Gustav Radbruch (1878 – 1949) era un giurista tedesco del secolo scorso. L’esperienza giuridica sotto la dittatura nazista, contraddistinta dal movimento del diritto libero di Hermann Kantorowicz, spinse Radbruch a contrapporre il principio di legalità senza diritto alla brutalità del giuspositivismo operata dai giuristi del Führer. Nella Germania nazista l’ordine dell’autorità era legge sovrana e il giudice doveva soltanto obbedire. Obbedire, naturalmente senza interpretare la legge. In Italia furono il guardasigilli Dino Grandi, attento custode della tradizione romanista, e Piero Calamandrei a opporsi fermamente all’introduzione di un’analoga codificazione nel nostro ordinamento: fu così che nacque il Codice di procedura civile del 1940, tuttora vigente, il “codice degli italiani” come ebbe a scrivere Grandi allo stesso Calamandrei, ispiratore della Relazione introduttiva.
In Germania, invece, Radbruch, ministro di Giustizia nella Repubblica di Weimar, propose la formula del torto legale. Invero, la formula è doppia ma qui è importante ricordare soltanto che con essa si prevede un livello di tollerabilità della legge compatibile con i livelli di giustizia sostanziale, superato il quale il giudice ha l’obbligo di disapplicare automaticamente la legge “ingiusta”. Radbruch, studioso di Kant, definì il concetto di legge con il famoso “null’altro che il fatto che deve servire l’idea della legge, in cui è evidente il contrasto tra spirito e lettera della legge. Quale fosse il livello di tollerabilità, però, Radbruch non lo disse, se non individuare da buon giusnaturalista in un fumoso principio di eguaglianza il “fondamento di tutta la giustizia”.
In Italia è stata approvata la leggina che modifica l’articolo 12 della legge 40/2004. La Gestazione per altri (GPA), oltre che già vietata, è stata elevata a reato universale. In pratica è reato anche se è stata commessa all’estero, nei Paesi dove la GPA è legale, da un cittadino italiano. Un abominio giuridico chiaro e tondo. Il cosiddetto reato universale, in un mondo dove neanche i diritti contenuti nella Dichiarazione della Nazioni Unite lo sono, è una pratica bilaterale tra Paesi, che necessita del rispetto del principio di doppia incriminazione: deve essere reato là e qua. Altrimenti si viola l’articolo 25 della Costituzione, il principio di legalità: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
A leggere le dichiarazioni degli esponenti della maggioranza sul voto di ieri, verrebbe quasi da dire che ormai siamo con tutti e due i piedi nello Stato Etico di hegeliana memoria. Così però non è, e indipendentemente dalle valutazioni di merito sulla GPA, solidaristica o remunerata che sia, il punto fermo è sempre il rispetto della volontà individuale in uno Stato laico, tutelata dalla nostra Costituzione. Altro sinceramente non vedo. Un’ultima notazione di natura linguistica è comunque necessaria: si chiama Gestazione per altri (GPA), non maternità surrogata o ancor peggio utero in affitto.
La realtà, in conclusione, è semplice e complessa allo stesso tempo. Al populismo penale in Italia non era più sufficiente aver generato qualche decina di nuovi reati e innalzato pene a casaccio. Aveva bisogno di coronare il proprio successo con un reato di natura “universale”, per contemplare la propria estetica megalomania penalistica. Ma, come prevedeva Radbruch, potrebbe diventare possibile, e necessario, a questo punto applicare la formula del torto legale. Qua, però, prima ci penserà la Corte Costituzionale.