Con l’assemblea dei soci Unieco, convocata per sabato 9 maggio, prende il via la stagione delle fusioni tra grandi cooperative. Ad aprire le danze è la coop guidata da Mauro Casoli, che va verso la fusione con Coopsette, altra grande convalescente delle cooperative reggiane di Produzione e Lavoro. Il gruppo di Castelnovo Sotto guidato da Fabrizio Davoli, 230 milioni di debito in ristrutturazione e molte inchieste da fronteggiare procederà a sua volta a deliberare in assemblea sempre in maggio, formalizzando così un percorso già deciso per grandi linee.
Se tutto andrà nelle previsioni, nascerà un colosso da 2 mila 300 addetti (al lordo delle riduzioni di personale) destinato secondo il Corriere Economia a collocarsi al sesto posto tra i grandi gruppi delle costruzioni alle spalle di Salini, Astaldi, Condotte, Pizzarotti di Parma e Cmc di Ravenna. Ma sarà comunque un incastro complicato sia per l’entità degli indebitamenti in ballo, sia per il panorama variegato di banche interessate, sia per le difficoltà a gestire accordi di ristrutturazione che hanno scadenze molto rigide. Mauro Casoli, presidente di Unieco in sella da una ventina d’anni, ha il suo daffare a fronteggiare l’opposizione interna che considera questa fusione un rimedio peggiore del male, proprio in relazione alle difficoltà in cui si dibatte il partner Cooopsette.
Senza contare che sull’assemblea Unieco pende la spada di Damocle dell’ultima ispezione Legacoop, le cui conclusioni non sono leggere: “Nonostante i risultati economici fortemente negativi degli ultimi esercizi non risultano presi seri e concreti provvedimenti verso la Direzione…”. ”Il patrimonio netto della cooperativa da 281 mln nel 2011 si è ridotto a 44 nel 2013, e si prevede una ulteriore perdita 2014 di circa 70 milioni dei quali 45 mln dovuti verosimilmente a perdite o svalutazioni delle partecipate; il patrimonio netto risulterà così ridotto a 74 mln, ritenuto dagli scriventi esiguo e fortemente a rischio per il 2015…”. ”Secondo i revisori la maggior causa del dissesto societario proviene dalla gestione delle 234 società tra controllate e partecipate, probabilmente sfuggite al controllo del Management…”. E inoltre: “ Sul fronte dei risultati economici in questi ultimi tre anni la cooperativa Unieco ha bruciato il 74% del patrimonio netto faticosamente accumulato in 110 anni di attività…”. E per finire: ”Si ravvisa la necessità di operare all’interno di Unieco s.c. in tempi strettissimi una vera profonda ristrutturazione organizzativa partendo ai vertici aziendali, con semplificazione della struttura delle deleghe, l’unificazione del comando in poche competenti mani dotate di adeguata autonomia affinché il controllo strategico dell’organizzazione sia ben definito nelle responsabilità e nei poteri, come già auspicato nella precedente revisione e sia ristabilito per la base sociale il ruolo che le compete”.
Potrebbe però non essere una fusione per gradi, come ipotizzato dal Corriere Economia: ai piani alti si lavora piuttosto a un cambiamento radicale degli assetti secondo un modello già sperimentato, per ora con successo, con la nascita di Siteco, ora Sicrea Group, dalle ceneri dei crac Cmr Reggiolo e Orion.
In sostanza Unieco e Coopsette costituirebbero una newco, il nome sarebbe Atrika, (non una cooperativa, ma una società di capitali) alla quale conferire cantieri e attività industriali, mentre nelle case madri resterebbero i patrimoni a compensazione dei debiti per onorare gli accordi di ristrutturazione. Una mossa del cavallo coerente col piano di Casoli, che punta le carte sull’armamento ferroviario, le grandi commesse all’estero e la costruzione di termovalorizzatori, ma comprende in parallelo la cessioni di immobili per 170 milioni di euro. Dal canto suo Coopsette concentrerà il business sulle concessioni autostradali e le opere ferroviarie, puntando nel contempo a cedere asset immobiliari come il Motorcity di Verona (autodromo e negozi) costato una valanga di milioni, il centro commerciale Pompei e il resort con porticciolo a Riva del Garda, che è ancora sotto sequestro. Azioni speculari, che portano comunque in direzione del modello Sicrea. Con le case madri che, secondo questo schema (naturalmente suscettibile di cambiamenti sino all’ultimo momento) diventerebbero delle bad company destinate a gestire le montagne di debiti oggetto dei piani di ristrutturazione approvati dal Tribunale.
Ma non è questa l’unica partita aperta sul piano delle fusioni: è ben più rilevante quella annunciata fra Coop Nordest di Reggio Emilia guidata daPaolo Cattabiani, Coop Estense di Modena e Coop Adriatica di Casalecchio di Reno. Sarà la più grande cooperativa fra consumatori del Paese con 2,6 milioni di soci, 20 mila dipendenti, 334 punti vendita di cui 45 ipermercati e 4,2 miliardi di fatturato. E con un prestito sociale al livello della raccolta diretta di una banca di dimensioni regionali. Detterà legge in Coop Italia e, va da sé, anche nel nocciolo duro dell’azionariato cooperativo Unipol. Le danze sono appena cominciate.