Firenze – A stretto senso, non si parla neppure di profughi, almeno ad ora, quando si considerano le misure di accoglienza per le persone che dall’inferno di Kabul vengono dirottate nei vari Paesi europei, fra cui l’Italia. Si tratta infatti di collaboratori delle nostre forze armate, di persone presenti anche da vent’anni al fianco degli occidentali nello sforzo di rinnovamento del Paese. I profughi “veri”, se riusciranno a farcela, dal momento che Turchia e Grecia stanno erigendo muri e le altre potenze di confine, come l’Iran o la Cina, non hanno nessuna intenzione di accoglierli o farli passare, arriveranno via terra, dai Balcani, fra qualche settimana o qualche mese. Di fatto, tutte queste persone che stanno evacuando da Kabul, rappresentano il personale che mandava avanti lo Stato, tutto il personale formato per dare una vita amministrativa allo Stato. Ed è in fuga. La dead line? Il 31 agosto, quando come detto dai talebani, non verrà tollerata altra presenza a Kabul se non la loro. Per quel momento, lo Stato sarà scomparso. Senza considerare le donne, ovvero l’altra metà del cielo, che se rimarranno, verranno “declassate” da esseri umani a subumani e rinchiuse. Ad ora dunque si sta parlando dei nostri collaboratori, gente ben conoscibile che arriva in Italia imbarcata sugli aerei dell’esercito italiano dai nostri militari. Per questo, a conclusione di quella che è stata la prima riunione di coordinamento sul tema a livello toscano, il presidente della Regione Eugenio Giani, su indicazione anche dei prefetti rappresentati nel nostro caso dalla prefetta di Firenze Alessandra Guidi, è chiaramente propenso a un’accoglienza che si avvalga del sistema SAI, ovvero del sistema di accoglienza integrata. In parole povere, il sistema che ha preso il posto degli Sprar, scartando almeno in linea di principio l’accoglienza modello Cas, ovvero i centri temporanei che hanno altre filosofie e senso.
Ed ecco i numeri al momento. Intanto, i 200 fuoriusciti che dovranno sottoporsi ai dieci giorni di quarantena, ma anche, provenienti da canali diversi per cui si dovrà appurare il loro stato sanitario, i 112 indicati dal Governo. Ma ovviamente i numeri sono destinati a crescere. I luoghi in cui i primi 200 dovranno esperire la loro quarantena in alberghi covid, sono tre, già individuati: Firenze, Montecatini e Chianciano. Intanto, la necessità della quarantena offre ancora un sia pur piccolo lasso di tempo per decidere le modalità di accoglienza, in cui verranno prese in considerazione, in particolare rispetto ai prossimi arrivi, le disponibilità già offerte da molte famiglie toscane, o quelle delle associazioni. Anche perché, se la scelta verso cui sembra orientarsi la Toscana è quella del SAI, tuttavia i 1568 posti previsti in questa particolare forma di accoglienza integrata, disponibili in Toscana, sono già occupati. E’ necessario dunque, come la Toscana ha già richiesto, che dal Ministero provenga l’autorizzazione a disporre di altri 100 posti almeno.
“Sono molto soddisfatto dell’esito della riunione che abbiamo tenuto e della larga disponibilità all’accoglienza mostrata dai sindaci e dalle associazioni presenti, così come del ruolo di coordinamento che svolgeranno i Prefetti della Toscana. Con queste premesse per noi sarà possibile non soltanto trovare una sistemazione per i 200 fuoriusciti che dovranno sottoporsi ai dieci giorni di quarantena, ma siamo pronti ad accogliere anche i 112 che ci sono stati indicati dal Governo”. Così il presidente della Regione Toscana sintetizza i contenuti della riunione che ha tenuto questa mattina a Firenze nella sede della presidenza regionale e alla quale hanno partecipato gli assessori regionali all’immigrazione e alla sicurezza, Stefano Ciuoffo e alla protezione civile, Monia Monni, oltre alla Prefetta di Firenze, Alessandra Guidi, con numerosi sui colleghi collegati in videoconferenza e ai rappresentanti dell’Unione province toscane, Luca Menesini, presidente della provincia di Lucca e al direttore di Anci Toscana, Simone Gheri e al responsabile immigrazione dell’associazione dei comuni toscani e sindaco di Scandicci, Sandro Fallani.
“Siamo in grado – ha aggiunto il presidente Giani – di offrire la migliore immagine della Toscana, all’altezza della sua tradizione di accoglienza e organizzazione. Per questo ci siamo dichiarati da subito disponibili ad accogliere coloro che fuggono dall’Afghanistan. Chiediamo al Governo che amplii la disponibilità in Toscana dei posti nel Sai (il Sistema di accoglienza e integrazione), il programma che già vede la presenza controllata in Toscana di oltre 1500 profughi provenienti da zone a rischio di molti Paesi. Ora è il momento di passare dalla disponibilità ai fatti: noi siamo pronti e se ce ne sarà necessità convocheremo settimanalmente questo tavolo”.
“Abbiamo già individuato circa 150 posti nelle strutture sanitarie. Stiamo lavorando per trovare gli altri 50 – ha aggiunto l’assessora regionale alla protezione civile, Monia Monni – e il nostro sistema regionale di Protezione civile fornirà tutto il supporto necessario, in attesa che poi della distribuzione e dell’ospitalità si occupino i Comuni, con i quali esiste un ottimo rapporto di collaborazione”.
“Finora il modello toscano di accoglienza – ha precisato l’assessore Stefano Ciuoffo – ha fornito risposte positive e di qualità. Anticiperemo le risorse economiche necessarie in attesa che ci arrivino i fondi da Roma. Garantiremo sia la sicurezza che la privacy di coloro che in questi anni hanno collaborato e lavorato insieme al nostro contingente in Afghanistan. Anticiperemo, non subiremo i problemi che queste nuove presenze comportano”.
Anche per Luca Menesini, presidente della Provincia di Lucca, il metodo scelto per la loro accoglienza “deve essere quello dei Sai che garantisce un percorso di accoglienza ed integrazione più efficace. Per questo l’incontro svolto questa mattina è stato efficace ed utile, così come molto utile è il lavoro di coordinamento che svolgeranno sia la Regione Toscana che le Prefetture”.
Il prefetto di Firenze Alessandra Guidi, ha sottolineato come “abbiamo istituito un tavolo di coordinamento tra Prefetti, occupandoci di gestire l’accoglienza dei 112 profughi che sono stati assegnati alla Toscana. Dopo aver garantiro la loro quarantena, ci occuperemo di coloro che vorranno rimanere nella regione in un sistema di redistribuzione a livello nazionale. Gli attori in campo sono numerosi ed è importante che tutti operino in maniera coordinata. Ringrazio i cittadini e le associazioni che si sono resi disponibili al riguardo. Dobbiamo garantire un’accoglienza ordinata perché abbiamo il dovere di garantire il rispetto di precisi standard, sia per gli afghani così come facciamno per tutti i richiedenti asilo da qualunque Paese del mondo provengano”.
Da parte sua Sandro Fallani, responsabile immigrazione di Anci Toscana, ha confermato che “l’unico percorso efficace per accogliere i fuoriusciti è rappresentato dal Sai, perché servono percorsi strutturati e stabili e non dobbiamo intervenire basandoci semplicente sull’onda emotiva. Davanti a noi deve esserci l’obiettivo di un loro inserimento efficace nelle nostre comunità. E i Comuni della Toscana si impegneranno a fondo, come sempre, per raggiungere questo risultato”.
In questo momento, l’urgenza, come sottolinea il presidente Giani, è mettere insieme le tre cose: la funzione più precipua del rifugiato e della sua destinazione, quello della quarantena, e quello in prospettiva, del sistema di accoglienza più adatto. E quando e se arriveranno i profughi strictu senso, allora il problema sarà affrontato con la stessa generosità, ma “dovrà essere una partita europea”. Purtroppo, sotto questo profilo, non possiamo dimenticare che l’Europa sta arrivando all’appuntamento divisa: alcuni paesi hanno addirittura chiesto alla Commissione di non sospendere i rimpatri dei migranti verso Kabul, nel caso le richieste di asilo non dovessero essere accettate. Si tatta di Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia e Olanda, e solo Danimarca, Germania e Olanda hanno fatto marcia indietro negli ultimi giorni. Nel frattempo, almeno ufficialmente, non ci sono prese di posizione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che potrebbe provare a mettere in campo ciò che rimane del diritto internazionale a tutela dei rifugiati.