Arezzo – Ancora un incidente mortale sul lavoro. A causa di una fuga di gas in un locale dell’Archivio di Stato di Arezzo sono morti due dipendenti che sarebbero rimasti intossicati.
Una terza persona è stata soccorsa dal 118. L’allarme -riferisce l’ANSA – è scattato intorno alle otto nella sede dell’Archivio in piazza del Commissario, nel centro di Arezzo, al momento dell’entrata dei dipendenti al lavoro. Sul posto polizia, carabinieri, vigili urbani e del fuoco. Zona transennata ed edificio evacuato.
Da una prima ricostruzione sembra che i due impiegati deceduti, Filippo Bagni e Piero Bruni, siano rimasti intossicati da un gas inodore, l’Argon, sprigionatosi dal sistema antincendio. I due si sono sentiti male dopo essere andati ad effettuare un controllo in un locale-ripostiglio perché era scattato l’allarme dell’antincendio.
“Esprimo il mio cordoglio e la mia vicinanza alle famiglie di Filippo Bagni e Piero Bruni. La magistratura svolgerà tutti gli accertamenti necessari, ma giudico grave e intollerabile che una tragedia come quella accaduta ad Arezzo sia avvenuta in un edificio della pubblica amministrazione. La sicurezza sul lavoro deve essere una priorità per tutti. Ancora di più quando il datore di lavoro è lo Stato”. Così il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, dopo la morte dei due dipendenti nell’Archivio di Stato di Arezzo. “La sicurezza, che lo Stato deve garantire, a cominciare da quella dei propri lavoratori, è al centro del patto che lega cittadini e istituzioni. Chiedo – conclude il presidente – che si faccia luce il più presto possibile”.
“Ancora una volta dobbiamo piangere dei morti sul lavoro. Ieri un autotrasportatore che lavorava intorno a un’autocisterna a Empoli, stamani due dipendenti dell’Archivio di Stato di Arezzo. Il primo pensiero va naturalmente ai familiari, ai quali esprimo il mio cordoglio e la mia vicinanza”. L’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi interviene sulla morte dei due dipendenti dell’Archivio di Stato di Arezzo.
Anche le organizzazioni sindacali hanno espresso il loro cordoglio ribadendo la necessità di dare ” risposte concrete” sui problemi della sicurezza: “Forse qualcuno si è assuefatto ai morti e gli incidenti sul lavoro, quelli eventi che provocano reazione e cordoglio per lo spazio di alcuni giorni. Noi no. Non solo non siamo assuefatti, non solo non siamo soddisfatti delle risposte che ci vengono dalle istituzioni ma siamo assolutamente determinati a confermare la vita e la sicurezza nei luoghi di lavoro quale nostro fondamentale e prioritario impegno. Con la tragedia all’Archivio di Stato si è fatto un ulteriore passo verso il baratro. La conferma è che non sono a rischio solo i tradizionali settori manifatturieri ma anche gli altri, quelli genericamente indicati come “dietro una scrivania”. E stavolta la morte è entrata in un ufficio dello Stato, quello stesso Stato che dovrebbe garantire, istituzionalmente, la regolarità e la salubrità di ogni lavoratore”. E di luoghi di lavoro trasformati in “campi di battaglia”, di una guerra “che è in corso fra capitale e lavoro, una guerra “non dichiarata che fa vittime sempre e comunque da una parte sola”, parla l’Usb in una nota, ricordando anche la legge 81/2008, “testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”, una buona legge, ma che, senza strumenti idonei per vigilare sulla sua applicazione, “resta sulla carta”. E i risultati, purtroppo, sono evidenti.