Francoforte – Le fake news ( ma sono in molti a considerare troppo simpatica la parola inglese, da sostituire con false notizie) sono il frutto avvelenato di un concorso di cause: la caduta della qualità del giornalismo, la lotta politica di basso populismo senza un’etica del bene pubblico, l’autoreferenzialità dei nuovi media e, non per ultimi, gli algoritmi che le fanno diventare virali.
Alla Fiera del libro di Francoforte sono state protagoniste di numerosi incontri e dibattiti nei quali si è cercato di distillare un un antidoto efficace per disinnescare il potenziale dirompente che producono sul processo di formazione dell’opinione pubblica.
Un nuovo illuminismo (Aufklaerung) chiede per esempio lo studioso della comunicazione, basato su una sempre maggiore qualità dell’informazione e un intervento dello Stato soprattutto nella formazione degli insegnanti per dotare le giovani menti degli strumenti critici necessari. Ma come migliorare l’informazione se oramai il rapporto di forza fra gli addetti alle Pr e i giornalisti è di 5 a 1, mentre solo pochi anni fa era alla pari? La domanda choama in causa dunque non solo da chi fa l’informazione ma anche chi la finanzia.
L’allarme non va sottovalutato e non si deve, a detta di tutti gli esperti, essere contenti perché il 70% delle persone in un recente sondaggio hanno detto di avere ancora fiducia nell’informazione, soprattutto quella televisiva. Bisogna avere paura di quel 30°% che si sono ormai rassegnati a non averla. Gli editori ovviamente ritengono che l’informazione di qualità la fanno loro e che è internet la sentina di tutti i mali.
Altre indagini tuttavia dimostrano che, nonostante l’invasione delle fake news, gli utenti non attribuiscono loro tutto il valore che si teme. Focus di persone che studiano la libertà di opinione temono che alla fine si invochi una regolamentazione della rete che finirebbe per strozzare proprio quei vantaggi per la democrazia e la circolazione delle idee che la rete ha permesso.
C’è ancora un protagonista fondamentale per condurre la lotta alle notizie false, e cioè i grandi intermediari americani come Google che contribuiscono alla loro rapida diffusione. La soluzione sarebbe una co-regolamentazione concordata fra americani ed europei, “almeno con il prossimo presidente, visto che quello attuale non è molto sensibile alle notizie vere”.
Il coro finale è unanime: “medien Kompetenz”, qualità dei media. Il che significa ridare un valore alla professione giornalistica , rilanciarla con investimenti e formazione. Farla uscire dalla trappola dell’informazione “materia prima senza valore” alla quale è stata ridotta. E internet? Già esistono siti che controllano la veridicità dei fatti, ma il loro numero, e soprattutto l’etica che li ispira, dovrebbero crescere.
Foto: FactCheck.org