Fondazione Caponnetto, Calleri: “Vaccini a rischio business di mafia”

Firenze – In occasione dell’ultimo report sulla mafia in Toscana reso pubblico dalla Fondazione Caponnetto, appuntamento ormai classico per chi segue gli sviluppi delle cosche nella nostra regione, Stamp Toscana ha intervistato il presidente Salvatore Calleri sulle ultime prospettive dei business criminali a fronte della pandemia e non solo.

 Presidente, lei sta lanciando un allarme molto grave, quello delle mani della mafia sulla sanità, in particolare, ad ora, sui vaccini. In cosa consiste, ci sono già dei casi conclamati? In Toscana? 
“La mafia in tutte le sue forme ha sempre investito nella sanità, in tutti i suoi settori ed in base alle caratteristiche dei territori. Per quanto riguarda i vaccini, al momento dobbiamo prestare la massima attenzione al mercato nero ed ai falsi. Più avanti nel tempo, quando calerà l’attenzione, anche al trasporto. In Toscana massima attenzione agli appalti nel mondo della sanità. In definitiva, in questo momento l’ultima frontiera del business mafioso sanitario sono proprio i vaccini, in particolare quelli anti-covid, dove il profitto, potendo metterci le mani sopra, sarebbe incommensurabile. Ma non dobbiamo trascurare tutto ciò che gira intorno, vale a dire dai trasporti agli appalti e dunque alla produzione non solo di farmaci, ma di strumenti come ad esempio aghi, siringhe ecc. Dunque, un appello alla nostra regione, che si pone capofila al momento per tutto ciò che è sanità, ricerca, vaccinazione, affinché gli occhi delegati a vigilare siano acuti e attenti più che mai. L’affaire sanità è uno dei più cospicui e da sempre sotto gli occhi delle mafie, che hanno inquinato o cercato di inquinare persino le nomine nei sistemi locali”.
Lei parla di “tesorone” pronto a invadere il panorama economico italiano. Ma c’è consapevolezza nelle sfere istituzionali e investigative? Quali potrebbero essere i sistemi di contenimento di questo fiume velenoso? 
“Intanto, un numero, per capire di cosa si parla: il tesorone nel mondo delle organizzazioni mafiose italiane è stimabile in circa 3mila miliardi di euro. Una cifra enorme, che potrebbe permettere di risanare il debito pubblico italiano e che deriva dalle stime sviluppate dalla Fondazione Caponnetto e da Omcom, sulla base delle operazioni di cui ha dato conto recentemente il quotidiano “Domani”, su una informativa della Polizia di Stato di Reggio Calabria. Un caso ancora aperto in cui non è chiaro neppure se ci sono indagati al momento, ma che apre uno spiraglio sul giro di broker internazionali che potrebbero essere utilizzati dalle cosche criminali.
Purtroppo devo dire che sulla questione aperta non c’è la minima consapevolezza. Quanto ai mezzi per cercare di individuare e frenare un simile avvelenamento dell’economia, oltre ai sistemi classici delle attività investigative, mi permetto di dichiarare che, se avessi posizioni di potere, credo che un sistema potrebbe essere quello di inviare i servizi segreti a giro per il mondo, proteggendoli con l’immunità diplomatica, per rintracciare in tale modo il tesorone con tutti i mezzi possibili”.
I cluster mafiosi più pericolosi in Toscana sembrerebbero essere Livorno e zone limitrofe. Ci spiega i motivi per questa aggressione a quelle zone? 
“Specifichiamo che oramai tutta la Toscana rischia di essere divorata dalla mafia. Per quanto riguarda le zone di interesse evidenziate dal nostro ultimo rapporto, Livorno ha un porto molto utilizzato dai sodalizi criminali, su cui emerge, secondo i nostri esperti, il tentativo o molto di più del tentativo, di gestire lo stesso porto da parte delle cosche, almeno in parte. Le mafie non rischiano i loro traffici. Inoltre bisogna osservare la realtà della Val Di Cornia con la massima attenzione. Basti pensare al ruolo che ha non solo il porto di Livorno come svincolo per operazioni illecite su vasta scala, realtà che è emersa ripetutamente nel corso di questi anni con svariate operazioni da parte delle forze dell’ordine. Non solo, il territorio ha anche una “vocazione” precisa per quanto riguarda il traffico illecito di rifiuti. Ma attenzione, sul territorio toscano un altro problema sorprendentemente sottovalutato è rappresentato dall’infiltrazione della mafia nigeriana, problema che mi auguro venga messo sotto osservazione stretta nel corso del 2021″.
Da qualche tempo la Fondazione lancia l’allarme per la caduta di interesse da parte della politica sulla lotta alla mafia. Si tratta di cultura (o incultura) della classe politica, di semplice ignoranza o di qualcosa di più profondo e oscuro? In altre parole: la mafia sta vincendo o la politica si “mafiosizza”?
“Siamo al punto più basso della lotta alla mafia degli ultimi 30 anni. Sta emergendo e affermandosi una narrazione che vede in particolare due punti fondanti: da un lato, che la lotta alla mafia è compito precipuo e unico delle forze dell’ordine e della magistratura; dall’altro, che mafia e antimafia sono la stessa cosa. Per quanto riguarda il primo punto, pensare questo è cadere in un classico tranello mafioso, in quanto la forza della lotta alla mafia risiede nel fatto inoppugnabile che antimafia sociale ed istituzionale siano due facce della stessa medaglia. Il secondo punto è frutto di una generalizzazione dolosa degli errori, che pure ci sono stati, o della disonestà emersa in qualche soggetto preposto al contrasto, che ha condotto a effetti gravosissimi sia sulla forza dell’antimafia, che sulla sua coesione, che sulla stessa sicurezza di chi la svolge. In definitiva, l’operazione di togliere credibilità all’antimafia è un grandissimo aiuto alla mafia, che non solo ne gode, ma spesso la alimenta. Se continua così la mafia vincerà. Una nota di speranza, ieri, quando il premier Conte ha detto che la mafia è peggio del covid… Era ora. Il passo successivo è che in parlamento alle prossime elezioni entrino una decina di parlamentari che capiscano di mafia, sia di destra che di sinistra”.
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