Firenze – Sabato scorso 9 aprile all’Auditorium della Regione Toscana, si è tenuto un appuntamento importante per i territori toscani coinvolti dalla geotermia. Presenti, i vari comitati e associazioni di cittadini, la Rete dei Comitati toscani, oltre a movimenti e rappresentanti di associazioni ambientaliste e di tutela del patrimonio storico-naturalistico -artistico del nostro suolo nazionale come Italia Nostra per cui era presente Roberto Barocci, ma anche alcuni consiglieri regionali, per la precisione Giacomo Giannarelli del M5S e Tommaso Fattori di Sì Toscana, oltre al parlamentare, facente parte della commissione ambiente alla Camera, Samuele Segoni di Alternativa Libera. Fra gli interventi anche Alessandro Nannini, Cobas, in rappresentanza dei lavoratori del settore.
Un focus che ha messo in chiaro vari punti, che in buona sostanza mettono allo scoperto due domande ineliminabili: la prima, si potrebbe dire di premessa, che è la seguente: quale sviluppo economico si vuole per quei territori? La seconda: qual è l’utilità reale, quale l’invasività e la nocività delle coltivazioni geotermiche in un territorio che ha già abbondantemente “dato” da questo punto di vista?
Fra i soggetti intervenuti, è stato in particolare il Comitato Difensori della Toscana a porre le domande più urgenti. Infatti, oltre alle ormai conosciute criticità che riguardano le immissioni in aria dei fumi che derivano dalle centrali tradizionali (per intenderci, quelle utilizzate dall’Enel per decenni, che, soprattutto nell’Amiata grazie alla particolare configurazione del sottosuolo (non dimentichiamo le cave di mercurio del secolo scorso, l’amianto presente nelle rocce e in generale la presenza si sostanze chimiche nocive nella roccia amiatina) il vero problema è capire: da un lato, se le centrali “di nuova generazione” siano davvero così “pulite”, dall’altro se il gioco vale la candela: vale a dire, se davvero intervenire sul territorio e su un paesaggio che reca in se’ il suo valore anche economico oltre che antropologico, storico e culturale, sia davvero un “affare”.
Partendo dal primo presupposto, è innegabile ormai che le centrali a immissione aerea di fumi si sono rilevate senza dubbio pericolose per la salute umana. A darne la certezza, sono proprio alcuni studi regionali dell’Arsia, l’agenzia regionale della sanità, che rileva una correlazione fra la salute delle persone e la loro vicinanza alle zone dove la geotermia è più sviluppata. Caso a parte resta Larderello, dove la composizione delle rocce non è così “letale”, ma sull’ Amiata le correlazioni fra tasso di mortalità e aree geotermiche attive sono impressionanti. Nella relazione Arsia 2010, il tasso di mortalità fra la popolazione nell’area sud della Toscana rivela un picco del +13% nell’Amiata, con ancora innalzamenti ad Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Castel del Piano. Anche perché, proprio nell’Amiata e proprio laddove il sottosuolo è più ricco di sostanze pericolose, il metodo usato per l’estrazione dell’energia geotermica è il metodo flash, che costituisce una delle modalità meno adeguate, almeno per quanto attiene al caso particolare, per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente della salute umana.
E tuttavia, anche le centrali a ciclo binario non si sottraggono ad alcuni rischi ambientali che riguardano sia l’ambiente propriamente detto che la popolazione. Di sicuro, eliminano una parte del problema, vale a dire le immissioni in atmosfera, dal momento che il ciclo è “chiuso” e non avvengono scambi con l’esterno. Ma, ad esempio, è sicuro che non ci sono problemi con le falde acquifere? O che il problema della sismicità è del tutto annullato? Come si risolve il problema della precipitazione dei sali? O dell’essoluzione dei gas? Tutti punti su cui servirebbe un confronto preciso e puntuale con le varie società che hanno richiesto permessi di ricerca per l’esplorazione del sottosuolo a fini di rinvenire serbatoi passibili di sfruttamento.
Quanti? Quanti sono i permessi richiesti, e quanti i punti su cui si potrebbe, almeno virtualmente, vedere l’accesso di una centrale di sfruttamento dell’energia? Se si guarda all’intero territorio toscano, a fine 2011 erano 51, concessi 31. Si consideri che il territorio su cui insiste la richiesta è quello tradizionale del geotermico, dalle Colline Metallifere (Larderello) a tutta la zona dell’Alta Val di Cecina, dell’Alta Val d’Elsa, dell’Amiata, per circa 4.200 chilometri quadrati. Trascurando ciò che ha già fatto Enel, che fino al 2010 deteneva l’esclusiva della coltivazione degli acquiferi o serbatoi. Solo per fare un esempio, nel territorio di Radicondoli insistono ben sette pozzi Enel che continuano come facilmente documentabile a un semplice passaggio, a rilasciare fumi nell’atmosfera, più la centrale di Sesta dove si tengono sperimentazioni importanti. Non solo. Nello stesso territorio, come denunciano i comitati e i cittadini, fortemente contrari “all’assalto delle lobbies delle rinnovabili”, insiste il progetto Mensano, con la richiesta di permessi di ricerca di risorse geotermiche per tre pozzi esplorativi: il pozzo TM1 in località Tesoro (Radicondoli, Siena), il pozzo TM2 nel podere Love, Casole d’Elsa, e, più lontano ma sempre nell’area Mensano, il pozzo TM3 in località Pignano, Volterra (Pisa). Non è finita. Fra Radicondoli e il corso d’acqua Lucignano, insiste il progetto pilota chiamato appunto “progetto Lucignano”, poi diventato “Serracona” e ora tornato “Lucignano”. Ma ce n’è ancora: a 900 metri da Montecastelli Pisano, è stata presentata al ministero la documentazione del progetto per la centrale geotermica pilota “Castelnuovo”. “L’hanno chiamata “Castelnuovo” (Castelnuovo Val di Cecina, che in realtà si trova più distante, dietro le colline, n.d.r.) ma in realtà la centrale la vorrebbero costruire a solo 900 metri di distanza dall’abitato di Montecastelli”, dicono i difensori della Toscana.
Se questo è il quadro per quanto riguarda i comitati, quali le strategie messe in atto? “Dall’informazione alla popolazione – spiega Giovanna Limonta, difensori della Toscana- alla presentazione di osservazioni là dove previste dalla legge in un percorso partecipativo dei territori, fino all’estrema ratio, il ricorso il Tar”.
Perché il problema ad un certo punto, diventa politico. Vale a dire, i territori vengono ascoltati? Quanto? Viene data risposta alle loro istanze? Proprio su queste pagine abbiamo documentato, poco meno di un mese fa, l’esito dell’invio di una serie di osservazioni al ministero dell’ambiente da parte di un gruppo di cittadini che, pur mettendosi in moto con l’anticipo dovuto, non sono riuscite a pervenire in quanto il ministero (per un guasto? … ) non aveva alcuna mail che funzionasse. Per almeno due giorni. E se questo è solo una caso sfortunato, tuttavia, dicono i cittadini, che fine fanno le nostre osservazioni, domande, richieste di delucidazioni e incontri?
Ecco dunque il punto caldo, quello che alimenta ancora di più la rabbia. Il confronto negato, secondo quanto sostiene anche il consigliere regionale Tommaso Fattori, quando in chiusura dell’intervento con cui si dichiara disponibile a portare le questioni segnalate al consiglio regionale, conclude dicendo “Ripartiamo dalla democrazia”. Una democrazia che non può prescindere dal confronto fra le varie posizioni e le varie realtà, totalmente diverse, come precisa Samuele Segoni che è anche geologo, “fra Larderello e l’Amiata”. E del resto, ricorda il consigliere petnastellato Giacomo Giannarelli, “consumiamo 5 litri di petrolio al giorno a testa, metà del petrolio estratto va in carburanti”. Dunque, per cambiare, le priorità vanno ridefinite: efficienza energetica in primis e produzione di energia 100% rinnovabile come obiettivo. La via? “Un mix energetico sostenibile”.
Del resto, dal focus di sabato scorso emergono alcune richieste precise da parte dei cittadini: la strutturazione di una commissione tecnico-scientifica che indaghi a fondo la questione, la messa in atto di un piano strutturale preciso da parte della Regione che riguardi le energie rinnovabili, tutte, non solo il geotermico “che non si capisce perché deve fare la parte del leone anche per quanto riguarda le sovvenzioni”, dicono gli astanti, mentre qualcun altro ricorda gli ingenti fondi che vengono “stoccati” all’Enel con una ricaduta sui territori pari in media al 2 e qualcosa per cento. Senza dimenticare la richiesta della “zonizzazione” vale a dire, di una sorta di “schema” in cui la Regione, previ studi che contemplino vari dati, dall’ambiente storico-artistico econmico alle analisi dei terreni della natura delle rocce, delle falde acquifere e via di questo passo, “decida” quali zone posso essere oggetto di autorizzazione e quali invece ne siano completamente esenti. Per legge, appunto. Senza dimenticare i monitoraggi e l’attenzione continua sui risvolti dell’attività industriale laddove permessa.
Ma soprattutto la richiesta è: ascoltateci. “Sembra impossibile – chiude il discorso un cittadino – che ci si metta in testa di compiere un’operazione così importante sul territorio senza coinvolgere la popolazione e sentire che ne pensa”. Aggiunge un imprenditore venuto dall’Amiata: “Senza contare tutte le risorse andate al potenziamento di vino, olio e colture pregiate. Cosa dobbiamo pensare, che sia cambiata la politica economica regionale, se c’è mai stata? Ce lo dicano chiaramente, allora”.
Così, mentre la riunione si conclude, ci fermiamo a parlare con Fabio Roggiolani, presente fra il pubblico,ex- consigliere regionale dei Verdi, ora socio, come precisa lui stesso, di una società per la realizzazione di centrali geotermiche a ciclo binario, ToscoGea . Un po’ il diavolo e l’acqua santa vista la riunione. “Le mie impressioni? Su molte cose siamo d’accordo – dice Roggiolani – e mi piacerebbe parlarne con i comitati. Niente da eccepire anche per quanto riguarda proposte come la commissione tecnico-scientifica. Credo di afferrare che qualcosa sta cambiando e che il terreno è propizio per incontri attraverso i quali chiedere e fornire spiegazioni”. Conclude: “Ho sentito molte imprecisioni, oggi, sulle nuove tecnologie. Da un anno cerchiamo un confronto con i nostri interlocutori. Saremo lieti di spiegare cosa, come e con qual impatto visivo e ambientale gli impianti di nuova generazione sono in grado di operare”. Insomma, pare di capire che si confidi sul confronto diretto per dissipare molte paure. E allentare molte tensioni.