Determinazione, sacrificio, passione: potrebbe essere questo, in buona sintesi, lo slogan che condensa la vicenda umana e professionale di Gino De Stefano, parrucchiere della scuola prestigiosa di Rolando Elisei, fiorentino d’adozione, al vertice dell’arte internazionale del taglio con riconoscimenti mondiali, responsabile del cast parrucchieri ufficiali del Festival di San Remo. Ma non è stata facile la storia di questo ragazzo del Sud, nato a Sarno nel 1975, con nelle vene una vocazione famigliare inconfondibile: figlio e nipote di barbieri, è cresciuto nel salone paterno fra tagli di capelli, sbarbature, profumo di lozioni e schiuma da barba. Presto, molto presto impara il mestiere attraverso quell’usanza che per secoli ha forgiato tutte le eccellenze artigiane del nostro paese: va “a bottega”, rigorosamente non quella paterna, presso altri saloni per farsi le ossa. E se le fa tanto bene, quel ragazzino dotato di mani sicure e colpo d’occhio, che a nove anni è già nella squadra estiva di qualche salone locale, e a tredici taglia i capelli.
Il taglio di capelli condensa tutta l’abilità del parrucchiere: è come per l’aiutante pittore decidere la composizione e l’impostazione delle figure dell’affresco.
Un traguardo su cui, vista la giovanissima età, Gino innesta altri anni e anni di lavoro, fino a diventare sempre più abile, a possedere una destrezza impareggiabile. Ma tutto questo non fa per lui. Il salone di famiglia comincia a diventargli stretto. Ormai adolescente, lascia la scuola, ma Sarno, le solite strade, la solita vita, un futuro tutto sommato prevedibile non lo soddisfa.
“Sapevo che c’era qualcosa, oltre Sarno. Qualcosa da conoscere, amare, imparare”.
Firenze l’attira come una falena. “La storia, l’arte, quella magia fiorentina di cui ancora qualche volta stupisco – spiega – mi attiravano da sempre, come la possibilità di rinnovare la mia tecnica, di farmi una strada diversa, mia, in un modo che non si limitasse solo al consueto, ma riuscisse a catturare la creatività di cui questo lavoro non può fare a meno”.
Ha 17 anni, viene a Firenze, solo, la trova splendida e professionalmente stimolante. Ma … ragioni di famiglia che lo costringono a tornare a casa, poi la leva militare lo tengono fermo. Di nuovo. “Il rischio, grosso, l’ho corso – spiega Gino – quando tornai dal servizio militare, mi ritrovai a gestire il salone di famiglia. Feci una domanda per l’imprenditoria giovanile, e fui accettato”. Prendere quei soldi comportava un impegno di cinque anni. Altri 5 anni a Sarno. “La mattina in cui dovevo firmare in banca – ricorda ancora emozionato Gino – trovai una lunga fila. Tornai a casa. Pensai a lungo. Accettare quei soldi significava che non me ne sarei più andato, avrei continuato a restare a Sarno salutando quei sogni di eccellenza nella mia arte che mi avevano sempre accompagnato. Chiamai mia madre e le annunciai che avrei rifiutato”. La madre accoglie la decisione del figlio senza opporsi, a una condizione: prima deve chiudere il salone di famiglia. Nessun altro deve portare quel nome, quella “bandiera”. Così viene fatto, e finalmente Gino torna a Firenze.
“E qui, si verifica un’altra vicenda che rischia non solo di mandarmi definitivamente a casa, ma anche di rovinare tutto il lavoro intrapreso”. Viene raggirato e si ritrova con un debito di 130 milioni di lire sulle spalle. Per lui, che per comprare il salone ha dovuto chiedere fideiussioni, che ha rinunciato al prestito regionale a Sarno, potrebbe essere la mazzata decisiva. “Ed è qui, che qualcosa è scattato sul serio – racconta – ho pensato a tutto ciò che stavo per perdere. E ho pensato che non potevo arrendermi. Dovevo riprendere in mano la mia vita”.
La reazione è incredibile, massacrante e totale: master su master, accademie, Londra, Milano, studio matto e disperatissimo. Sempre con pochi soldi in tasca, a volte anche senza del tutto, risparmiando su tutto il possibile. Poi, il colpo d’ala: legge di un corso alla scuola di Rolando Alisei. Il massimo. Ma a Milano, e solo per i lombardi, visto che la sovvenzione è regionale. Gino però ci prova: chiama quel numero di telefono, parla, è convincente tanto da farsi accettare lo stesso.
“Dei quindici che eravamo – ricorda – il maestro chiese solo a me di collaborare”. E da qui, fra il 2001 e il 2002, comincia l’ascesa: mentre collabora con Alisei, comincia a fare i concorsi nazionali, classificandosi sempre fra i primi. Entra a far parte dell’Anvam, si iscrive al campionato europeo di Francoforte, 2007. Non lo vogliono in squadra nazionale: ha uno scarto di sei mesi in meno di allenamento rispetto ai colleghi nazionali. Partecipa lo stesso nella gara individuale di taglio, e vince la medaglia di bronzo. 2008: Festival Internazionale a Paestum, medaglia d’oro. 2009: mondiale di taglio a Paestum, medaglia di bronzo. Argento a Salerno, quarto posto a Parigi nel 2010, quarto anche nel 2011 a Milano. Sempre in competizioni mondiali.
Ma c’è un elemento importante, in questa storia di sacrificio e successo, ed è proprio il protagonista a volerlo sottolineare. “Vorrei che la mia storia inviasse un messaggio ai ragazzi, ai giovani soprattutto del Sud, da dove provengo. E dove è facile cadere nella tentazione di soldi facili, tanti e appartemente senza sforzo. A volte mi chiedo: senza questa passione, senza il mio lavoro, cosa avrei scelto? Per questo vorrei far capire che sacrificio, determinazione e passione sono la carta giusta per giungere al traguardo che hai scelto. Anche perchè se scegli la via apparentemente più facile, il conto da pagare arriva sempre. Ed è sempre più alto di quanto puoi pensare”.