Ghiacciai in pericolo, l’allarme della Carovana di Legambiente

L’associazione ambientalista: “Urgente una governance europea e internazionale”

Mentre il green deal europeo subisce incessanti battute d’arresto e gli stessi vertici europei compiono una spericolata inversione a U, segnali del cambiamento climatico cominciano a diventare inequivocabili. A parte la disastrosa seconda alluvione che ha messo nuovamente in ginocchio l’Emilia Romagna, un altro allarme, per l’Italia ma per l’intera Europa Centrale, arriva dai ghiacciai europei: entro il 2100, secondo alcuni studi scientifici, con un riscaldamento globale di 2,7°C, l’Europa centrale rischia di perdere il 100% della copertura glaciale. Un segnale d’allarme che giunge dai ghiacciai dell’arco alpino, ormai già da tempo in agonia e in coma irreversibile, come dice Legambiente, a valle della quinta edizione di Carovana dei Ghiacciai 2024,  che dal 5 agosto al 9 settembre ha realizzato 7 tappe lungo l’arco alpino, dall’Italia alla Francia alla Slovenia, rilevando 12 osservati speciali , 10 in Italia e due all’estero.

Il bollettino delle criticità stilato dalla Carovana è impressionante, e annota anche, oltre ai ghiacciai in agonia irreversibile, qualche morto, come il ghiacciaio di Flua, sul Monte Rosa, che estinto dal 2017, ha lasciato spazio a un mare di rocce e detriti. Nell’800 era grande, ricorda Legambiente, come 112 campi di calcio. Ma non sta per niente bene la Mer del Glace, sul Monte Bianco, che in 174 anni che “ha perso 300 metri di spessore all’altezza della stazione Montenvers, mentre a partire dagli anni ’80, secondo quanto rileva la Carovana, il ghiacciaio delle Piode e il Sesia-Vigna  sono arretrati di oltre 600 metri lineari, con una risalita della quota minima frontale di oltre 100 metri. E ciò che impressiona è la rapidità della fusione dei ghiacci, ulteriormente aumentata a partire dagli anni 2000, mentre gli eventi estremi feriscono ancora di più questi giganti bianchi.

I ghiacciai della Valpelline, in Valle D’Aosta, sono un altro caso evidente. Dal 1850, come spiega Legambiente, la fronte dell’antico ghiacciaio, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di ben 7 km. Per quanto riguarda la rapidità di fusione, il ghiacciaio delle Grand Murrailes  ha perso ben 1,3 km di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 m s.l.m., ben 500m più in alto; il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 km di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è “risalita” di ben 400m, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes.

La velocità di fusione del ghiacciaio di Fellaria, il terzo ghiacciaio lombardo per estensione, è ancora più impressionante: ha perso il 46% della sua superficie dal 1850 ad oggi, trasformandosi in un grande lago proglaciale che ha iniziato a formarsi dopo il 2003, che ha un’estensione di 222.000 metri quadri, pari a 30 campi da calcio. In stato ormai terminale il ghiacciaio della Marmolada, famoso per la sua bellezza, che, come tutti i ghiacciai sotto i 3500 metri, è destinato auna rapida scomparsa. Eroso da picchi di fusione pari a 7 cm al giorno. se 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari, ed era grande come 700 campi da calcio, a partire dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore all’80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. La Marmolada, come i ghiacciai dell’Adamello e dei Forni e a quelli sotto i 3500 metri, è destinato a scomparire entro il 2040.  Sono ormai morenti anche i ghiacciai delle Alpi Giulie: ovvero quelli del Canin, in Friuli Venezia Giulia e del Triglav, in Slovenia. La buona notizia riguarda il Ghiacciaio del Montasio, rinforzato dagli 8 metri di neve dell’inverno 2023-2024.

Cosa si può fare, se si può fare ancora qualcosa? Carovana dei ghiacciai di Legambiente rilancia  l’urgenza di una governance europea e internazionale dei ghiacciai, con l‘applicazione di interventi e politiche urgenti che Legambiente ha riassunto anche nel Manifesto per una governance dei Ghiacciai e delle risorse connesse. In particolare sono cinque le proposte che Legambiente lancia oggi:  l’attuazione del piano di adattamento nazionale e di piani a scala locale, un turismo ad alta quota più sostenibile e rispettoso della montagna per frenare l’overtourism; più coscienza ambientale e attenzione ai propri rifiuti, le montagne non sono discariche; tutelare i nuovi ecosistemi che si stanno formando in quota attuando la road map nazionale sulla biodiversità che Legambiente ha proposto nella tappa sulle Alpi Giulie; definire un piano nazionale per lo smantellamento degli impianti ad alta quota chiusi e abbandonati.

“Con la quinta edizione di Carovana dei ghiacciai – dice Vanda Bonardo, responsabile nazionali Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA ITALIA – abbiamo raccontato la fragilità e la sofferenza di montagne e ghiacciai minacciate dalla crisi climatica ma anche dalle attività antropiche, come l’overtourism, i rifiuti abbandonati in quota o i vecchi impianti chiusi e da smantellare come quello a Pian Dei Fiacconi, sulla Marmolada. La montagna sta cambiando volto e profilo, nuovi ecosistemi prendono vita, mentre nevica sempre di meno. La neve tardiva di questa primavera non è bastata per aiutare i ghiacciai in agonia. È tempo di agire, ce lo ricorda ogni anno l’IPCC che oltre ai dati ribadisce da anni l’urgenza di azioni concrete da parte degli stati di tutto il mondo. Quello che serve è una governance europea e internazionale per i giganti bianchi accompagnata da una gestione sostenibile del territorio e da interventi precisi come quelli che abbiamo sintetizzato nel Manifesto per una governance dei Ghiacciai e delle risorse connesse e nella petizione Una firma per i ghiacciai, che invitiamo tutti a firmare”.

Per il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti, “l’Italia deve fare la sua parte con più politiche di adattamento e mitigazione non più rimandabili, perché quello che sta accadendo ad alta quota avrà ripercussioni anche a valle e sulle comunità locali”. In questo senso, c’è bisogno di “azioni nazionali e locali di adattamento e occorre investire di più sulla ricerca scientifica per comprendere come il fenomeno si evolverà in futuro”.

Valter Maggi e Marco Giardino, presidente e vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) , ribadendo l’importanza dell’inziiativa presa con Legambiente, che ha permesso ,tappa dopo tappa, di mappare ” la progressiva riduzione di spessore di un ghiacciaio nell’ultimo secolo, la perdita di lunghezza lineare, la scomparsa di un ghiacciaio, l’accelerazione del ritiro glaciale negli ultimi decenni e soprattutto le influenze che il ghiacciaio ritirandosi impone su biodiversità, geodiversità e sulla risorsa acqua”, sottolineano che ” I fenomeni di ritiro glaciale generano impatti sull’ambiente d’alta quota che impongono una risposta consapevole, coerente e sostenibile da parte dell’uomo”.

Ma quali sono le minacce più urgenti che condannano i nostri ghiacciai, italiani ed europei? Crisi climatica in primis con gli eventi meteo estremi collegati, ma anche overtourism, rifiuti abbandonati, impianti dismessi e lasciati in loco, sotto forma di rovine. Per quanto riguarda gli eventi estremi, è la loro frequenza che non ne permette l’assorbimento: 101 quelli registrati nelle regioni alpine da inizio anno a luglio 2024 dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, come testimoniano le “ferite profonde, ad esempio, sul Monte Rosa, versante piemontese, e la Valpelline, in Valle D’Aosta, colpite a fine giugno da piogge intense. In particolare sulla Valpelline, le piogge intense hanno spaccato in due il sentiero, alterato la morfologia di questa zona portando a valle i detriti della morena e altro materiale lungo la valle, in quantità pari al volume trasportabile da circa 300mila camion movimento terra“. Non scherzano neanche gli impatti dovuti all’abbandono dei rifiuti in quota, o la presenza di  vecchi impianti chiusi e mai smantellati. Esempi, tantissimi, fra questi quello presente sulla Marmolada a Pian dei fiacconi, travolto dalla valanga del 2020 e su cui Legambiente chiede un rapido intervento.In Italia sono in aumento le strutture dismesse, passate da 249 dell’anno precedente alle 260 odierne, 176 sulle Alpi e 84 negli Appennini. E qualcosa possono fare anche i cittadini, firmando la petizione online . “Una firma per i ghiacciai” .

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