuto sociale che non si è mai riusciti a rimarginare, nonostante l’argine che per un certo periodo pose il reddito di cittadinanza, spazzato via dalle nuove politiche della Destra che ha cancellato anche i contributi per l’affitto, scordando che è spesso la casa uno dei divoratori di reddito più forti per le famiglie, insieme alla spesa alimentare. Molto dopo, e spesso neglette sono le spese sanitarie. Per ultime, in ordine di priorità quando il reddito non c’è, quelle di formazione e culturali.
Ma la nuova via che ha preso la povertà investe in pieno i più giovani, corrodendo, insieme alle possibilità di fare emergere le loro potenzialità, anche il futuro del Paese. Tornando ai numeri, ecco quelli, aggiornati, di OpenPolis: se la povertà assoluta, secondo la definizione dell’Istat, significa essere sotto la soglia di spesa del paniere che comprende beni e servizi che in Italia sono giudicati essenziali (casa, salute, vestiario), nel nostro Paese si sta assistendo negli ultimi vent’anni, all’allargamento generale della categoria: nel 2005 erano in povertà assoluta il 3,3% dei residenti in Italia; nel 2017, erano giunti all’8%, nel 2021 avevano superato il 9%. In numeri assoluti, il balzo è stato da 1,9 milioni nel 2005, a circa 5 milioni tra 2017 e 2018, per poi, dopo la pandemia, passare a 5,6 milioni nel biennio 2020-2021. Infine, dopo una profonda revisione metodologica effettuata per rendere la misurazione più accurata, arriviamo nel 2023, secondo le stime dell’ottobre 2024 di Istat, ad avere in Italia 5,7 milioni di poveri assoluti, che sono il 9,7% dei residenti nel nostro Paese. Degno di nota il fatto che dal 2022 al 2023 i dati della povertà assoluta sono stabili, mentre cresce, seppur lievemente, il numero della povertà relativa individuale, che tocca quasi 8, 5 milioni di individui.
Se queste sono le cifre generali, la musica cambia, e in peggio, quando si va ad analizzare la povertà assoluta minorile. Nel 2023 il 13,8% dei minori di 18 anni si è trovato in povertà assoluta, ma in alcuni strati di popolazione si giunge a sfiorare il 15%, su una media generale del 9,7%. In numeri assoluti, si tratta quasi di 1,3 milioni di persone. All’interno della fascia dei minori in povertà assoluta si distinguono ampie differenze: secondo quanto attestato da OpenPolis sull’elaborazione Istat dell’ottobre scorso, nei bambini con meno di 3 anni l’incidenza della povertà assoluta è pari al 13,4%; supera il 14% tra i 4 e i 13 anni e si riassesta al 12,7% tra gli adolescenti di 14-17 anni.
Tirando le fila, appare evidente che le crisi che hanno scosso il mondo a partire del 2000 hanno indotto non solo una crescita della povertà generale, ma per l’Italia in particolare hanno anche cambiato un trend che sembrava destinato a stabilizzarsi, ovvero la composizione della povertà. Infatti, se nel 2005 gli anziani sopra i 65 anni rappresentavano la fascia di età che più spesso cadeva in povertà assoluta, ora si verifica il contrario, vale a dire, è al diminuire dell’età che aumenta l’incidenza della povertà assoluta: se nel dato del 2023 fra i minorenni la quota di poveri si attesta al 13,8%, tra 18 e 34 anni è all’11,8%, tra 35 e 64 anni è del 9,4%, sopra i 65 scende al 6,2%.
Un quadro inquietante anche per altri motivi. Tralasciando il fenomeno delle culle sempre più vuote, è da sottolineare un altro dato che lascia poche speranze per il futuro: in assenza di politiche regolatrici rispetto all’accesso alla formazione superiore (borse di studio, tasse agevolate, residenze studentesche davvero tali, incentivi della mobilità con sgravi dei biglietti per gli studenti, taglio della leva fiscale per famiglie con studenti…. continua a valere la radice principale della diseguaglianza socio-economica, ovvero che la povertà si eredita. In Italia, come scrive Eurostat, il 34% dei cittadini avverte questo ostacolo, rispetto a una media europea pari al 20%. Secondo l’analisi compiuta da Eurostat, l’Italia si trova terz’ultima in Europa quanto ad ascensore sociale. Davanti solo Bulgaria (al primo posto) e Romania. Secondo i dati dell’Istituto di statistica europeo, la situazione finanziaria nel periodo infantile della famiglia, potrebbe largamente segnare la situazione finanziaria dell’età adulta. Naturalmente, in mancanza di politiche adeguate a colmare il gap. In Danimarca, il gap fra famiglie povere e benestanti riguardo al futuro dei loro figli è stato pressoché azzerato.
Foto di Luca Grillandini