Mentre la terra continuava a tremare in Emilia, sul web si è diffusa con una rapidità impressionante ogni sorta di teoria alternativa sulle cause del sisma. Le ipotesi più disparate hanno tutte un comune denominatore: il terremoto non avrebbe cause naturali, ma sarebbe stato provocato dall’opera dell’uomo.
Non siamo amanti delle teorie del complotto. Al contrario, siamo convinti che ogni affermazione non debba essere creduta vera fino a prova contraria. E’ una premessa che riteniamo necessaria, prima di entrare nel merito di una questione in cui le certezze sono di gran lunga inferiori alle domande ancora senza risposta. Anche la scienza non è in grado di spiegare tutto ciò che accade sotto la crosta: si conoscono le zone a rischio, si fanno mappe, si studiano le faglie, ma nessuno è in grado di dire quando e dove un evento sismico si verificherà.
L’attività dell’uomo incide? E in quale misura? La risposta alla prima domanda è, senza dubbio, sì. Alla seconda domanda, invece, non si può rispondere e vedremo perché. Lasciando da parte tutte le ipotesi più fantasiose e inverosimili – dai Maya alle influenze celesti, se ne sono dette e scritte di tutti i colori – c’è un termine che sta spopolando in rete: fracking. Secondo queste ipotesi le numerose trivellazioni avvenute negli anni avrebbero modificato l’equilibrio geologico dell’area compresa tra le province di Modena e Ferrara.
Fracking
Il fracking (o fratturazione) consiste nell’immissione di un fluido in uno strato roccioso per creare un varco. Lo si utilizza per aumentare l’estrazione e il tasso di recupero del petrolio e del gas naturale contenuti nel giacimento. In alcune aree del mondo questa tecnica viene impiegata abitualmente ed è provato che possa provocare eventi significativi. Sul tema sono stati effettuati diversi studi e anche un rapporto dell’IEA (Agenzia Internazionale dell’Energia) che ha dettato le “regole d’oro” che le compagnie minerarie, attive nell’estrazione del gas shale, dovranno adottare per la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti. Regole che dovrebbero aiutare le aziende a superare la forte opposizione che viene dalle associazioni ecologiste che hanno denunciato la pericolosità dei metodi estrattivi.
Nel rapporto si ammette che ci sono stati casi di terremoti associati alla produzione di gas non convenzionale nel Regno Unito e negli Usa che sarebbero stati causati da iniezione di acque reflue, un’operazione simile in alcuni aspetti fratturazione idraulica. I terremoti registrati erano circa di magnitudo 2 della scala Richter, avvertiti dalla popolazione.
“Poiché crea crepe nelle rocce profonde sotto la superficie, – si legge nel rapporto – la fratturazione idraulica genera sempre piccoli eventi sismici (…). In generale, tali eventi sono di entità troppo piccola per essere rilevati in superficie (…) Qualsiasi attività che crea tensioni sotterranee comporta un tale rischio. Sono stati segnalati casi legati alla costruzione di grandi edifici, o dighe. Pozzi geotermici in cui circola acqua fredda in profondità possono creare tensioni termiche tali da generare terremoti che possono essere rilevati dagli esseri umani (Cuénot, 2011). Lo stesso vale per il settore minerario (Redmayne, 1998). Ciò che è essenziale per lo sviluppo di gas non convenzionale è un attento esame della geologia della zona per valutare se le caratteristiche geologiche presentino un maggiore rischio e di evitare tali aree per la fratturazione”.
Una volta stabilito che il fracking può creare eventi sismici, segue una domanda: tale pratica è stata adottata in pianura Padana? Sgomberiamo il campo da un equivoco: il fracking non c’entra nulla con lo stoccaggio del gas nel sottosuolo, pratica diffusa e che non ha mai provocato terremoti. Il ministero dello Sviluppo economico, peraltro, ha bloccato il contestato sito di stoccaggio di Rivara, spesso inopinatamente associato sul web alle discussioni sul fracking.
I dati ufficiali del Ministero dello Sviluppo Economico dicono che le imprese che hanno fatto richieste in questo senso sono ancora in attesa di un via libera definitivo. “Non sono state rilasciate autorizzazioni” fanno sapere dal ministero. E’ una risposta sufficiente? Considerati gli enormi interessi economici in gioco, probabilmente no. Sarebbe opportuno al contrario verificare cosa sia stato fatto e se siano state rispettate o meno le regole.
Un’indagine seria porterebbe ad un duplice risultato: tappare la bocca per sempre ai complottisti di ogni ordine e grado e ottenere informazioni utili per mettere in sicurezza il suolo. Interi centri storici devastati, migliaia di sfollati e decine di vittime dovrebbero essere ragioni sufficienti per non trascurare nulla.