Giornata anti bullismo: le parole fanno più male delle botte

Firenze – Sbullizziamoci! Sotto questo titolo si è svolto stamani in occasione della giornata nazionale contro bullismo e cyberbullismo il convegno organizzato da Corecom Toscana e Consiglio regionale nell’Auditorium Spadolini di fronte ad una platea di studenti del liceo Giovanni da San Giovanni Val d’Arno e dell’Istituto comprensivo Balducci di Fiesole.

Il bullismo rimane un fenomeno preoccupante. Dati dell’anno 2014 dimostrano che poco più del 50% degli 11-17enni ha subito qualche episodio di cyberbullismo e bullismo. Il 19,8% subisce atti di bullismo più volte al mese. “Il bullismo oggi è ancora più insidioso – ha detto il presidente di Corecom Toscana Enzo Brogi – con l’avvento dei social quella che un tempo poteva essere una battuta che si cancellava a fine giornata, oggi resta nella memoria digitale.”

“Questo convegno è un momento per ragionare con i ragazzi – ha ancora spiegato Brogi – Vogliamo dare loro un avvertimento affinché usino con attenzione la rete.” Poiché Internet può offrire tante potenzialità creative e di sviluppo delle capacità comunicative e relazionali, ma può anche rappresentare rischi e pericoli tra cui sono stati menzionati in particolare il cyberbullismo ed il sexting”.

Per diventare più consapevoli della seriosità di questi rischi e pericoli, i ragazzi hanno visto vari video che hanno fra l’altro ricordato il caso di Carolina Picchio: diventata vittima di bullismo, la ragazza ha deciso all’età di 14 anni di lasciare un ultimo messaggio “Le parole fanno più male delle botte’’ e di togliersi la vita lanciandosi dalla finestra il 5 gennaio del 2013. Un esempio triste che fa capire che spesso per le vittime non è facile chiedere aiuto. Perché si vergognano, perché mancano di coraggio.

Quanto invece è importante confidarsi a qualcuno hanno fatto vedere le testimonianze di due ospiti. David Fabbri, uno studente di oggi 15 anni, ha subito il bullismo durante 5 anni: “Dopo un trasferimento sono entrato in una nuova scuola e hanno subito cominciato a prendermi in giro. Io mi sono chiesto: che cosa ho fatto di male? Poi mi hanno rotto il computer e mi hanno picchiato in palestra. Tutti hanno solo guardato.” È rimasto male per tanto tempo. Solo quando si è rivolto ai genitori, ha denunciato i bulli ed è uscito dalla situazione. Ed oggi condivide la sua storia per incoraggiare anche altre vittime a chiedere aiuto.

L’altra testimone, Chiara La Porta, una 28enne, ha raccontato le sue brutte esperienze di vittima del “dark web’’. Come tanti altri, anche lei ha messo sui social delle foto di lei, “foto normalissime’’ come ha precisato. Ma qualcuno le ha prese dal suo profilo e le ha diffuse su siti loschi dove hanno cominciato ad informarsi più in dettaglio su di lei fino a perseguirla nella vita reale. Ha detto Chiara: “La mia storia è un esempio che il web non è più controllabile e vittima può esserne chiunque. Rendetevi conto che tutto ciò che facciamo in Internet lascia tracce pericolose per la nostra privacy. Tutto ciò che pubblichiamo volontariamente vi rimane. Infine, io sono andata a denunciar i rei. Perché è un reato! La nostra società ci ha tolto la consapevolezza, non ci sentiamo più responsabili di niente. Ma si può essere puniti.’’

Un messaggio che hanno evidenziato anche Gianluca Massettini, della polizia postale e delle comunicazioni per la Toscana, e Nadia Giannattasio, funzionario della Questura di Firenze: “È un’illusione pensare di poter nascondersi e stare anonimati su Internet. Le forze riescono a individuare gli autori. Quindi se siete vittima, non dovete esitare a riferirvi alle Autorità. Vi aiutiamo a difendervi ed a uscire dalla situazione. Sappiate che noi ci siamo, non siete assolutamente soli.’’

Nonostante ciò, il presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani, si è poi soffermato sulla necessità “di attrezzare il nostro sistema penale”. “Per poter ‘sbullizzare’ – ha detto Giani – vanno introdotti nuovi reati rivolti specificatamente alla rete; soprattutto se penso alle ‘fake news’, alla querela della persona offesa, all’effetto che possono produrre sia dal punto di vista della deformazione dell’informazione che dei riflessi psicologici sugli adolescenti. È il momento di rendersi conto che una parte preponderante della comunicazione ormai passa dai social e che i ragazzi ne sono dipendenti. L’agorà oggi è la rete”.

In questo contesto sono anche fondamentali i progetti di prevenzione e di sensibilizzazione di cui sono stati presentati due. Elisa Marcheselli, Roberta Rachini e Alessio Pieri dell’associazione Era hanno elaborato dei corsi sull’empatia, la competenza di mettersi nei panni degli altri e di comprendere ciò che l’altro prova. Con ragazzi fin dall’elementare lavorano su come riconoscere, condividere e comunicare emozioni senza violenza.

L’altro progetto riguarda “Senza paura, liberi dal bullismo”, un’app presentata da Elena Falcomatà e Marino Di Nardo della presidenza del Consiglio dei Ministri, che si rivolge agli studenti delle scuole secondarie di primo grado e che è scaricabile gratuitamente su cellulari e tablet. Si tratta di un aiuto per raccogliere dati sulla percezione dei ragazzi in confronto al bullismo, cioè un aiuto per comprendere se i ragazzi capiscono dov’è il limite e quando non è più uno scherzo ma violenza. Facendo videogiochi i ragazzi devono allora decidere quale comportamento è giusto e quale no. Così l’app non serve solo come raccolta di dati, ma anche come sensibilizzazione dei giovani a rapporti più rispettosi.

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