Giotto è in mostra a Milano, a Palazzo Reale fino al 10 gennaio 2016.
Io, di Palazzo Reale, diffido sempre. Negli ultimi anni ha proposto mostre poco sostanziali e sostanziose, offrendo grandi eventi della pittura completamente deprivati di percorsi scientifici che facessero, delle mostre, qualcosa di più dell’accostamento di capolavori.
Mi rendo conto che possa sembrare un dettaglio, una fighetteria.
E invece fa la differenza. Il grado di piacere che il visitatore può provare ad una mostra è direttamente proporzionale, almeno per metà del valore, a come è costruito il percorso espositivo, alla storia che viene raccontata.
Di documentari sulla storia dell’arte ce ne sono tanti. Però se la vicenda ce la racconta Philippe Daverio o se gli scavi romani ce li fa vedere Alberto Angela l’impressione (e la curiosità!!) che ne abbiamo alla fine e tutt’altra.
E in queste cose qui spesso Palazzo Reale ha latitato molto, privilegiando un nome, un’opera, al percorso. Non che non abbia pagato. Probabilmente in fatto di numeri la strategia ha funzionato. Più discutibile il contributo generale alla cultura italiana.
E dopo quanto detto mi rimangerò tutto.
La mostra in corso su Giotto recupera infatti solo in parte questo gap esperienziale, non raccoglie un percorso, non racconta una storia.
Però riunisce nella stessa sede espositiva le principali pale d’altare dell’artista su cui si basa il giro di vite della storia dell’arte italiana e quindi europea tutta.
Raccoglie alcune delle migliori esperienze pittoriche dell’artista che per primo ha intrapreso quel percorso che ha radicalmente cambiato la percezione della rappresentazione di figura.
Una decina di sale, poche opere per ognuna di esse e l’emozione unica di contemplare quei dettagli finissimi, quelle scelte intelligentissime.
Ora: se mai esistessero le risorse e la volontà per pensare una mostra su Giotto comme il faut oggi, sarebbe un’altra mostra. Che del genio di Giotto, saprebbe ricostruire non solo il contesto (i geni molto, moooolto difficilmente vengono da nulla… c’è un ambiente che li alimenta) ma anche la sua reale diversità, la cifra del suo cambiamento che risulti lampante dal confronto.
La meraviglia di trovarsi davanti a queste pale non sazia, anzi aumenta la fame e la curiosità e da sola non spiega. Illustra, forse.
E quindi, per strappo alla regola, solo perché riunire tutte quelle opere di Giotto è di per sé un’esperienza encomiabile, la mostra va vista.
Anche se di Milano continuerò a non fidarmi.