Firenze – La Toscana ricorda le vittime delle foibe, l’esodo degli italiani dall’Istria, dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia ma soprattutto la storia complessa di un confine difficile senza la cui conoscenza non è possibile comprendere tutto quello che poi è successo.
E’ quello che accadrà mercoledì 10 febbraio con la diretta streaming che potrà essere seguita, dalle 9.30 alle 11, all’indirizzo www.regione.
Di qua e di là da quel confine ciascuno visse nel Novecento, in anni diversi, il suo dramma e patì la sua violenza. Chi aveva ragione? “Ognuno pensava di averla” rispondeva uno studente l’anno scorso, nel 2020, al termine della seconda edizione del viaggio con le scuole, venticinque istituti e cinquanta ragazze e ragazzi, organizzato dalla Regione. “Troppi interessi da parte delle nazioni – raccontavano gli studenti – Non fu un bel periodo per nessuno”.
Storie diverse, prospettive che si incrociano. E da quel viaggio di un anno fa, raccontato attraverso una mostra virtuale web (https://viaggiosulconfine.weebly.com/) imposta dai tempi, riparte la Regione Toscana per celebrare il “Giorno del ricordo”, mettendo insieme conoscenza ed emotività, le orecchie rivolte come sempre ad un mosaico di voci: col vedere e l’ascoltare tutti per capire, che sono poi gli stessi ingredienti delle iniziative sulla memoria della Shoah e della deportazione nei campi di sterminio nazisti.
Per gli storici un parallelo tra foibe e Shoah è impossibile, perchè “non fu pulizia etnica né genocidio” come spiegava nel 2020 Franco Ceccotti. Ma le violenze ci furono e i crimini anche, sono nei fatti. E quelle violenze vanno conosciute per provare a capire. Così, se un confine è una linea che sempre separa, la Toscana con le iniziative organizzate ogni anno ha voluto provare ad attraversarla quella linea, ricomporre le storie di qua e di là (anche quelle scomode) e confrontarsi, appoggiandosi alla ricerca storica e alla memoria.
E’ quello che accadrà di nuovo il 10 febbraio 2021, sullo sfondo del viaggio dell’anno scorso e in attesa del prossimo: cinque giorni allora lungo il confine orientale italiano per riannodare le fila della storia e della memoria tra contrapposte paure, dal sacrario di Redipuglia dove sono sepolti i caduti della Prima guerra mondiale a Trieste e a Gonars, da Basovizza a Fiume, ascoltando storici e archivisti, incontrando esuli e figli di esuli e gli italiani che hanno continuato a vivere in Croazia e Slovenia. Un viaggio per misurarsi con la complessità della storia, tra i racconti degli italiani, etichettati ingiustamente tutti allora come fascisti, costretti all’esilio dall’Istria e dalla Dalmazia, di chi rimase e di chi dall’Italia nel nuovo stato comunista di Tito volle andare. Un viaggio in cui si rievocano le storie anche di sloveni e croati ‘italianizzati’ a forza, di internati in campi di prigionia con le terre che coltivavano messe all’asta, e in cui si materializzano le storie dell’occupazione nazista dopo il 1943 e del campo di concentramento e sterminio della Risiera di San Sabba a Trieste, le storie di collaborazionisti italiani, sloveni e croati o dei tedeschi salutati all’inizio come liberatori a Pisino ma poi autori in tutta l’Istria di stragi in cui morirono in duemilacinquecento, italiani, sloveni e croati di nuovo.
In questo contesto di violenze legate alla guerra e ai suoi strascichi si inserisce l’orrore delle foibe: quasi cinquecento persone scomparse nel 1943 (e 217 corpi ritrovati), tra le quattro e le cinquemila svanite nel nulla tra maggio e giugno del 1945 subito dopo la Liberazione (482 cadaveri in 48 foibe diverse rintracciati sul Carso. altri 411 negli scantinati di Trieste). Morirono tanti italiani ma anche sloveni e croati: uccisi perché ritenuti collusi con l’amministrazione fascista, uccisi perché anti-comunisti, oppure solo poveri diavoli e pedine scomode nel progetto di Tito di uno stato jugoslavo con Trieste e l’Istria all’interno.
Foto: Il monumento alla foiba di Basovizza